Il direttore del Foglio: "Questione di ore, forse minuti". Berlusconi: "Non mi dimetto". Voci di nuove defezioni nel Pdl e di pressioni della Lega per il "passo indietro". Il Cavaliere torna a Roma per provare a recuperare i delusi. Domani il voto a Montecitorio. Sullo sfondo la legge di Stabilità e gli equilibri cambiati in commissione bilancio
ROMA - Annunci di dimissioni, smentite, la Borsa che vede finalmente una via di uscita all'immobilismo del governo e s'impenna 1, poi si raffredda (guarda il grafico 2) sulla scia della ribadita volontà del premier di andare allo scontro finale e "guardare in faccia i traditori", infine nuovi voci di dimissioni. Con la Lega che avrebbe chiesto al premier un passo indietro. La politica ha vissuto oggi l'ennesima giornata tesa e caotica, ma dall'esito ancora confuso. L'unica certezza è che la tenuta della maggioranza appare se possibile ancora più problematica e la fine dell'esecutivo un'eventualità sempre più probabile.L'annuncio di Ferrara. Ad aprire le danze è in mattinata una nota a firma di Giuliano Ferrara pubblicata sull'edizione online de il Foglio. "Che Berlusconi stia per cedere il passo ormai è una cosa acclarata. Si tratta di ore, qualcuno dice perfino di minuti" scrive Ferrara. "Il punto vero - aggiunge - è per che cosa dimettersi (...) qualunque soluzione mascherata di emergenza che non siano le elezioni subito è inutile". Passa poco tempo e arriva il primo stop. "Ho parlato poco fa Berlusconi che mi ha detto che le voci sulle sue dimissioni sono destituite di fondamento", afferma il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto.
Voci da Arcore. Ferrara, però, rilancia: "Berlusconi si presenta alle Camere, chiede la fiducia per varare la legge di stabilità e il maxiemendamento, annuncia che si dimetterà un minuto dopo e chiede le elezioni a gennaio. Di questo si discute". Poco prima il vicedirettore di Libero, Franco Bechis, aveva annunciato su Twitter: "Ho notizie certe, Berlusconi si dimette entro domattina. Il Pdl gli aveva chiesto di farlo oggi, lui ha detto no perché ha appuntamenti privati a Milano". Poi un nuovo aggiornamento: "Dopo avere parlato con la famiglia Berlusconi ha deciso che sfiderà anche i suoi chiedendo la fiducia sul testo della lettera Bce".
La smentita di Berlusconi. Quindi è la volta del Cavaliere, che al telefono con Libero, chiarisce: "Domani si vota il rendiconto alla Camera, quindi porrò la fiducia sulla lettera presentata a Ue e Bce. Voglio vedere in faccia chi prova a tradirmi. Non capisco come siano circolate le voci delle mie dimissioni, sono destituite di ogni fondamento" (guarda il post su Facebook 3). Concetto ribadito in serata con una telefonata a un incontro politico a Monza dove è presente tra gli altri Paolo Romani. "Non siamo attaccati alla cadrega (sedia in lombardo, ndr) e sono convinto che domani avremo la maggioranza, per fare le riforme. Andiamo avanti e vediamo di superare lo scoglio del voto di fiducia nei prossimi giorni". "Se gli schemi parlamentari portassero a un ribaltone nel quale la sinistra va al governo - aggiunge poi - non saremmo in democrazia". Nella telefonata Berlusconi sferra poi un attacco al ministro Tremonti. "La prima riforma costituzionale necessaria è quella che dia al premier gli stessi poteri dei suoi colleghi europei, a cominciare dalla possibilità di imporre una linea al ministro dell'Economia, altrimenti non è un premier". In serata ha lasciato Arcore per Roma. Un'altra notte per provare a recuperare i delusi.
Il pressing della Lega. A fare pressioni sul presidente del Consiglio sarebbe stata oggi, secondo indiscrezioni, anche la Lega. In via Bellerio si sono riuniti Bossi, Maroni, Calderoli, Cota e Reguzzoni. Poi Calderoli è stato mandato "in missione ad Arcore". Il Carroccio ha chiesto al premier di non insistere in un muro contro muro se i numeri non sono dalla parte della maggioranza. Meglio fare un passo indietro e puntare subito alle elezioni, sarebbe stato il ragionamento, ma il Carroccio avrebbe garantito in cambio l'appoggio a un successore indicatoda Berlusconi, chiunque sia. Dal premier è arrivato però un secco rifiuto.
Calderoli ha poi smentito ufficialmente le ricostruzioni di stampa. La richiesta, d'altronde, arriva dopo le parole pronunciate da Maroni nella trasmissione di Fazio: "E' inutile accanirsi, è finita 4", aveva detto il ministro dell'Interno mentre Gabriella Carlucci annunciava il passaggio dal Pdl all'Udc. 5
VIDEO: MARONI: "E' FINITA" 6
Le opzioni del premier. A questo punto sul tavolo del Cavaliere restano poche opzioni: affrontare l'Aula con rischio di veder certificata la dissoluzione della maggioranza, anticipare i tempi e salire al Quirinale; oppure chiedere al Parlamento di approvare le misure anticrisi promettendo però che una volta varato il pacchetto il premier andrà al Colle per dimettersi. Per il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto sono "fantasie" le voci di pressioni su Berlusconi 7 per un passo indietro e, in una nota, annuncia che "Berlusconi e il Pdl si ripromettono di sviluppare una iniziativa politica in più direzioni". A smentire Cicchitto - confermando lo sfaldamento in corso nel centrodestra - c'è però la telefonata messa online da Libero 8 tra il vicedirettore Bechis e un dirigente del Pdl che inveisce contro "quella testa di c..." che non si dimette già oggi perché deve andare a Milano". A fine serata, il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto, ammette: "Ero io al telefono con Bechis".
Lo snodo del Rendiconto. L'attenzione, adesso, si sposta a domani, al voto sul Rendiconto. Partendo dai numeri: con il passaggio tra i centristi della Carlucci, il governo torna virtualmente sotto la maggioranza assoluta alla Camera. E' a 314, sotto di due voti rispetto alla soglia dei 316 che Berlusconi ostenta con le persone con cui parla. Ma che la situazione sia fluida lo si capisce anche da un'altra cifra: almeno 15/20 deputati non hanno ancora idea di che fare. E non sono esclusi nuovi cambi di casacca nelle prossime 48 ore. Al punto che la maggioranza potrebbe scendere ulteriormente. O, addirittura, trovarsi battuta in Aula per una ventina di voti. A tutto questo va aggiunta la possibilità che l'opposizione metta in pista la mozione di sfiducia (ma solo se i numeri saranno certi). Per scongiurare questi scenari, il premier vedrà molti degli 'scontenti' nelle prossime ore. Cosa che stanno facendo anche i centristi. Mentre Gianni Letta, parlando degli aiuti alle zone colpite dal terremoto dell'Aquila, dice: "Nel passaggio da un governo all'altro - non è che lo stia auspicando - gli impegni assunti non cambiano, continuano: si chiama principio della continuità amministrativa".
Proprio il nome di Gianni Letta 9 resta uno dei più citati per il dopo Berlusconi, ma si tratta di un'opzione che sembra incontrare più di una difficoltà anche nel campo del Terzo Polo, quello in teoria più disponibile.
Tattiche di opposizione. Quanto alle strategie d'Aula, le opposizioni decideranno con ogni probabilità domani se sul rendiconto astenersi in blocco (inclusi i Radicali). Con loro si asterrebbero anche quattro firmatari della lettera al premier (Gava, Destro, Antonione e Pittelli, ma non Stracquadanio e Bertolini). Di sicuro Sardelli e forse Milo e Gianni. E poi altri pidiellini: si parla tra gli altri di Cazzola, Stradella, Mazzucca, Pianetta. E nonostante l'ex ministro Scajola abbia detto di essere pronto a votare "sì", non sono altrettanto chiare le intenzioni dei suoi fedelissimi. E Isabella Bertolini avverte: "Se domani non ci saranno numeri, ci sarà grande fuga dal Pdl".
Resta in piedi, inoltre, l'ipotesi della nascita di un gruppo parlamentare autonomo (c'è chi parla di 22 deputati). Un appuntamento per discuterne è fissato per martedì sera. Un nuovo gruppo che potrebbe essere il luogo dove far affluire i parlamentari Pdl pronti a sostenere un governo di larghe intese. Semmai dovesse nascere.
Maxiemendamento a forte rischio. In ogni caso, anche se il Rendiconto dovesse passare, il problema si aprirà un minuto dopo. In commissione Bilancio il centrodestra ha perso la maggioranza. Per questo la legge di Stabilità, che dovrà contenere il maxiemendamento con le misure chieste dall'Europa, quando tornerà dal Senato a Montecitorio (entro la fine di novembre) sarà appesa alla volontà delle opposizioni. Dovrà passare prima in commissione Bilancio e non potrà arrivare in aula senza l'assenso del Pd o del Terzo Polo, che avranno un deputato in più. Ma la notizia di oggi è che le difficoltà del centrodestra sono ormai così ampie che il testo del maxiemendamento è ancora in alto mare e la presentazione a palazzo Madama, annunciata per oggi dal premier durante il G20 di Cannes, potrebbe slittare a data destinarsi. L'ultima possibilità trapelata è che il testo venga depositato domani sera o mercoledì mattina, dopo il voto sul Rendiconto alla Camera.
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