La lettera può essere tassello importante della "trattativa"
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Palermo 17 nov. (TMNews) - Nel febbraio del 93, tre mesi prima delle bombe di RomaFirenzeeMilanoi
familiari di alcuni detenuti per mafia, rinchiusi nelle carceri di
Pianosa e dell'Asinara in regime di 41-bis, scrissero all'allora
presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Il contenuto della
lettera, diffusa oggi dal quotidiano La Repubblica, mostra toni
particolarmente forti usati nei confronti del capo dello Stato,
all'epoca fresco di nomina. Un dato di non poco conto, se lo si rilegge
nell'ottica della presunta trattativa tra Stato e mafia, e del presunto
"papello", in cui l'ex numero uno di Cosa nostra Totò Riina pose tra le
condizioni proprio l'alleggerimento del 41-bis per i detenuti di mafia.
La lettera "potrebbe costituire un prezioso retroscena per spiegare
alcuni provvedimenti clamorosi - scrive Repubblica -, come la revoca del
carcere duro per circa trecento mafiosi che l'allora guardasigilli
Conso dice di aver adottato in assoluta solitudine".
La lettera è stata depositata dai pm diPalermoDi
Matteo e Ingroia al processo contro il generale del Ros Mario Mori,
accusato di favoreggiamento aggravato, e per il quale nei giorni scorsi i
magistrati hanno chiesto due nuove aggravanti connesse proprio al suo
presunto ruolo nella "trattativa". Nella missiva, i parenti dei detenuti
accusano le istituzioni di considerare "carne da macello" i loro
congiunti, e invitano Scalfaro a "vantarsi di meno" della sua fede
cristiana "e di amare di più". Il presidente emerito della Repubblica,
Scalfaro, nei mesi scorsi era stato sentito dai magistrati palermitani
insieme al guardasigilli di allora, Giovanni Conso, ma aveva detto di
non ricordare i contenuti della lettera.
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