lunedì 27 maggio 2013

Due Chiese si incontrano e si scontrano grazie a don Gallo





Questo articolo è uscito su “La Repubblica”.
Don Andrea Gallo
Poteva succedere solo a Genova, città collerica ma giusta. E ci sarebbe voluto Fabrizio De Andrè per raccontare i due minuti in cui la folla dei devoti riunita nella chiesa del Carmine ha zittito il suo porporato arcivescovo per regalare subito dopo un applauso che sembrava un abbraccio al transessuale, succedutogli al medesimo pulpito. A tutti noi, in quel momento, è parso di sentirla scendere di lassù la risata così familiare del defunto, don Andrea Gallo, disteso nella bara ornata dai paramenti del sacerdozio e da una sciarpa rossa.
Don Luigi Ciotto
Così il cardinale Angelo Bagnasco, che è anche il presidente dei vescovi italiani, il cui giornale “Avvenire” aveva relegato tra le notizie minori la morte di uno dei preti più amati della penisola, ha dovuto misurare in prima persona quanto aspro possa diventare il contrasto fra le due Chiese in cui sta dividendosi il popolo dei fedeli. Perché ieri, sia detto a suo merito, Bagnasco s’è concesso a una di quelle rarissime occasioni in cui tale confronto non viene eluso ma vissuto pubblicamente. E non ci si venga a dire che i contestatori appartenevano all’area dell’estremismo politico dei No-Tav o dei centri sociali, rimasti fuori sulla piazza. Perché dentro al Carmine era riunito il popolo cristiano dell’angiporto che aveva partecipato con commossa devozione alla liturgia, fino a che l’omelia di Bagnasco l’ha spazientito. Dando luogo a uno di quei moti proverbiali dell’animo genovese cui sarebbe impossibile negare rilevanza nazionale.
Don Andrea Gallo lottatore Partigiano
Dove è inciampato il cardinale Bagnasco? Nel suo riflesso d’ordine che l’ha indotto a edulcorare l’asperità dei contrasti fra la gerarchia e l’altra Chiesa testimoniata da don Gallo, compartecipe delle devianze che insorgono dentro la vita sofferente degli ultimi, e perciò anche prete ribelle. Col suo discorso scritto Bagnasco stava riducendo don Gallo a quella indubbia appartenenza ecclesiale che però gli era stata fatta pagare duramente. Accettata per fede, certo, ma per fede anche strattonata, con coraggio, lungo la sua intera esistenza. Come la volta che il prete di strada, nel suo candore, aveva ammesso di aver accompagnato una prostituta disperata a interrompere la gravidanza. 

Come le tante volte in cui la gerarchia aveva tentato di ghettizzarlo lontano dai fedeli.
Non stava dicendo il falso, Angelo Bagnasco, quando ricordava i rapporti affettuosi mantenuti dal cardinale Giuseppe Siri, principe della Chiesa più conservatrice, col sacerdote rosso. Ma lo ha fatto censurando il prezzo fatto pagare a don Gallo dai suoi superiori, e allora dai banchi si sono cominciati a udire dei colpi di tosse –singolare forma di contestazione- fino a che tutto il Carmine s’è messo a tossire. Qualcuno ha gridato “ipocrita”, altri mormoravano e uscivano. Sinché dalla piazza s’è levato il canto “Bella ciao” e in chiesa i fedeli si sono messi ad applaudire tanto a lungo, ostentatamente, da fargli capire che era meglio farla finita lì.

Protetto da Lilli, l’anziana segretaria della Comunità di San Benedetto al Porto –“Ragazzi, basta, se volete bene a Andrea!”- l’arcivescovo ha avuto il buon senso di cedere la parola a Vladimir Luxuria. Che contrasto, quando la chiesa ha acclamato il transessuale che ringraziava don Gallo per la sua evangelica accoglienza.
J' Accuse
Si sono confrontate due Chiese ieri a Genova. E la Chiesa degli ultimi, impersonata da don Luigi Ciotti, si è premurosamente incaricata di proteggere la Chiesa titolare della dottrina. Inchinandosi ad essa, ma non senza accenti burberi: “All’extra omnes del conclave io e don Gallo rispondiamo con il ‘dentro tutti’, dentro i gay, dentro le lesbiche, dentro i divorziati”. Il fondatore del Gruppo Abele poteva farsi forza delle parole di Francesco contro “i cristiani da salotto”. Perciò si è rivolto con ironia a Bagnasco ricordandoglielo: l’ha detto proprio il nuovo Papa! Prima però aveva rivolto una raccomandazione ai fedeli, a nome di don Gallo: “Se incontrate per la strada qualcuno che sostiene di avere capito tutto, girate al largo!”.
Padre Pino Puglisi
Nei giorni scorsi lo stesso giornale cattolico “Avvenire” che minimizzava l’esperienza di don Gallo, giustamente ha reso onore al magistero di don Pino Puglisi assassinato dai mafiosi e proprio ieri beatificato a Palermo. Ma contrapporre l’uno all’altro questi due preti di strada significherebbe negare una vitalità del cristianesimo reale, vissuto nel mezzo del dolore degli uomini e dell’ingiustizia sociale da cui in larga misura scaturisce, che purtroppo la Chiesa ufficiale sembra vivere con timore.

Card. Carlo Maria Martini
Ricordo don Gallo a un comizio della Fiom in piazza del Duomo a Milano, quando ebbe l’ispirazione di mettersi a dialogare con la Madonnina raccontandole le ingiustizie subite dalle migliaia di operai là riuniti. Un predicatore formidabile del Vangelo, come in altri tempi fu Davide Maria Turoldo. Indimenticabile resta quella giornata del novembre 1991 in cui l’arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini, sentì il bisogno di chiedere pubblicamente scusa al vecchio, morente frate dei Servi di Maria per i torti che la Chiesa gli aveva inflitto. Turoldo, incredulo, scoppiò a piangere.
Padre Maria Turaldo
Don Gallo non ha ricevuto questo bene. Ieri nella chiesa del Carmine avrebbe meritato un atto di riparazione da parte del suo vescovo. Glielo hanno tributato in vece sua, a migliaia, i portuali, gli operai, le parrocchiane, i tossicodipendenti, i transessuali, le prostitute, i militanti di un nuovo ordine sociale, il sindaco, gli amici. Con quei colpi di tosse e con lacrime di riconoscenza

giovedì 23 maggio 2013

Camera, la lobby politica che appoggia le slot machine

Soldi di Sisal e Lottomatica alla fondazione di Letta. Il premier smentisce. Ma tutti i governi hanno sempre favorito il settore.

di Giovanni Florio
Il premier italiano Enrico Letta.

Le concessionarie del gioco d’azzardo devono circa 98 miliardi di euro allo Stato italiano per tasse inevase. La Corte dei Conti, però, le ha condannate a rimborsacene solo 2,5: in pratica uno sconto del 97,4%.
Chissà se Equitalia è disposta a concederlo anche a un privato cittadino, quando riceve la sua bella cartellina esattoriale.
PARLAMENTO COMPLICE. Dovranno avere qualche santo in paradiso, queste società che gestiscono le sale slot machine e il gioco d’azzardo in Italia, viene da pensare. E in effetti non pensiamo male, ce ne hanno parecchi di santi, non in paradiso ma in parlamento, a cui offrono molti doni (in euro, migliaia e migliaia).
Un report, portato in audizione al Senato da Matteo Iori, presidente di Conagga (Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d'azzardo) ha messo insieme nomi e cognomi di politici finanziati, direttamente o indirettamente, attraverso fondazioni o associazioni da loro presiedute, dai colossi del gioco d’azzardo.
AZZARDO E POLITICA. In particolare, ha ricostruito Iori, citato da un intervento in aula del Movimento 5 stelle, «sette ministri, compreso il premier Enrico Letta, fanno parte di una fondazione, che si chiama «VeDrò», finanziata anche da due multinazionali del gioco di azzardo, Lottomatica e Sisal. Letta ricevette 15 mila euro di contributi riferibili al titolare di Hbg, una delle più grandi aziende del gioco d'azzardo. Il nuovo ministro Massimo Bray è anche direttore della rivista Italianieuropei, già sostenuta da importanti contratti pubblicitari con le industrie del gioco d'azzardo. Nel nuovo governo a chi andrà la delega dei giochi d'azzardo? Sarà forse casualmente scelto il nuovo sottosegretario Alberto Giorgetti? Non sarebbe nuovo alla delega ai giochi, perché la tenne per anni sotto il governo Berlusconi con grande piacere dell'industria del gioco».
Lo staff del premier Letta ha risposto così alle accuse: «A parte gli sponsor per VeDrò, Letta non riceve finanziamenti personali o veicolati al partito, men che meno dalle lobby, delle quali da sempre auspica una regolamentazione all'insegna della trasparenza».

Tutti i partiti e governi hanno promosso leggi-regalo al mondo del gioco d’azzardo

Ma c'è anche la Snai, concessionaria delle scommesse sportive in Italia, che ha finanziato le campagne elettorali del sindaco di Roma Gianni Alemanno, ma anche la Margherita, i Democratici di sinistra, l’Udc, il Movimento per le autonomie, il Partito democratico.
DA FANTOZZI A SCOTTI. Molti politici o figli di politici sono finiti, guarda un po’ il caso, in società che gestiscono il gioco d’azzardo. Come l’ex ministro e onorevole dell’Ulivo, Augusto Fantozzi, ora presidente della Sisal. E poi, ricorda il senatore M5s Giovanni Endrizzi, c’è Vincenzo Scotti che lanciò Formula Bingo insieme a Luciano Consoli (uomo di fiducia di Massimo D'Alema), Francesco Tolotti dell'Ulivo che, con Rolando Nannicini, Massimo Vannucci, Salerno e Gioacchino Alfano, nel 2007 riuscì a modificare il testo unico che regola le slot machine. Ma anche l'onorevole Amedeo Laboccetta; Massimo Ponzellini; Antonio Cannalire, proprietario della Jackpot Game, che a Milano gestiva sale da gioco d'azzardo insieme alla Finanziaria Cinema.
Di chi è quest’ultima? Di un certo Marco Jacopo Dell’Utri, primogenito del senatore Marcello Dell’Utri. Senza dimenticare i legami strettissimi tra Alleanza nazionale e poi Futuro e libertà con il colosso delle slot Atlantis, attivissimo in Italia col nuovo nome di BPlus (il 30% del mercato nazionale è loro).
Rappresentante legale in Italia di Atlantis è stato il deputato Popolo della libertà (Pdl) Laboccetta, mentre vicino ad Atlantis, oltre allo stesso Gianfranco Fini (affare Montecarlo) c’era anche Francesco Cosimo Proietti, detto «Checchino», strettissimo collaboratore di Fini e poi capogruppo di Fli in commissione Finanze alla Camera.
PROVVEDIMENTI AD HOC. Sarà un caso, ma tutti i partiti e governi hanno fatto leggi-regalo al mondo del gioco d’azzardo. A partire dal 1997, col governo Prodi che introdusse la doppia giocata di lotto e Superenalotto e le sale scommesse, poi nel 1999 il governo D’Alema fece nascere le sale Bingo, nel 2003 col governo Berlusconi arrivarono le slot machine, nel 2005 sempre con il Cav vennero introdotte la terza giocata del Lotto e le scommesse Big Match, mentre nel 2006 lo stesso governo introdusse i nuovi corner e punti gioco per le scommesse.
Tra il 2007 e il 2008 col ritorno di Romano Prodi vennero promossi i giochi che ‘raggiungono l’utente’ (sms, telefonici, digitale terrestre) e venne reso legale il gioco d’azzardo online (seppure solo in forma di torneo).
NEL 2012 85 MLD IN SCOMMESSE. Quindi, di nuovo con Berlusconi, via libera a gratta e vinci, videoLottery, Bingo a distanza, 1.000 nuove sale da gioco per tornei di poker dal vivo, SuperEnalotto. E gli italiani con la crisi puntano (e buttano) sempre più soldi, nella speranza di fare il colpo. Se nel 2000 la spesa in Italia per il gioco d’azzardo era di 14,3 miliardi di euro, nel 2012 è arrivata alla cifra monstre di 85 miliardi. Sempre più poveri, con le società d'azzardo che devono ancora allo Stato più di 90 miliardi. Ma sanno pregare molto bene i loro santi in Parlamento, evidentemente. A suon di finanziamenti alla lobby che li protegge.
Giovedì, 23 Maggio 2013

PAPA FRANCESCO: "SENZA IL SALE DI GESU' SIAMO INSIPIDI E DIVENTIAMO CRISTIANI DA MUSEO!"


Omelia S. Messa quotidiana a Casa Santa Marta di questo giovedì

I cristiani diffondano il sale della fede, della speranza e della carità: è questa l'esortazione di Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha sottolineato che l’originalità cristiana “non è una uniformità” e ha messo in guardia dal rischio di diventare insipidi, “cristiani da museo”. Alla Messa - concelebrata con i cardinali Angelo Sodano e Leonardo Sandri e con l’arcivescovo di La Paz, Edmundo Abastoflor Montero - hanno preso parte un gruppo di sacerdoti e collaboratori laici della Congregazione per le Chiese Orientali.

Che cos’è il sale nella vita di un cristiano, quale sale ci ha donato Gesù? Nella sua omelia, Papa Francesco si è soffermato sul sapore che i cristiani sono chiamati a dare alla propria vita e a quella degli altri. Il sale che ci dà il Signore, ha osservato, è il sale della fede, della speranza e della carità. Ma, ha avvertito, dobbiamo stare attenti che questo sale, che ci è dato dalla certezza che Gesù è morto e risorto per salvarci, “non divenga insipido, che non perda la sua forza”. Questo sale, ha proseguito, “non è per conservarlo, perché se il sale si conserva in una bottiglietta non fa niente, non serve”:
“Il sale ha senso quando si dà per insaporire le cose. Anche penso che il sale conservato nella bottiglietta, con l’umidità, perde forza e non serve. Il sale che noi abbiamo ricevuto è per darlo, è per insaporire, è per offrirlo. Al contrario diventa insipido e non serve. Dobbiamo chiedere al Signore di non diventare cristiani col sale insipido, col sale chiuso nella bottiglietta. Ma il sale ha anche un’altra particolarità: quando il sale si usa bene, non si sente il gusto del sale, il sapore del sale… Non si sente! Si sente il sapore di ogni pasto: il sale aiuta che il sapore di quel pasto sia più buono, sia più conservato ma più buono, più saporito. Questa è la originalità cristiana!”
E ha aggiunto che “quando noi annunziamo la fede, con questo sale”, quelli che “ricevono l’annunzio, lo ricevono secondo la propria peculiarità, come per i pasti”. E così “ciascuno con la propria peculiarità riceve il sale e diventa più buono”:
“La originalità cristiana non è una uniformità! Prende ciascuno come è, con la sua personalità, con le sue caratteristiche, con la sua cultura e lo lascia con quello, perché è una ricchezza. Ma gli dà qualcosa di più: gli dà il sapore! Questa originalità cristiana è tanto bella, perché quando noi vogliamo fare una uniformità - tutti siano salati allo stesso modo - le cose saranno come quando la donna butta troppo sale e si sente soltanto il gusto del sale e non il gusto di quel pasto saporito con il sale. L’originalità cristiana è proprio questo: ciascuno è come è, con i doni che il Signore gli ha dato”.
Questo, ha proseguito il Papa, “è il sale che dobbiamo dare”. Un sale che “non è per conservarlo, è per darlo”. E questo, ha detto, “significa un po’ di trascendenza”: “uscire col messaggio, uscire con questa ricchezza che noi abbiamo del sale e darlo agli altri”. D’altro canto, ha sottolineato, ci sono due “uscite” affinché questo sale non si rovini. Primo: dare il sale “al servizio dei pasti, al servizio degli altri, al servizio delle persone”. Secondo: la “trascendenza verso l’autore del sale, il creatore”. Il sale, ha ribadito, “non si conserva soltanto dandolo nella predicazione” ma “ha bisogno anche dell’altra trascendenza, della preghiera, della adorazione”:
“E così il sale si conserva, non perde il suo sapore. Con l’adorazione del Signore io trascendo da me stesso al Signore e con l’annunzio evangelico io vado fuori da me stesso per dare il messaggio. Ma se noi non facciamo questo - queste due cose, queste due trascendenze per dare il sale - il sale rimarrà nella bottiglietta e noi diventeremo cristiani da museo. Possiamo far vedere il sale: questo è il mio sale. Ma che bello che è! Questo è il sale che ho ricevuto nel Battesimo, questo è quello che ho ricevuto nella Cresima, questo è quello che ho ricevuto nella catechesi… Ma guardate: cristiani da museo! Un sale senza sapore, un sale che non fa niente!”.

(Gisotti per la Radio Vaticana)

mercoledì 22 maggio 2013

IL SALUTO DI DON LUIGI CIOTTI A DON ANDREA GALLO

http://video.repubblica.it/dossier/don-gallo-morto/don-gallo-luigi-ciotti-sempre-con-chi-e-in-fondo-alla-fila/129248/127751 via @repubblicait
Il ricordo di don Luigi Ciotti su Repubblica TV


Saluto un amico e un punto di riferimento. Don Andrea Gallo ha rappresentato - nella sua vita lunga e generosa - la Chiesa che "amo" e nella quale mi riconosco. La Chiesa che non dimentica la dottrina, ma non permette che diventi più importante dell'attenzione per gli ultimi, per i dimenticati. Andrea lo ricorderemo così: come una persona che ha dato un nome a chi non lo aveva o se lo era visto negare. La sua opera di educatore, dai tempi della Garaventa - la nave che ospitava i "figli" fragili di Genova - all'apertura delle prime comunità negli anni Settanta, all'esperienza che ci ha visti affiancati nel Cnca, il coordinamento nazionale che si riconosceva nel principio dell'"educare, non punire", altro non è stata che un tenace, quotidiano impegno per riconoscere la dignità e la libertà della persona, una libertà su cui bisognava sempre scommettere e alla quale non bisognava mai stancarsi di dare opportunità. Ma il suo dare un nome alle persone è sempre andato di pari passo con un dare un nome alle cose. Andrea non è mai stato reticente, diplomatico, calcolatore. Non ha mai mancato di denunciare che la povertà e l'emarginazione non sono fatalità, ma il prodotto di ingiustizie, di precise scelte politiche ed economiche. Ha sempre inteso saldare il Cielo e la Terra, la sfera spirituale con l'impegno civile, il messaggio del Vangelo con gli articoli della Costituzione. Le sue parole pungenti, a volte sferzanti, nascevano sempre da un grande amore per la vita, da un grande desiderio di quella verità che sta dalla parte della vita, delle persone. Per questo è stato un sacerdote scomodo. Scomodo per quella politica che non serve la comunità ma  interessi e poteri consolidati. Scomodo per quella Chiesa che viene a patti con quei poteri, scegliendo di non interferire, di non portare, insieme alla carità e alla solidarietà, la sveglia delle coscienze di cui non c'è simbolo più esplicito del passaggio di Gesù su questa Terra. Mancherà tanto, a tutti noi, Andrea. Mancheranno la sua simpatia, il suo entusiasmo, la sua passione. A me mancheranno le nostre discussioni, quelle differenze di vedute che non hanno mai impedito a lui, uomo di mare, e a me, uomo di montagna, di continuare a sentire, nella diversità dei caratteri, una forte affinità. Come se il mare e la montagna, le loro altezze e loro profondità, fossero solo un diverso sguardo sul medesimo orizzonte, l'orizzonte di giustizia e di libertà che rende vive le vite delle persone.

Ciao.


       d. Luigi Ciotti