giovedì 14 giugno 2012

Nuova bufera sulla sanità lombarda indagato il braccio destro di Formigoni

Blitz della guardia di finanza all'assessorato regionale e in alcuni ospedali, compreso
il Niguarda. "Accordi per pilotare l'assegnazioni di progetti ad alto contenuto tecnologico
finanziati dalla Regione". Ventotto gli indagati: c'è anche il direttore generale Lucchina


Un sistema architettato per far pagare i costi della sperimentazione di sofisticate apparecchiatura scientifiche per la cura dei malati non alle case produttrici ma allo Stato, ritagliando "bandi su misura" e prendendo accordi sottobanco. E' questo il cuore della nuova inchiesta della Procura di Milano che colpisce ancora una volta il Pirellone. Così la guardia di finanza ha effettuato una ventina di perquisizioni negli uffici dell'assessorato regionale alla Sanità e in quelli del potente direttore generale Carlo Lucchina, ora indagato, negli ospedali Niguarda a Milano, di Lecco, di Busto Arsizio e Saronno e nelle sedi di una serie di aziende e società private. Sotto inchiesta ci sono 28 persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere, turbativa d'asta, rivelazione del segreto d'ufficio e peculato.

SPECIALE Il caso Formigoni Il governatore: "Attacco militare alla mia giunta"
"Un sistema per interessi privati". Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dal pm Calo Nocerino - che ha sentito una serie di testimoni - sono state condotte dai militari del nucleo speciale di polizia valutaria e, al momento, hanno portato a
ipotizzare un sistema per "promuovere interessi privati" nel settore pubblico. Ma inquirenti e investigatori puntano ad accertare se ci sia stata una contropartita e per chi e se ci sia stato il coinvolgimento di politici. Per adesso quel che è venuto a galla sono bandi in sostanza preconfezionati per avviare la sperimentazione di apparecchiature scientifiche ad alta tecnologia. Sperimentazione finanziata dalla Regione Lombardia per alcuni milioni di euro e, si ipotizza, preceduta a monte da accordi fra le aziende private, o chi per loro, e i manager degli ospedali. Questi, a loro volta, facevano pervenire ai piani alti dell'assessorato alla sanità la richiesta di testare, con i soldi pubblici, proprio l'apparecchiatura indicata dal dipendente o mediatore della società con cui avevano contatti e che poi, alla fine, si sarebbe aggiudicata definitivamente l'appalto.

I progetti nel mirino. Nel mirino di inquirenti e investigatori ci sono tre sperimentazioni: i progetti 'Home Care', che riguarda l'assistenza a distanza di malati cronici e che avrebbe dovuto partire a Lecco; quello relativo all'emodinamica con l'allestimento di una sala con strumentazione di controllo del sangue all'avanguardia all'ospedale di Saronno (fa capo all'azienda ospedaliera di Busto) e infine quello, chiamato 'Ecoscopio' e già deliberato con uno stanziamento di un milione 100mila euro, che prevede l'acquisto di 135 ecografi portatili sempre a Lecco e a Niguarda.

Gli indagati. Progetti ora bloccati e che hanno portato a iscrivere nel registro degli indagati, oltre a Lucchina, ritenuto il perno del sistema e braccio destro del governatore Roberto Formigoni, anche i direttori generali di Niguarda e Busto, Pasquale Cannatelli e Armando Gozzini; gli ex direttori generale e sanitario di Lecco Ambrogio Bertoglio e Giuseppe Genduso (quest'ultimo è ora a Niguarda); il responsabile dell'unità operativa di cardiologia di Saronno, Daniele Nassiacos; alcuni responsabili del servizio di ingegneria clinica delle strutture sanitarie e mediatori e rappresentati di sei società o aziende private tra cui General Elettric, Telecom e Assomed.

Le opposizioni: "Formigoni si dimetta". Le opposizioni sono sul piede di guerra, e mettono pesantemente sotto accusa il governatore e l’intero sistema della sanità lombarda. «Formigoni — attacca il consigliere pd Alessandro Alfieri — non evochi complotti, ma ammetta che il sistema ha delle falle e, se è ancora in grado, avanzi proposte per modificarlo. Seguiamo le indagini con smarrimento e allarme, così non si può più andare avanti. Si è chiusa una fase politica, il governatore dovrebbe fare un passo indietro». Il capogruppo dell’Italia dei valori, Stefano Zamponi, spara a zero sul Celeste: «Cade un altro alibi di Formigoni, l’inchiesta della magistratura sta dimostrando che nella sua giunta esistono intrecci opachi tra affari e politica; stavolta i fatti smentiscono la sua tesi secondo cui nessuno dell’attuale squadra di governo è sottoposto a indagini». Sulla stessa lunghezza d’onda Chiara Cremonesi di Sel. Mentre la Cgil lombarda, con il suo segretario Nino Baseotto, prevede tempi grami per il governatore: «Formigoni è al capolinea. La sua giunta è paralizzata dagli scandali, lacerata da contrasti interni e dall’ossessione di trovare il modo per restare aggrappata a poltrone sempre più traballanti e a un potere sempre meno legittimato».

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