martedì 12 giugno 2012

Gioia Tauro, il porto della droga in un anno sequestrate 2,385 tonnellate

Oggi la finanza ha scovato in un mercantile 630 kg di cocaina pura, ieri 330. Operazioni che ormai sono frequentissime. I narcotrafficanti della criminalità locale hanno perso in 12 mesi 85 milioni di euro

di GIUSEPPE BALDESSARRO GIOIA TAURO (Reggio Calabria) - La "Santhiago" la seguivano da mesi. Da quando era partita da Cristòbal a due passi dal Canale di Panama. Gli esperti della Guardia di Finanza sapevano del suo carico. Per questo hanno atteso pazientemente che approdasse a Gioia Tauro prima di entrare in azione. Nella  stiva, tra le noccioline brasiliane accatastate in uno dei container, c'erano 16 borsoni. E nei borsoni l'oro bianco, 630 chili di cocaina pura, destinata al mercato europeo. Non è una novità per gli specialisti dello Gico, né lo è per l'Ufficio Dogane dello scalo calabrese. Quei 580 panetti altro non sono che l'ultimo tassello di un lavoro portato avanti da un pezzo. Già ieri altri 330 chili di coca erano andati ad infoltire i depositi delle Fiamme gialle del comandate Cosimo Di Gesù. E nanche quello è stato un caso. Nell'ultimo anno a Gioia Tauro sono stati sequestrati qualcosa come 2 mila 385 chilogrammi di cocaina. I narcotrafficanti della 'ndrangheta fanno i conti con un buco economico di 85 milioni di euro di capitale.

Un chilo di merce dai campesinos vale 1.500 euro, quando arriva sulle coste europee il carico ha un mercato disposto a pagarne 35 mila. Tagliata e rivenduta il costo lievita a dismisura passaggio dopo passaggio. Fiumi di droga che arrivati sulle piazze di spaccio di mezza Italia avrebbero portato nelle casse dell'organizzazione qualcosa come 580 milioni di euro. E che dietro il traffico di coca dal Sud America vi siano i clan calabresi non ci sono dubbi. La conferma
si è avuta quando scoprendo i borsoni custoditi nel ventre della "Santhiago" i finanzieri si sono accorti che gli zaini usati per contenere i panetti da un chilo erano identici a quelli sequestrati il 7 ottobre scorso a Vincenzo Trimarchi, dipendente del Porto di Gioia Tauro, vicino alle "famiglie" della Piana. Trimarchi venne pizzicato all'uscita dall'approdo con il suo furgone. Nel vano di carico aveva stipato nove borsoni con dentro 560 chili di cocaina da consegnare nelle mani dei boss.

Quanto basta per essere certi della presenza di un'organizzazione complessa di cui fanno parte le cosche, i loro intermediari in Sud America e una serie di broker che stanno in diversi Paesi europei. Il Procuratore di Palmi Giuseppe Creazzo, il Procuratore facente funzioni di Reggio Ottavio Sferlazza e l'aggiunto Michele Prestipino, che assieme ai vertici della Guardia di Finanza reggina hanno incontrato la stampa, spiegano che il porto di Gioia Tauro "è uno degli snodi più importanti al mondo per i traffici illeciti di sostanze stupefacenti, e non solo". Prestipino ha detto che "a prescindere dai sequestri che si stanno facendo, l'attività investigativa è volta a ricostruire la rete di narcotrafficanti attiva in diverse parti del mondo e dei fiancheggiatori di cui può godere". L'aggiunto ha sottolineato che "sequestrare la droga è importante, ma la produzione è talmente consistente che per riuscire ad incidere veramente sul fenomeno diventa sempre più importante colpire le organizzazioni nel loro complesso".

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