L'editoriale sul sito del Financial Times |
Durissimo editoriale sul quotidiano della City: "Dopo vent'anni di inutile show, solo un cambio di leadership può ridare credibilità all'Italia". Il Guardian: "Silvio simbolo grottesco di un'era" dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI
FOTO L'editoriale del Financial Times 1
Al summit del G20 di Cannes, afferma l'editoriale (non firmato, dunque espressione della direzione e della proprietà del Financial Times), "i più potenti leader del mondo si sono ritrovati impotenti di fronte alle manovre di due primi ministri", Papandreu e Berlusconi, fra loro molto simili: "entrambi hanno una maggioranza parlamentare che sta scomparendo, entrambi litigano con il proprio ministro delle Finanze, entrambi hanno la tendenza a non mantenere gli impegni". Ma c'è, avverte l'articolo, "una importante differenza: il debito pubblico italiano, avendo raggiunto quota 1900 miliardi di euro, è così alto da potere destabilizzare l'economia mondiale ben più di quanto può fare quello di Atene".
L'editoriale elenca i punti chiave della crisi italiana per poi proseguire: "E' una buona cosa che il Fondo Monetario Internazionale abbia ora il monitoraggio dei progressi di roma sulle necessarie riforme. Ma ciò rischia di essere insidiato finché l'Italia mantiene il suo attuale leader. Dopo essere stato incapace di riformare il paese in due decenni in politica, Berlusconi non ha la credibilità per realizzare un cambiamento significativo".
Sarebbe ingenuo pensare che, dimessosi Berlusconi, l'Italia riguadagnerà immediatamente la piena fiducia dei mercati, continua il Financial Times. "Ma un cambio di leadership è ugualmente imperativo. Un nuovo premier impegnato a fare le riforme potrebbe riassicurare i mercati. Ciò renderebbe più facile per la Banca Centrale Europea continuare il suo programma di acquisto di titoli di stato". E l'editoriale si conclude così: "Dopo vent'anni di uno show inefficace, le uniche parole da dire a Berlusconi sono quelle usate da Oliver Cromwell. In nome di Dio, dell'Italia e dell'Europa, vattene!"
All'interno del giornale, in una corrispondenza da Roma, il quotidiano della City riferisce che Berlusconi continua ostinatamente a rifiutare di andarsene e ipotizza quattro scenari per il prossimo futuro: l'incubo, ovvero Berlusconi riesce a rimanere al suo posto; l'incubo rivisitato, ovvero Berlusconi cade, si fanno elezioni anticipate, nell'incertezza le rivince la stessa coalizione di centro-destra, paralizzata come l'attuale; il barlume di speranza, in cui Berlusconi si dimette, Gianni Letta lo rimpiazza, allarga la coalizione con l'opposizione di centro, fa qualche riforma, anche se Berlusconi rimane nell'ombra; e il dream team, Berlusconi si dimette, il suo partito si divide, e si forma un governo di transizione di tecnocrati guidato da Mario Monti con il mandato di fare tutte le riforme necessarie. "Dopo la Primavera Araba, avremo l'autunno del Mediterraneo", dichiara nello stesso articolo Marco Elser, banchiere di AdviCorp, affermando che la comunità finanziaria si aspetta "un rally spettacolare" di titoli italiani se Berlusconi darà le dimissioni e sarà sostituito da un governo di tecnocrati.
Sempre sul Financial Times, un altro piccolo sintomo delle umiliazioni a cui Berlusconi è stato sottoposto al summit del G20: "Il suo unico incontro bilaterale con Barack Obama è avvenuto quando si è scontrato per caso con il presidente americano che usciva dall'albergo per andare a fare jogging". E il titolo di apertura di prima pagina è dedicato al nostro premier che "minimizza la crisi del debito".
Commenti e titoli analoghi dominano la stampa inglese di oggi. Per il Times, Berlusconi è "sull'orlo del precipizio". Per il Guardian, Berlusconi "alza le spalle sul controllo dell'Fmi, dicendo che i ristoranti sono pieni e questo mostra la salute del paese". Per l'Independent, Berlusconi è "umiliato dal Fondo Monetario". E sempre sul Guardian, un editoriale della columnist Marina Hyde afferma che Berlusconi verrà probabilmente ricordato come il simbolo "grottesco, clownesco e lascivo" di questa era.
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