venerdì 4 novembre 2011

Governo in bilico e fine di un regime mediatico, Berlusconi avverte "Lasciare maggioranza è tradimento"

Tra defezioni e possibili nuovi ingressi resta incerto il destino dell'esecutivo. Ma il presidente del Consiglio insiste sulla fiducia al maxiemendamento: "E' quasi obbligatorio". I Radicali annunciano il loro no: "Condivisione dei provvedimenti non significa sostegno al premier"

ROMA -  "Chi ha lasciato in Pdl o pensa di farlo, una volta che avrà parlato con me rivedrà il suo proposito", anche perché "in questo momento abbandonare la maggioranza è un tradimento verso il Paese". Lo ha detto Silvio Berlusconi al termine del G20 a Cannes. "Abbiamo sempre avuto la maggioranza e continueremo così", ha proseguito il premier, spiegando che non è al momento nel novero delle possibilità un suo passo indietro.

L'ennesimo esercizio di ottimismo a conclusione di una mattinata difficile, iniziata con le parole di Guido Crosetto sullo stato di salute dell'esecutivo 2. "Non so quanti giorni o settimane ha davanti il governo. Di certo una maggioranza che si regge su pochi voti non può andare avanti molto".

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Lo fa mentre a palazzo Chigi si fa la conta dei voti in vista della prossima fiducia sul maxi emendamento 4 alla legge di stabilità con le misure anti-crisi e con l'ansia di nuove defezioni che cresce. E che l'allarme in casa Pdl sia davvero ai massimi livelli lo confermano le parole di Maurizio Sacconi.


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"Per quanto riguarda il maxi emendamento che sarà varato dal governo contro la crisi è meglio non parlare al momento di ricorso al voto di fiducia", ha detto il ministro del Lavoro. Posizione smentita qualche ora dopo da Berlusconi. "Il ricorso alla fiducia è un fatto quasi obbligatorio. Continueremo con il ricorso della fiducia", ha chiarito il premier da Cannes.

Schifani invita alla condivisione. E invita a evitare la conta anche il presidente di Palazzo Madama Renato Schifani. "A me - dice - interessa che in Senato vengano coinvolte le opposizioni, nella migliore maniera possibile. Occorre raggiungere la massima condivisione sulle scelte strategiche per evitare le speculazioni dei mercati internazionali sul nostro Paese". Schifani si precipita quindi a smentire, defindenola come "gossip", l'ipotesi di una sua candidatura alla guida di un governo istituzionale.

Un lungo stillicidio. Dopo l'uscita dal Pdl di altri due deputati passati all'Udc 6 (Alessio Bonciani e Ida D'Ippolito), Berlusconi vede materializzarsi quota 314, ovvero la perdita della maggioranza assoluta in aula alla Camera. Senza contare i frondisti scajoliani e l'area dei "dissidenti" (Roberto Antonione, Isabella Bertolini, Giancarlo Pittelli e Giorgio Stracquadanio), firmatari della lettera 7 che chiede al premier di promuovere un nuovo esecutivo.

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E alla lista degli indecisi si aggiunge anche il Pri di Francesco Nucara: "Ci riserviamo di votare la fiducia al governo solo sulla base dei contenuti che saranno presentati alle Camere". A rendere ancora più esigui i numeri del centrodestra anche la luttuosa notizia, arrivata questa mattina da Bari, della morte del deputato del Pdl Pietro Franzoso, deceduto nel policlinico del capoluogo pugliese in seguito a un incidente avvenuto lo scorso settembre.

La posizione dei Radicali. Oscillante, invece, l'atteggiamento dei sei deputati radicali, eletti nel centrosinistra e da tempo in rotta di collisione con il Pd: "Se il governo si dovesse presentare con un emendamento che contiene la traduzione legislativa di tutti i punti contenuti nella lettera del governo all'Europa, la domanda è un'altra: perché mai non dovremmo votarlo?" dice Rita Bernardini. Ma Silvio Viale frena: "Una cosa è valutare le proposte e i provvedimenti nel merito ed eventualmente votarli, altra cosa è dare la fiducia al governo". "Il 90 per cento corrisponde a grandi linee ai nostri referendum di 15 anni fa", sottolinea Maurizio Turco, ma "noi siamo all'opposizione e non voteremo al fiducia al governo".

I fedelissimi fanno quadrato. Nel frattempo il governo mostra tutte le tensioni che lo agitano. "Un passo indietro di Berlusconi andrebbe fatto - dice il deputato del Pdl Giancarlo Mazzuca - se è per il bene del Paese, perché l'importante è quello, oggi è in gioco il Paese". Ma c'è anche chi prova a fare muro tirando il ballo coerenza e fedeltà: "Se Bonciani e D'Ippolito quando ci sarà da votare voteranno contro, saranno degli irresponsabili" attacca Stefano Saglia, sottosegretario allo sviluppo economico con delega all'energia.

Mentre Sandro Bondi rimanda al mittente la proposta di Pier Ferdinando Casini di un governo dalle large intese (e senza Berlusconi): "Casini dispiega tutta l'arte della lusinga e della dissimulazione nei confronti del Pdl. Casini, al pari di Bersani, sa bene che un governo di larghe intese non è fra le cose possibili, e nasconde semplicemente l'obiettivo di diventare l'ago della bilancia nella prossima legislatura".

Rincara la dose Osvaldo Napoli: "Il governo se deve cadere è bene che cada in Parlamento. Le crisi extraparlamentari non si addicono a questo tempo né alla virulenza di questa crisi". Disco rosso anche dal ministro Ignazio La Russa: "Non c'è bisogno di fare ammucchiate, governi di larghe maggioranze, basterebbe che per qualche mese ciascuno, a partire dalla maggioranza, facesse il proprio dovere, avendo come primo obiettivo quello di affrontare e superare un momento difficile".

I distinguo delle opposizioni. Ma l'ipotesi di un esecutivo di transizione trova una certa freddezza anche nel campo dell'opposizione. "E' necessario andare alle urne al più presto - commenta Antonio Di Pietro - Attenti ai governi tecnici perchè una maggioranza che poi di fatto finirebbe per fare le stesse che non vogliamo faccia Berlusconi, sarebbe come cadere dalla padella alla brace". Il Pd, che domani chiama a raccolta i suoi militanti a Roma, dice di essere pronto "a fare la propria parte per l'emergenza" senza temere le elezioni. "L'esecutivo ha le ore contate e non deve trascinare il paese nel baratro. Siamo, come abbiamo dimostrato in questi mesi, responsabili e pronti a un governo d'emergenza. Ma, di fronte all'irresponsabilità di altri, non abbiamo paura delle elezioni", conclude Ventura.

Storace non si pente. Infine Francesco Storace torna sulla polemica innescata dalla sua dichiarazione sui parlamentari 9che cambiano casacca e "andrebbero fucilati alla schiena". "Ci sono stati un pugno di parlamentari che hanno mollato il loro partito per ammazzare il governo. Uno di questi, tale Bonciani, sconosciuto ai più, oggi ha la faccia tosta di scrivere una lettera al Corriere della Sera, nella quale conclude che lui va nell'Udc perché tanto sta nel Partito popolare europeo. Quel Ppe che doveva servire a riportare l'Udc nell'orbita del centrodestra italiano, diventa la calamita per mollare Berlusconi. E a uno normale non dovrebbe fare ribrezzo tutto questo? E' un scandalo vero e spero che si vada al voto. Punto e basta", taglia corto il leader della Destra.

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