lunedì 22 agosto 2011

Uno studio svela le eccedenze nell’amministrazione pubblica tra arruolamenti facili e dirigenti promossi senza merito.





Di fronte a tali episodi, a uomini siffatti che si occupavano di politica, a tali leggi e costumi, quanto più, col passare degli anni, riflettevo, tanto più mi sembrava difficile dedicarmi alla politica mantenendomi onesto.
Platone


L'Italia che lavora
 L’ex manager Francesco Verbaro: “Servono meno generici e più specialisti”. Secondo gli ultimi rapporti il numero complessivo degli italiani impiegati nel pubblico è di 4 milioni

Roma.
In Italia ci sono come minimo 300.000 dipendenti pubblici in più, che svolgono compiti che non servono. Mancano quelli con competenze specifiche, pochissimi i tecnici, mosche bianche che le amministrazioni si contendono, mentre trionfano i «generici», benedetti da assunzioni clientelari. 

Più gli uomini sono piccoli e più fanno paura

Poi ci sono i dirigenti senza merito, circa 40 ogni 100,
residuo della lunga stagione degli avanzamenti di carriera automatici, terminata con l’obbligo di concorso voluto dal ministro Renato Brunetta. La fotografia è impietosa, ma viene da un ambiente per nulla ostile al lavoro pubblico, visto che a farla sono la fondazione PromoPa e l’Associazione giovani dirigenti della pubblica amministrazione. I dati – estrapolati da una ricerca ancora in corso – lasciano poco spazio a dubbi.
Ci sono almeno 200.000 «eccedenze» tra le pubbliche amministrazioni e ce ne sono altre 100.000, se si considerano le società partecipate. Le eccedenze, spiega Francesco Verbaro – già direttore generale dell’Ufficio per il personale delle pubbliche amministrazioni del Dipartimento della Funzione Pubblica, ex segretario generale del ministero del Lavoro, attualmente docente alla Scuola di pubblica amministrazione – si verificano «quando profili e competenze, rispetto ad alcuni processi, sono più del necessario». In breve, ci sono più dipendenti pubblici a fare la stessa cosa perché sono state fatte «troppe assunzioni per ogni singolo ente» pubblico, ci sono più enti a svolgere medesimi compiti e molti servizi esternalizzati.
Sul come siamo arrivati ad avere tanto personale difficile da utilizzare, Verbaro ha un’idea precisa. C’è chiaramente il proliferare di enti pubblici. E, soprattutto, «riqualificazioni senza concorso», con conseguente carenza di «profili tecnici operativi». In cifre: «Oltre 5 milioni di progressioni negli ultimi 12 anni hanno portato ad avere tanto personale inquadrato nella carriera direttiva, ma che non ha le competenze. Possiamo dire che il 40% del personale direttivo non ha le competenza per ricoprire tale livello». In altre parole, quattro dirigenti ogni dieci occupano una poltrona solo per anzianità.
Poi assunzioni a pioggia, «soprattutto nei profili generici, dove più forte era la pressione clientelare». Un’epidemia che ha colpito anche gli enti locali, con effetti nefasti sia sui bilanci, sia sull’efficienza degli uffici. «Spesso non si trova un funzionario in grado di fare un bando di gara comunitaria o un bando di concorso. Mancano le figure tecniche in tutti i settori delle amministrazioni». Sui «più bravi, invece, si litiga. Succede con gli esperti di bilancio, ingegneri e informatici. Saremmo disposti a pagarli anche il doppio se come dirigenti ne avessimo la possibilità e, a volte, il coraggio». Le competenze che servirebbero sono «sui servizi alla persona, sanità, scuola, servizi sociali, immigrazione. Poi esperti in gestione di fondi di bilancio, di programmazione». Mancano. Oppure, se ci sono, si trovano nel posto sbagliato.
La soluzione è in parte contenuta nella manovra economica varata dal governo. Tra le materie toccate dal decreto che anticipa il pareggio di bilancio al 2013, c’è la mobilità dei dipendenti pubblici. Non mancheranno resistenze, come è sempre avvenuto ogni volta che qualcuno ha cercato di facilitare la mobilità degli statali e dei dipendenti degli enti pubblici, ma adesso serve responsabilità, a partire dai sindacati. «Difendere il pubblico così com’è, significa destinarlo a tutti gli attacchi». Quindi anche a «tagli lineari» che finiscono per penalizzare tutti senza rendere efficiente l’amministrazione pubblica.
Una volta che la manovra bis avrà fatto il suo corso, con l’eliminazione degli enti inutili e di parte delle province e dei comuni, ci saranno altri 100.000 dipendenti pubblici in più rispetto alle reali necessità e il conto degli «eccedenti» arriverà a 400.000. E non è poco se si tiene conto che, in tutto, i dipendenti della pubblica amministrazione sono 4 milioni (con le partecipate). Senza una buona gestione, uno su dieci, non servirà più.

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