lunedì 31 ottobre 2011

I Derivati



di Andrea Mensa - 26/04/2011

Fonte: appello al popolo

Con l’ultima crisi economico/finanziaria, questa parola è stata scritta più volte, ed a ciò che descrive è stata sovente imputata la causa della crisi stessa.
Ed a ragione.
Ma vorrei descrivere che cosa si intende per quel prodotto finanziario denominato in questo modo.
Un derivato è un contratto col quale un acquirente acquisisce il titolo di proprietà di valori, o una parte di essi, detti sottostanti.
Ho usato il termine di “valori” che è estremamente generico, ma quelli su cui vengono costruiti i derivati hanno normalmente alcune caratteristiche.
La prima, e più importante è l’emittente, ovvero quella entità che genera il contratto e garantisce con il proprio nome e il proprio capitale, che i valori sottostanti esistano, e quindi, che il derivato che rappresenta tali valori, rappresenti effettivamente qualcosa che ha un mercato, ovvero che può essere venduto o acquistato, e che quindi abbia una valutazione e quindi un valore.
La seconda condizione è che vi sia una scadenza, normalmente coincidente con quella del sottostante.
Se ad esempio vengono costruiti dei derivati su delle obbligazioni, dato che le obbligazioni hanno una data di scadenza, se il derivato scadesse dopo, nel periodo finale non avrebbe più il sottostante, perché scaduto, o al massimo avrebbe il capitale recuperato, che però ne cambierebbe la natura.
La terza condizione è che il derivato renda, ovvero chi acquista il derivato abbia un vantaggio economico dal fatto di fornire del denaro contro un documento che otterrà un rimborso , ma solo dopo un certo tempo.
Se un derivato non rendesse nulla, nessuno rinuncerebbe a dei soldi per riavere indietro gli stessi a posteriori, ma non poterne disporre per tutto il tempo in cui sono stati impegnati.
Lo scopo principale e dichiarato per cui sono nati i derivati è quella che viene chiamata la “distribuzione del rischio”.
Una delle tipologie principali dei sottostanti, sono obbligazioni, titoli del debito sovrano ( titoli di stato), mutui, ecc…. ovvero tutti quei titoli esecutivi, che rappresentano un debito, che hanno una scadenza, fruttano un interesse, ma che rappresentano anche un rischio, nel caso che l’ente emittente vada in default, e quindi non rimborsi più o non rimborsi totalmente tale titolo.
È chiaro che nel caso uno di tali enti andasse in default, solo ed esclusivamente i possessori dei suoi titoli ne avrebbero un danno.
Se invece una entità raccoglie titoli di vario tipo e provenienza, e ne compone un pacchetto che quindi avrà un rendimento globale dato dalla media dei rendimenti dei titoli inclusi, avrà un rischio, ma anche il rischio verrà distribuito sul complesso dei titoli, e quindi , fatto il pacchetto lo suddividerà in parti , ogni parte avrà un ennesimo del rendimento ma anche del rischio globale relativo all’intero pacchetto.
Ora, ogni titolo a cui è associato un interesse, può subire variazioni di valore nel tempo.
Faccio un esempio per chiarire tale dinamica.
Supponiamo che oggi, gli interessi sulle cambiali emesse sia di circa il 10%.
Tizio impresta soldi a Caio e Caio firma delle cambiali, scadenza 1 anno e per un valore aumentato del 10%.
Supponiamo che dopo un mese gli interessi sulle cambiali vadano al 20% annuo.
Tizio ha due possibilità di cui la prima è attendere l’anno e incassare il proprio prestito con in più il 10%, che però è diventato poco, e quindi quel capitale più interessi, varrà complessivamente meno di quando il contratto è stato fatto.
L’altra possibilità è quella di vendere la cambiale, ma chiaramente ad un prezzo di quel tanto inferiore tale per cui tale prezzo su cui venga calcolato il 20% in più per gli undici mesi restanti equivalga alla cifra totale rimborsata prevista per tale scadenza, quindi ad un prezzo decisamente inferiore.
Ecco, un aumento dei tassi causa sempre una svalutazione dei titoli, dovendo essi continuamente confrontarsi con quelli dei titoli emessi sul momento.
Raggruppare titoli di diversa natura e di diversa provenienza, diminuisce tale rischio complessivo , in quanto alcuni potranno veder aumentato il loro tasso di riferimento, ed altri invece diminuirlo.
Ma i derivati non si “costruiscono” solo sui titoli di debito, ma su tutto ciò che ha un sottostante concreto che risponda alle caratteristiche elencate sopra.
Così potranno esserci derivati sui futures delle commodities o delle materie prime, dei derivati sulle monete e quindi sui cambi, ma anche su quei prodotti spaventosamente criminogeni che sono i CDS.
Assicurare contro il rischio un valore posseduto, è una cosa normale e comprensibile, ma assicurare qualcosa che non si possiede, è uno stimolo per chi è forte abbastanza per provocare l’evento assicurato, e quindi ricavare degli utili sulle disgrazie altrui.
Ma l’impulso principale al mercato dei derivati lo dobbiamo alla dottoressa El Karoui.
Insegnante alla Sorbona di statistica e stocastica ( mentre la prima si occupa delle probabilità che un evento predeterminato avvenga, la seconda si occupa di calcolare la probabilità che un evento, di cui sia noto l’inizio e la conclusione, segua un determinato “percorso”) e finita , per seguire il marito , a lavorare in banca nella gestione delle obbligazioni, intravide come applicare le sue conoscenze matematiche in quel settore.
Di una obbligazione, ad esempio, se si era già in grado di calcolare le probabilità che venisse o no rimborsato e in quale misura, alla scadenza, quanto ancora non veniva considerato era quali e quante variazioni di valore potesse avere nel corso della sua “vita”.
Vendere quando la quotazione è alta e ricomprare quando è bassa offre dei margini di guadagno enormi, se fatto su volumi elevati.
Tipico esempio sono i REPO, contratti di vendita accompagnati da un impegno a ricomprare gli stessi titoli.
L’uso principale di questi tipi di contratti deriva dalla differenza di interessi che vengono normalmente corrisposti su titoli dello stesso tipo, dello stesso emittente, ma con scadenze diverse.
È normale che un titolo a 10 anni paghi un interesse annuo maggiore di uno a un anno, ma per la semplice ragione che incorpora anche variazioni dei tassi, tanto più probabili quanto il periodo di circolazione del titolo, sia lungo.
Avere un mezzo quindi per poter pagare l’interesse dei titoli a breve, su quelli a lunga scadenza, provoca un sur plus dato dalla differenza dei tassi. Quindi fare continui REPO su titoli a lunga scadenza, significa proprio pagare interessi a breve e incassare interessi a lunga scadenza.
Se poi i soldi per iniziare tale “gioco” vengono trovati emettendo derivati con sottostanti tali titoli, ecco trovato il modo per amplificare enormemente le cifre impegnate.
Il grande pericolo di tali speculazioni sta nel fatto che il titolo non venga rimborsato, oppure per problemi dell’emittente acquisti un fattore di rischio maggiore, decretandone così una perdita di valore.
Se tali perdite superano la capitalizzazione della società che ha emesso il derivato, ci si trova di fronte a perdite notevolissime, legate al fallimento di tali società, e un danno per tutti coloro che hanno aderito a tali derivati.
È cosa è avvenuto in effetti a Lehman Brothers, AIG, Bank of America, ecc….
Se poi sono stati costruiti derivati con sottostante altri derivati, e non sono stati denunciati correttamente da coloro incaricati di “piazzarli”, ecco che gli emittenti stessi si sono macchiati di un crimine previsto dal codice penale.
Ultimo “metodo” per immettere “carta” nel sistema finanziario è quello della cartolarizzazione.
Cartolarizzare significa cedere interamente la titolarità di un credito, quindi , non solo l’incasso del pagamento alla scadenza ma anche, ad esempio le garanzie offerte su tale debito.
In genere è il sistema usato dai creditori che si trovano nella necessità imprevista di rientrare di crediti non ancora giunti a scadenza, della serie “pochi, maledetti e subito”.
Ovviamente importantissimo , per chi acquista, avere fiducia nel fatto che il credito sia stato concesso con criteri corretti, perché da ciò dipende il rientrare o meno del capitale usato per l’acquisto di tali crediti.
La crisi dei “subprime”, crediti immobiliari concessi a chi non aveva alcuna possibilità di onorare tali debiti, e che offriva come garanzia lo stesso immobile acquistato, ha avuto un effetto devastante nell’avvio della crisi perché non solo i concedenti credito non avevano rispettato alcun parametro di sicurezza, contando solo sulla crescita continua dei valori immobiliari, che invece ad un certo punto hanno smesso di crescere e sono poi crollati, ma anche per altri motivi.
Primo tra tutti la connivenza delle società di rating, che hanno dato delle valutazioni estremamente buone a titoli con scarsissime probabilità di venire onorati, e questo perché le stesse società che dovevano fornire la valutazione erano le stesse o collegate a quelle che emettevano i titoli, ma il peggio fu fatto accendendo anche dei CDS su tali titoli, che gli emittenti sapevano benissimo essere ad alto rischio.
Un po’ come chi vende un’auto che sa avere l’impianto frenante difettoso, e che stipula una polizza di assicurazione, a proprio vantaggio, sull’incolumità dell’acquirente.
La perla poi è stata anche quella di racchiudere tali CDS, praticamente sicuri che avrebbero richiesto il pagamento della assicurazione, in derivati, a loro volta venduti sul mercato con titoli di rating altissimi.
Quindi non solo è stato truffato chi ha acquistato le cartolarizzazioni, ma anche coloro che hanno acquistato i derivati……
Se questa è la morale di coloro che si considerano portatori di valori di democrazia e difesa dei valori morali, significa che le parole ormai non hanno più alcun senso.
Settimana all’insegna dell’aumento del prezzo del petrolio, sia per la crisi libica, sia per tutte le agitazioni nell’area degli emirati e Arabia Saudita.
In Cina sta salendo l’inflazione e gli scioperi degli autotrasportatori stanno bloccando i porti e le principali arterie.
Inoltre è chiaro che, se la Cina non dovrà spendere le proprie riserve valutarie per implementare i mercati interni, dedicherà i surplus ad acquistare titoli sovrani europei, abbandonando gradualmente il dollaro e i Tbonds.
Il Giappone si trova nella stessa condizione di ricorrere alle proprie riserve di Tbonds e di dollari per far fronte alla ricostruzione post terremoto e tsunami.
Sempre più critica quindi la posizione del tesoro americano che nel prossimo mese dovrà piazzare 98 miliardi di dollari di titoli, con le società di rating che mettono in dubbio la stabilità del dollaro, ed anche il QE2 è agli sgoccioli.
Situazione finanziaria USA, coniugata con l’instabilità politica di un congresso ricattato dai Tea party, non offre assolutamente più l’immagine di un paese la cui moneta si possa considerare un “rifugio”.

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