FREE TIBET
Un milione e duecentomila
tibetani (un quinto della popolazione) sono morti come risultato
dell’occupazione cinese. Migliaia di
prigionieri religiosi e
politici vengono detenuti in prigioni e in campi di lavoro forzato, dove la
tortura è pratica comune. Le donne tibetane sono soggette a sterilizzazione
forzata e a procurati aborti.Il Tibet, un tempo pacifico
stato cuscinetto tra l’India e la Cina, è stato trasformato in una vasta base
militare, che ospita non meno di 300.000 soldati cinesi, e un quarto della forza
missilistica nucleare cinese, valutata complessivamente in 350 testate nucleari.
Più di seimila monasteri, templi ed edifici storici sono stati razziati e rasi
al suolo, e le loro antiche opere d’arte sono state distrutte o vendute ai
cinesi.La Cina in Tibet proibisce
l’insegnamento e lo studio del Buddhismo. L’odierna apparenza di libertà
religiosa è stata inaugurata unicamente per fini di propaganda e per il turismo.
I monaci e le monache continuano ad essere espulsi dai monasteri. Le risorse
naturali stanno per essere completamente distrutte dall’invasione cinese
(foreste abbattute, gli animali selvatici sono stati sterminati..).alcune province tibetane sono
state incorporate nelle province cinesi. Nel 1960 la Commissione di Giustizia
Internazionale ha rilevato in Tibet sia atti di genocidio che l’aperta
violazione dei sedici articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti
dell’Uomo. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato tre Risoluzioni
di Condanna alla Cina per "violazioni dei fondamentali diritti umani del popolo
tibetano" e ha invitato la Cina a rispettare i diritti del popolo tibetano,
incluso il proprio diritto all’autodeterminazione.Il 23 agosto 1991 le Nazioni
Unite a Ginevra dichiarano "preoccupazione per le continue violazioni dei
fondamentali diritti umani e libertà che mettono in pericolo la particolare
identità culturale, religiosa e nazionale del popolo tibetano". Le autorità
cinesi applicano la discriminazione e la segregazione, del popolo tibetano,
apertamente e ufficialmente. Le cure mediche non sono accessibili ai tibetani,
l’istruzione per i bambini cinesi è nettamente migliore rispetto a quella
disponibile per i tibetani. Il 70% dei posti nelle strutture pubbliche è
riservato ai cinesi. Il partito rappresentativo è quello Comunista Cinese, i
funzionari vengono nominati da Pechino e la maggior parte di essi non parla
neanche tibetano.
I tibetani non si sono mai
arresi, anche sapendo che andavano incontro ad esecuzioni e torture. Dal 1987 si
sono verificate più di 100 dimostrazioni contro l’occupazione cinese, ma l’unico
risultato sono stati 500 morti e la carcerazione di migliaia di tibetani.Dal 1959 il governo tibetano
rappresentato dal Dalai Lama è in esilio in India. Nel 1992 il parlamento
tibetano (in esilio) ha approvato una risoluzione che auspica la completa
indipendenza del Tibet per mezzo della non violenza. Il Dalai Lama ha dichiarato
che quando il Tibet sarà libero il primo compito sarà quello di creare un
governo provvisorio la cui prima responsabilità sarà quella di eleggere una
assemblea costituente per definire e adottare la costituzione democratica del
Tibet. In quella occasione il Dalai Lama rimetterà la sua autorità storica e
allo stesso tempo scioglierà il governo tibetano in esilio.Sarà molto difficile arrivare a
questo punto poiché nessun Paese occidentale è disposto a pressare la Cina più
di tanto, in quanto l’economia mondiale e il peso di 70.000.000 di ricchi cinesi
fanno passare in secondo piano il problema Tibet.Cosa
sta succedendo in Tibet?
23-03-2008 - Fonte: Io mangiovegetariano.myblog.it.
Dov'è il Tibet?
Il Tibet è da sempre conosciuto come il Tetto del Mondo a causa della natura
del suo territorio, in cui si trovano le montagne più alte del mondo, con
ben 14 cime che si ergono al di sopra degli 8.000 mt (!!!) tra cui il
celebre Monte Everest, (alto ben 8.848 mt.)
I suoi confini sono a nord con le regioni dello Xinjiang e
del Qinghai, a est con quelle di Sichuan e Yunnan (tutte regioni cinesi), a sud
con la Birmania, il Bhutan, il Nepal e l’India, con cui il Tibet confina anche
ad ovest. Dalle sue cime nascono inoltre alcuni dei più importanti fiumi
asiatici, come il Fiume Nu, il Fiume dalla Sabbia Gialla e il Fiume Lancang.Il Tibet, attualmente, fa parte della Repubblica Popolare Cinese: rappresenta
1/3 del territorio dell’intera Cina ma i suoi abitanti originari (i tibetani)
corrispondono solo allo 0,5% della popolazione Cinese (!!!) .
Il Tibet è uno stato autonomo?
Il Tibet, nazione indipendente con una storia che risale al 127 a.C., è stato
invaso nel 1949 dalla Repubblica Popolare Cinese. L'invasione e l'occupazione
sono state un atto di aggressione e una palese violazione delle leggi
internazionali.
Chi sono i tibetani?
Chiunque abbia una conoscenza diretta dei tibetani e della
loro lingua può comprendere l’assoluta peculiarità della cultura di questo
popolo. Tale peculiarità può essere evidenziata prendendo in esame gli elementi
fondamentali che la caratterizzano e che ne definiscono il concetto fornendo una
risposta alla domanda: cosa si intende per “cultura nazionale”?
La possibilità
che tibetani e cinesi possano avere un’identità comune è assolutamente remota.Non condividono, infatti, un territorio, una lingua, una
legge, il senso della storia o una letteratura, hanno avuto un’irrilevante
comunanza di credo religioso e appartengono a razze diverse. I tibetani affermano
che il Tibet è una nazione a sé stante con una sua peculiare identità culturale.
I cinesi sostengono invece che i tibetani sono membri di una minoranza
all’interno della nazione cinese (talvolta definita “una famiglia di nazioni”),
con caratteristiche locali nel contesto di una cultura comune.I tibetani sono un popolo unico sul pianeta, perché la loro
identità nazionale è imperniata sul buddismo. Per il popolo del Tibet, il Dharma
(la Dottrina), è tutto. Nell’arco di oltre mille anni, a partire dal re Songtsen
Gampo (inizi del VII° secolo) fino al regno del V° Dalai Lama (il “Grande
Quinto”, inizi del XVII° secolo), la cultura tibetana ha subito un laborioso
processo di trasformazione: da etnocentrica, guerriera e imperialista è
diventata universale, spirituale e buddista. Per più di trecento anni i
tibetani, per propria scelta, non hanno avuto un esercito. Hanno volutamente
posposto la crescita materiale a quella spirituale. Per secoli hanno utilizzato
le risorse finanziarie principalmente per mantenere i monasteri e consentire ai
monaci e alle suore di studiare. Non hanno considerato la ruota solo come un
mezzo di trasporto ma come uno strumento per generare la preghiera, l’energia
sacra del mantra “OM MANI PADME HUM”. I loro governanti, dopo aver trionfato su
dinastie sanguinarie, provenivano da lignaggi spirituali di saggezza e
compassione.E’ una cultura di valore inestimabile, che fa da contrappunto
alla nostra, perché proiettata verso l’interiorità allo stesso modo in cui noi
diamo invece peso alle cose esteriori. Potrebbe fornirci preziose indicazioni
per aiutarci a ristabilire l’equilibrio del pianeta e a restituire un equilibrio
spirituale a quanti sono stati follemente travolti dall’eccessivo materialismo.
E’ una questione di vita o di morte, è la nostra stessa vita o morte. E’ una
cultura che vive in clandestinità in patria e in libertà solamente in esilio. E’
nostro dovere proteggerla, nutrirla ed aspettare pazientemente che le persone
interessate ne riscoprano il prezioso valore eLam
sentano l’esigenza di farne
tesoro.Chi è Sua Santità il Dalai a?
Sua Santità Tenzin Gyatso, 14° Dalai Lama del Tibet, è il
capo temporale e spirituale del popolo tibetano.Nato con il nome di Lhamo Dhondrub il 6 luglio 1935 in un piccolo villaggio
chiamato Taktser, nel nordest del Tibet, da una famiglia di contadini, all’età
di due anni fu riconosciuto come la reincarnazione del suo predecessore, il 13°
Dalai Lama e, secondo la tradizione buddista tibetana, come reincarnazione di
Avalokitesvara, il Buddha della Compassione che scelse di tornare sulla terra
per servire la gente.
I suoi tentativi di soluzione pacifica del conflitto Cino-Tibetano furono
vanificati dalla spietata politica perseguita da Pechino nel Tibet Orientale,
politica che scatenò la sollevazione popolare e la resistenza.La protesta si
diffuse nelle altre regioni del paese.Il 10 marzo 1959 nella capitale, Lhasa, esplose la più grande
dimostrazione della storia tibetana: il popolo chiese alla Cina di lasciare il
Tibet e riaffermò l’indipendenza del paese. La sollevazione nazionale tibetana
fu brutalmente repressa dall’esercito cinese. Il Dalai Lama fuggì in India dove
ottenne asilo politico. Circa 80.000 tibetani lo seguirono e, attualmente, i
profughi in India sono più di 120.000. Dal 1960, il Dalai Lama risiede a
Dharamsala, una cittadina situata nello stato indiano dell’Himachal Pradesh,
conosciuta anche come “la piccola Lhasa” e sede del Governo Tibetano in esilio.Sin dalla sua prima visita in Occidente, all’inizio del 1973,
numerose università ed istituzioni occidentali hanno conferito al Dalai Lama
Premi per la Pace e Lauree ad Honorem, in segno di riconoscimento per gli
approfonditi testi sulla filosofia buddista e per il ruolo svolto nella
soluzione dei conflitti internazionali, nella questione dei diritti umani e in
quella, a carattere globale, dei problemi ambientali.Come e quando è avvenuta l’invasione cinese?
Nel 1950 la Repubblica Popolare Cinese invase il Tibet.
L’invasione e l’occupazione del Tibet costituirono un inequivocabile atto di
aggressione e violazione della legge internazionale.Secondo stime attendibili alla fine del 1957 circa centomila guerriglieri
combattevano per la libertà del Tibet, ma la disparità delle forze in campo non
lasciava alcuna possibilità di successo alla pur eroica resistenza tibetana.Infatti, i cinesi potevano contare su di un esercito armato di
tutto punto, organizzato secondo una ferrea disciplina, perfettamente addestrato
e che contava quattordici divisioni per un totale di oltre centocinquantamila
uomini. Durante tutto il 1957 e il 1958 alle incursione della guerriglia, Pechino
rispose colpendo indiscriminatamente la popolazione civile, bombardando
villaggi, uccidendo monaci, distruggendo monasteri e passando per le armi tutti
coloro che, a torto o a ragione, erano accusati di aver aiutato i partigiani. La
potente macchina bellica maoista fu responsabile in quegli anni, come appurarono
in seguito da due dettagliati rapporti della Commissione Internazionale dei
Giuristi (3), di un vero e proprio genocidio.Il Dalai Lama, capo politico e spirituale del Tibet, tentò
una pacifica convivenza con i cinesi, ma le mire colonialiste della Cina
diventarono sempre più evidenti. La sistematica politica di cinizzazione e
sottomissione del popolo tibetano segnò l’inizio della repressione cinese cui si
contrappose l’insorgere della resistenza popolare. Il 10 Marzo 1959 il
risentimento dei tibetani sfociò in un’aperta rivolta nazionale. L’Esercito di
Liberazione Popolare stroncò l’insurrezione con estrema brutalità uccidendo, tra
il marzo e l’ottobre di quell’anno, nel solo Tibet centrale, più di 87.000
civili. Il Dalai Lama, seguito da circa 100.000 tibetani, fu costretto a fuggire
dal Tibet e chiese asilo politico in India dove fu costituito un governo
tibetano in esilio fondato su principi democratici. Attualmente, il numero dei
rifugiati supera le 135.000 unità e l’afflusso dei profughi che lasciano il
paese per sfuggire alle persecuzioni cinesi non conosce sosta.Cosa ha provocato l’occupazione cinese del Tibet in tutti
questi anni?
Oggi il Tibet è oppresso da un'occupazione illegale e
repressiva.Un milione e duecentomila tibetani, un quinto della popolazione, sono morti come
risultato dell'occupazione cinese. Migliaia di prigionieri religiosi e politici
vengono detenuti in campi di lavoro forzato, dove la tortura è pratica comune.Uno degli aspetti più penosi della dominazione cinese è stato
il "Thamzing" o "seduta di rieducazione", durante la quale i tibetani erano
costretti ad auto accusarsi di crimini non commessi e ad autodegradarsi. I
bambini erano sovente obbligati ad accusare i genitori di aver compiuto questo o
quel crimine e a colpirli con sassi. Molti genitori, a loro volta, hanno
assistito all'esecuzione dei loro figli, sono stati costretti a pagare i
proiettili usati per ucciderli e a ringraziare i cinesi per aver eliminato
"elementi antisociali".
Le donne tibetane sono soggette tuttora a sterilizzazioni
forzate e a procurati aborti: occorre che i cinesi in Tibet siano sempre più
numerosi e i tibetani sempre meno. Spesso vengono sterilizzate in condizioni
spaventose tutte le donne in età fertile di un paese: radunate a forza davanti
ad una tenda montata allo scopo, sono costrette ad attendere il loro turno
ascoltando le urla delle donne operate all'interno.Manca totalmente qualsiasi forma di anestesia.Altissima è la
percentuale delle donne morte per infezione, poiché vengono obbligate ad
abortire anche donne gravide di cinque o sei mesi. Le donne tibetane si
rifiutano di partorire negli ospedali perché in molti casi il bimbo viene loro
sottratto e considerato "morto durante il parto".Inoltre il Tibet, un tempo pacifico stato cuscinetto tra
l'India e la Cina, è stato trasformato in una vasta base militare che ospita
buona parte della forza missilistica nucleare cinese, valutata complessivamente
in 350 testate nucleari. Esistono, ormai, in Tibet numerose miniere di uranio
dove la manodopera è tutta tibetana; parecchie persone vivono nei villaggi
vicini alle basi atomiche, ai luoghi d'interramento delle scorie nucleari e alle
miniere di uranio, sono gravemente malate, mentre continuano a nascere bambini
deformi, i campi non danno più colture, gli animali muoiono e le acque dei fiumi
che attraversano vasti territori dell'Asia, quali il Brahmaputra, sono
contaminate da materiale radioattivo.Tutto il subcontinente indiano rischia la contaminazione. Le
risorse naturali del Tibet e la sua fragile ecologia stanno per essere
irrimediabilmente distrutte. Gli animali selvatici sono stati sterminati, le
foreste abbattute, il terreno impoverito ed eroso. Le immense foreste delle
regioni orientali del Kham e dell'Amdo, intatte sino alla metà di questo secolo,
grazie ad una sorta di ecologismo naturale proprio del Buddismo, sono ormai
ridotte a spelacchiate macchie circondate da un vero e proprio deserto. La
deforestazione del Tibet procede senza sosta dal 1963.
Più di 6000 monasteri, templi ed edifici storici sono stati
razziati e rasi al suolo, le loro antiche opere d'arte e i tesori della
letteratura sono stati distrutti o venduti dai cinesi. Migliaia di statue d'oro
di valore inestimabile sono state fuse, trasformate in lingotti e trasportate a
Pechino. La Cina proibisce in Tibet l'insegnamento e lo studio del Buddismo,
l'odierna apparenza in libertà religiosa è stata inaugurata unicamente per fini
di propaganda e turismo. Finti monaci prezzolati popolano finti monasteri,
mentre i monaci e le monache vengono espulsi, maltrattati ed imprigionati.
Oppressione ed atrocità regolano la vita dei tibetani rimasti in Tibet la cui
esistenza si svolge come in un incubo senza fine.Nonostante la rigida chiusura del Governo di Pechino che si
ostina a negare l'esistenza di una "questione tibetana", dal 1959 ad oggi il
Dalai Lama ha formulato diverse proposte politiche per sbloccare la situazione
ed avviare un serio negoziato. Il progetto più articolato è costituito dal Piano
di Pace in Cinque Punti presentato dal Dalai Lama nel 1987, documento in cui si
chiede che l'intero territorio del Tibet venga dichiarato "zona di pace" e
smilitarizzato; che cessi la politica di massiccia immigrazione dei coloni
cinesi, la quale sta riducendo i tibetani ad una minoranza nel loro stesso
paese; che siano garantite agli abitanti le libertà democratiche e i diritti
civili; che cessi lo sfruttamento selvaggio e sistematico dell'ecosistema
tibetano e che inizino al più presto serie e concrete trattative tra le autorità
della Repubblica Popolare Cinese ed il Governo Tibetano in esilio, per ritrovare
una soluzione pacifica e democratica al dramma del Tibet. A tutt'oggi il governo
di Pechino non ha dato risposta. Cosa sta succedendo in questi giorni?
4 gennaio 2008
Gli organizzatori hanno annunciato che la prima, spettacolare
azione del Movimento di Insurrezione del Popolo Tibetano avrà luogo il prossimo
10 marzo 2008, 49° anniversario della pacifica rivolta di Lhasa contro
l’occupazione cinese, con una marcia pacifica che, partendo da Dharamsala,
dovrebbe raggiungere Lhasa, la capitale del Tibet. Tsewang Rigzin, Presidente
del Tibetan Youth Congress, nel corso di una conferenza stampa, a New Delhi, ha
affermato che “la marcia verso il Tibet è un’iniziativa dei tibetani in esilio
per rafforzare resistenza e portare la lotta dentro casa”. Ha inoltre invitato i
tibetani in tutto il mondo a scendere in piazza e manifestare, senza ricorrere
alla violenza, ovunque la Cina faccia transitare la fiaccola olimpica.Cinque organizzazioni tibetane hanno annunciato a New Delhi la costituzione del
Tibetan People’s Uprising Movement, il Movimento di Insurrezione del Popolo
Tibetano, finalizzato al coordinamento di comuni azioni di resistenza a partire
dai prossimi mesi, vigilia delle Olimpiadi di Pechino 2008. Le cinque
organizzazioni sono, nell’ordine, il Tibetan Youth Congress, la Tibetan Women’s
Association, il Movimento Gu Chu Sum, il Partito Nazionale Democratico del Tibet
e il gruppo Studenti per il Tibet Libero, India. Lhasa, 10-11 Marzo 2008
Il giorno successivo, 11 marzo, attorno alle 3 del
pomeriggio, centinaia di monaci del monastero di Sera (tra 400 e 500 religiosi)
si sono radunati nel cortile dell’istituto monastico inneggiando alla libertà e
all’indipendenza del Tibet. Hanno cercato quindi i raggiungere Lhasa per
protestare contro gli arbitrari arresti avvenuti il giorno precedente e per
chiedere la liberazione delle persone imprigionate nell’ottobre 2007, in
occasione delle manifestazioni seguite al conferimento al Dalai Lama della
medaglia d’oro del Congresso americano. Nei pressi della locale stazione di
polizia sono stati fermati da almeno un migliaio di poliziotti appartenenti alle
forze di pubblica sicurezza che, per disperdere la folla, hanno fatto ricorso al
lancio di gas lacrimogeni.Il giorno 10 marzo centinaia di monaci del monastero di Drepung, distante una
decina di chilometri dal centro della capitale, hanno cercato di raggiungere
Lhasa. Ingenti forze di polizia hanno pattugliato l’intera area attorno al
monastero e posto i monaci sotto stretta sorveglianza. In città, reparti armati
di polizia, temendo il congiungimento dei monaci con i cittadini, si sono
dispiegati all’interno dell’area del Barkhor impedendo la libera circolazione
dei tibetani. Si ha notizia dell’arresto di quattordici monaci e di almeno due
laici.Testimoni oculari hanno riferito che almeno undici
manifestanti sono stati brutalmente percossi. Fonti attendibili hanno reso noto
che alcuni colpi d’arma da fuoco sono stati uditi attorno al monastero di
Drepung. Tutte le strade di accesso al monastero sono bloccate e la polizia
ispeziona le abitazioni private dei tibetani alla ricerca di eventuali monaci o
monache che abbiano cercato di ottenere riparo. In tutta Lhasa si registra una
situazione di forte tensione. Lhasa, 14 Marzo 2008
In una dichiarazione rilasciata a Dharamsala, il Dalai Lama
ha chiesto alla Cina di rinunciare all’uso della forza. Nella stessa
dichiarazione il Dalai Lama ha affermato di essere “profondamente preoccupato”
per la situazione in Tibet.Un’imponente serie di manifestazioni sono in corso a Lhasa, nelle aree del
Barkor e del Trombe Khang, e in altre regioni del Tibet. Testimoni oculari
riferiscono che nella capitale tibetana sono in atto violenti scontri con la
polizia, che hanno causato diversi feriti e, secondo alcune fonti, la morte di
una ragazza di sedici anni. Diversi negozi e automobili sono in fiamme. Si
tratta della sollevazione popolare più importante e significativa dalla fine
degli anni ’80. Le forze di polizia hanno limitato la libera circolazione dei
tibetani e si teme che possa essere imposto il coprifuoco nel volgere di breve
tempo. Imponenti manifestazioni di protesta anche a Labrang (Amdo) dove almeno
500 monaci si sono uniti ai laici e hanno raggiunto il palazzo sede del governo
inneggiando alla libertà del Tibet e al ritorno del Dalai Lama. Manifestazioni
nelle strade della Contea di Sangchu, nella provincia di Gansu.”Sono profondamente preoccupato della situazione che si
sta verificando in Tibet a seguito delle proteste pacifiche degli ultimi giorni
in molte aree, inclusa Lhasa. Queste proteste sono la manifestazione del
profondo risentimento della gente del Tibet sotto l’attuale governo. Come io ho
sempre detto, l’unita’ e la stabilita’ sotto la violenza bruta costituiscono al
massimo una soluzione temporanea. E’ irrealistico aspettarsi unita’ e stabilita’
sotto un simile governo e questo non contribuira’ a trovare una soluzione
pacifica e durevole. Dunque io faccio appello alle autorita’ cinesi, affinche’
smettano di usare la forza e indirizzino il risentimento covato a lungo dal
popolo tibetano verso il dialogo col popolo tibetano stesso. Allo stesso tempo
esorto i miei compagni tibetani a non fare ricorso alla violenza”. Lhasa, 15 Marzo 2008
Raggiunta telefonicamente, una tibetana residente a Lhasa, ha così dichiarato
tra le lacrime: “La situazione è terribile. Molte persone sono state uccise. I
cinesi hanno sparato a vista, indiscriminatamente, e pile di corpi giacciono
nelle vicinanze dello Tsuglakhan, il tempio principale di Lhasa. Molti i
tibetani fatti prigionieri e picchiati. I tibetani sono costretti a colpire i
propri connazionali, anche se si rifiutano di farlo. Tutti i viaggi sono stati
sospesi. Chiediamo il vostro aiuto”.
Pechino ha risposto con la forza alle proteste dei tibetani. A fronte delle
notizie diffuse dalla televisione di stato cinese che ha dato notizia di “dieci
morti e molti feriti”, il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia
afferma che i morti sarebbero almeno cento, trecento secondo altre fonti.
Oggi la città è pattugliata da migliaia di poliziotti e
percorsa da mezzi blindati. I monasteri sono circondati. Il governo locale ha
intimato ai manifestanti di arrendersi e cessare ogni manifestazione entro
lunedì. La televisione di stato oscura, dopo pochi secondi, tutti i notiziari
sulla rivolta in corso trasmessi dalle più importanti televisioni straniere e
insiste nel diffondere solo le immagini dell’assalto dei tibetani a negozi,
edifici pubblici ed auto cinesi.La rivolta dei tibetani prosegue a Labrang (provincia del Gansu), con rinnovata
intensità e fitto lancio di gas lacrimogeni. Il Centro Tibetano per i Diritti
Umani e la Democrazia da notizia di manifestazioni in corso anche in Kham e in
Amdo. Lhasa, 17 Marzo 2008
Le scarne notizie che giungono dalla capitale tibetana raccontano di una città
spettrale, strettamente pattugliata da ingenti forze militari e di polizia
(circa 20.000 uomini, secondo alcune fonti). Blindati percorrono le strade
semideserte che mostrano i segni dell’esplosione della rabbia dei tibetani dopo
quasi sei decenni di brutale repressione cinese. Mentre stanno per scadere i
termini dell’ultimatum di resa incondizionata emesso il 15 marzo dalle autorità
della cosiddetta Regione Autonoma Tibetana, si apprende di nuove manifestazioni
spontanee avvenute o in corso in diverse aree del Tibet.
Lunedì 17 marzo, nella contea di Machu (Prefettura di Gannan,
nel Gansu), una folla di 300 – 400 persone recanti grandi fotografie del Dalai
Lama, si è diretta contro gli edifici governativi appiccando il fuoco a negozi
ed uffici cinesi. Un centinaio di studenti della Marthang Nationality Middle
School (Prefettura di Ngaba – Provincia del Sichuan) hanno inscenato una
manifestazione di protesta all’interno del campus della scuola e chiesto a gran
voce il ritorno del Dalai Lama. Si ha notizia dell’arresto di una quarantina di
dimostranti.Il 16 marzo, circa 500 studenti tibetani dell’Università di
Lanzhou (la capitale della provincia del Gansu), hanno dato vita ad una pacifica
dimostrazione all’interno dell’istituto scolastico. Analoghe manifestazioni di
protesta sono avvenute non lontano da Lhasa, presso il monastero di Gaden
Choekor ed in altre località della Regione Autonoma. Dal 15 marzo, a Lhasa, la
polizia cinese esegue rastrellamenti casa per casa. Si è appreso dell’arresto di
centinaia di tibetani, compresi tutti gli ex prigionieri politici.Il 16 marzo, a Dharamsala, nel corso di una conferenza
stampa, il Dalai Lama ha denunciato il genocidio culturale in atto all’interno
del Tibet ed ha dichiarato di temere che la politica di repressione attuata dal
governo di Pechino si possa tradurre in un nuovo bagno di sangue. Pur ribadendo
di non essere contrario allo svolgimento dei Giochi Olimpici a Pechino, ha fatto
sapere che non chiederà ai suoi connazionali di arrendersi alle autorità cinesi.ECCO I MONACI CHE HANNO
CAUSATO LE VIOLENZE A LHASA
(collegamento)
Cosa posso fare io?
Se hai letto fino a questo punto, già hai compiuto un passo
avanti nella tua ricerca personale per un informazione più libera. Molto
probabilmente quello che hai letto non ti è piaciuto ed è nato in te il
desiderio di fare qualcosa di più concreto per il popolo tibetano.Non ti resta quindi che: divulgare le notizie!
Qualche idea? Potresti:
divulgare la notizia.Dai telegiornali non si riesce a evincere appieno la complessità e la
drammaticità della odierna situazione in cui versa il popolo tibetano:
divulga quindi questo articolo, oppure, spiega tu cosa sta
succedendo a quante più persone conosci; oppure ancora, se hai un blog, dedica
un tuo post alla questione tibetana;firmare la petizione internazionale a favore del Tibet."Avaaz - Raccolta di 1 Milione di firme on-line a sostegno del Tibet e del Dalai
Lama, che Avaaz farà avere al presidente cinese."
L'indirizzo è:
www.avaaz.org/en/tibet_end_the_violence/7.php
farti socio dell’associazione Italia-Tibet (vedi la
bibliografia) che da anni propugna eventi e manifestazioni per sostenere e far
conoscere la questione tibetana;unirti ad Amnesty International per cercare di far liberare
dalle carceri cinesi tutti i prigionieri politici tibetani (Vuoi sapere chi è il
più piccolo prigioniero politico del mondo? Clicca qui:
decidere di unirti alle varie manifestazioni spontanee che
stanno sorgendo in questi giorni, in varie città d’Italia, per solidarietà con
il popolo Tibetano (per sapere come aderire, clicca qui
scrivere direttamente all’ambasciatore Cinese in Italia
(Mr. Dong Jinyi, indirizzo e-mail:
chinaemb_it@mfa.gov.cn, fax 06-8413467);
unisciti anche tu come volontario alla Marcia, oppure,
semplicemente, sostieni i marciatori. Puoi farlo iscrivendoti a:
infine, se sei un praticante del Dharma: sappi che è stato
chiesto a tutti i Buddhisti di recitare quanto più possibile il mantra di
Cenresig (Om mani Peme Hum), la richiesta è partita dai monaci stessi che stanno
marciando verso il Tibet e da alcuni Geshe di Sera.
Tuttavia, di qualunque religione tu sia, potresti sempre dedicare una preghiera
per augurare una pacifica risoluzione per questa triste situazione.
Ricorda solo che, qualsiasi azione tu decida di
intraprendere, di rispettare i principi della non violenza.
Grazie di tutto,
Alice
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
(Da questi siti ho tratto informazioni e foto per potere
scrivere questo articolo)
www.italiatibet.org : sito dell’Associazione Italia – Tibet, il principale
riferimento per noi italiani sulla questione tibetana;
www.giotibet.com : sito nato appositamente per seguire le vicende sulla
lunga marcia dei Tibetani verso il confine tra Tibet e India, obiettivo: Lhasa.
Troverete qui tutte le ultime notizie sulle
manifestazioni/rivolte/repressioni/aggressioni di questi giorni, il sito viene
aggiornato minuto per minuto;
www.tibetanuprising.org : (in inglese) sito ufficiale del neo costituito
“Movimento di Insurrezione del Popolo Tibetano” che coordina la marcia;
www.tibet.net : (in inglese) sito ufficiale del Governo Tibetano in esilio
(sede ufficiale di Dharamsala);
www.padmanet.com : sito Buddhista che raccoglie tutti i centri di Buddhismo
Tibetano in Italia, contiene anche informazioni sul Tibet;
www.casadeltibet.it/index.htm : sito sul Centro Culturale Internazionale
“Casa del Tibet” che a Votigno di Canossa ha portato a nuova vita un borgo
abbandonato, ricreando un Tibet in miniatura in Italia.
Film (mi limito a segnalare solo i più famosi):
- “Sette anni in Tibet”, con Brad Pitt, regia di Jean-Jacques
Annaud ;
- “Kundun”, regia di M. Scorzese ;
- “Il piccolo Buddha” , regia di Bertolucci .
Nessun commento:
Posta un commento