sabato 29 aprile 2017

Il lato oscuro del Made in Italy: l’export di armi va a gonfie vele


Raddoppiate le commesse: vendiamo ad Arabia, Kuwait e Qatar,

condannati dall’Onu


Il lato oscuro del Made in Italy: l’export di armi va a gonfie vele

In risposta agli strali di Papa Francesco contro “i trafficanti di armi che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne”, arriva in Parlamentola relazione governativa annuale che presenta con orgoglio il boomdell’export di armi italiane. Un business quasi raddoppiato nell’ultimo anno (14,6 miliardi di autorizzazioni rilasciate nel 2016 contro i 7,9 miliardi del 2015) e quasi sestuplicato negli ultimi due anni (era a 2,6 miliardi nel 2014). “L’Italia — si legge nel documento del ministero degli Esteri — è riuscita a uscire dalla crisi del settore” e, grazie alla “capacità di penetrazione e flessibilità dell’offerta nazionale”, risulta oggi a livello mondiale “terza per numero di Paesi di destinazione delle vendite dopo Usa e Francia” e “fra i primi 10 per valore delle esportazioni” salendo dal nona all’ottava posizione dietro Usa, Russia, Germania, Francia, Cina, Gran Bretagna e Israele.
“Il tono entusiastico di queste dichiarazioni – commenta Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il disarmo – sarebbe comprensibile se venissero da Confindustria-difesa o dall’Istituto per il commercio estero, lo sono meno se provengono dall’autorità di controllo che dovrebbe essere neutrale e limitarsi a vigilare sul rispetto della legge 185/90 che vieta la vendita di armi a Paesi in guerra. Come possiamo però fidarci di un arbitro che continua a fare il tifo per la diffusione della produzione armiera italiana nel mondo?”, chiede provocatoriamente Vignarca, osservando che, dato tale orientamento, non stupisce che il governo continui ad autorizzare la vendita di armi a Paesi belligeranti.
L’incremento delle autorizzazioni rilasciate nel corso del 2016 è infatti legato all’aumento delle forniture di armamenti made in Italy impiegati nella guerra in Yemen dalla coalizione a guida saudita, condannata dall’Onu per i bombardamenti aerei indiscriminati che hanno causato la morte di migliaia di civili. Parliamo dei 28 cacciabombardieri Typhoon prodotti dall’Alenia di Torino venduti per 7,3 miliardi al Kuwait (le cui forze aeree hanno condotto almeno 3 mila raid sullo Yemen), delle 22mila bombe aeree della Rwm Italia di Domusnovas vendute per mezzo miliardo alla Royal Saudi Air Force (che, come documentato da Human Rights Watch, le impiega massicciamente in Yemen) e degli armamenti vari venduti al Qatar(impegnato nel conflitto yemenita con truppe di terra) che nel 2016 ha decuplicato le commesse italiane.
Le forniture verso il Medio Oriente crescono di anno in anno, facendo di questa regione la principale area geopolitica di esportazione per l’industria bellica italiana con vendite per oltre 8,6 miliardi, pari a quasi il 60 per cento del totale. “Questo dato – commenta Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere di Brescia – conferma una tendenza allarmante nella politica italiana di esportazione di sistemi militari degli ultimi anni, che contribuisce ad alimentare i conflitti che insanguinano la regione mediorientale e a ingrossare i flussi di profughi e rifugiati verso l’Europa”.
Come in tutti i grossi affari, anche nella vendita di armi le banche giocano un ruolo di primo piano, con una novità rilevante segnalata nella relazione annuale. Se gli anni passati il business dell’intermediazione finanziaria era dominato dalle banche straniere (sopra tutte la tedesca Deutsche Bank e la francese Crédit Agricole), nel 2016 è tornata in testa l’italiana Unicredit con oltre il 27 per cento delle transazioni (era al 12 per cento nel 2015) e sono in rimonta anche le popolari (in particolare la bresciana Valsabbina al 5 per cento e la Popolare di Sondrio al 2 per cento), tra le quali merita segnalare il raddoppio del volume di affari bellici di Banca Etruria, dai 17 milioni del 2015 ai 31 milioni del 2016.

mercoledì 26 aprile 2017

Usa, “nella legge di bilancio niente fondi per il muro”. E un giudice blocca decreto contro città che proteggono i clandestini

I Democratici avevano minacciato di bloccare il disegno di legge, che va approvato entro venerdì, se il denaro fosse stato destinato alla recinzione anti migranti. Intanto un giudice federale di San Francisco ha emesso un'ingiunzione che ferma il taglio dei fondi alle cosiddette 'città santuario', comprese New York e Los Angeles, che riconoscono la residenza anche agli immigrati irregolari

Usa, Trump annuncia la riforma fiscale: “Aziende, taglio delle tasse dal 35 al 15%”




Il piano è stato presentato dal segretario al Tesoro, Steve Munchin, e da Gary Cohn, consigliere economico della presidenza: "Si tratta di uno dei maggiori tagli alle imposte della storia". Il provvedimento prevede l'abolizione della tassa sulla successione e di quella nata per assicurare che i più ricchi paghino un livello minimo di imposta. Ma non ci sono indicazioni precise sulle coperture
di  | 26 aprile 2017
Usa, Trump annuncia la riforma fiscale: “Aziende, taglio delle tasse dal 35 al 15%”

Ha voluto suggellare così i primi 100 giorni del suo mandato,Donald Trump, dopo le difficoltà incontrate nel mantenere buona parte delle promesse fatte in campagna elettorale. Con “il più grande taglio delle tasse nella storia degli Stati Uniti”. La Casa Bianca ha presentato la riforma fiscale annunciata dal presidente, basata soprattutto sui tagli della tassazione alle imprese, ma anche ai contribuenti, oltre che le imposte sui redditi sugli investimenti. L’annuncio è stato dato in una conferenza stampa dal segretario al Tesoro, Steve Mnuchin, e da Gary Cohn, consigliere economico della presidenza. E Wall Street è volata a livelli record, trascinando tutte le principali piazze europee.
Il piano prevede un maxi-regalo alle imprese che si spera favorisca una crescita tumultuosa dell’economia e dei posti di lavoro, ovvero una “enorme riduzione” dall'attuale 35% al 15% delle imposte sul reddito delle imprese. Il taglio varrà per tutte le società quotate in Borsa, grandi e piccole, comprese banche e fondi di investimento. Ma varrà anche per tutte le altre imprese, comprese quelle considerate a gestione familiare come l’impero immobiliare creato e gestito dalla famiglia Trump. Agevolazioni anche per le imprese che decidono di rimpatriare i guadagni fatti all’estero: le ipotesi vanno dall’abolizione della tassazione ad un calo dell’aliquota dal 35 al 10%. “Si tratta di uno dei maggiori tagli alle imposte della storia”, ha detto Mnuchin , insistendo sul fatto che queste misure possono comportare “un tasso di crescita economica annuale del 3% o maggiore”. “Abbiamo un’occasione per fare qualcosa di veramente grande”, ha commentato Cohn.
Il provvedimento contiene anche una forte riduzione delle imposte sulle persone fisiche e prevede l’abolizione della tassa sulla successione e di quella nata per assicurare che i più ricchi paghino un livello minimo di imposta. La proposta prevede poi una forte riduzione e semplificazione della tassazione sui redditi individuali, riducendo il numero delle fasce di reddito da sette a tre (10%, 25%, 35%) e raddoppiando le detrazioni fiscali. Zero tasse sui primi 24 mila dollari che una coppia guadagna.
La Casa Bianca non dà però indicazioni precise sulle coperture, con il timore di molti che la spregiudicata riforma possa peggiorare lo stato dei conti pubblici. Secondo diversi esperti il piano ridurrebbe le entrate federali e causerebbe un aumento del debito di trilioni di dollari nella prossima decade, facendo salire itassi d’interesse e rallentando l’economia. Per compensare i mancati introiti, lo staff economico del presidente sarebbe al lavoro per tagliare una serie di agevolazioni fiscali molto popolari in diversi Stati, tra le quali la detrazione sulla quale gli americani possono contare pagando separatamente le imposte locali e quelle federali, la cui eliminazione  – secondo i proponenti – permetterebbe alle casse federali di risparmiare oltre un trilione di dollari nei prossimi 10 anni.
I mercati al momento sembrano dare fiducia al presidente e, in attesa di verificare la bontà dell’ambizioso piano, brindano. Per gli analisti solo l’impatto della misura cardine della riforma – la riduzione dell’aliquota sulle imprese – non potrà che dare nuova linfa al rally di Wall Street che, dopo l’euforia seguita all’elezione di Trump, sembrava scemare. Del resto è bastato l’annuncio delle linee guida del progetto fiscale che il Dow Jones è tornato a un passo dal record, mentre il Nasdaq è schizzato ai massimi di sempre, superando i 6mila punti.
E se la rivoluzione fiscale era ampiamente annunciata, la vera chicca con cui Trump vorrebbe coronare il traguardo dei primi cento giorni è un’altra: l’annuncio dell’uscita degli Usa dal Nafta, la zona di libero scambio con Canada e Messico. I suoi uomini sono alle prese con un decreto che potrebbe vedere la luce nei prossimi due giorni. Un provvedimento che, più che ad un ritiro vero e proprio dall’accordo, punterebbe a forzare i tempi e i termini di una sua rinegoziazione.
E’ il modo scelto da Trump per suggellare la scadenza dei primi 100 giorni di mandato, dopo l’ennesimo boccone amaro ingoiato in seguito alla decisione di un giudice di San Francisco che ha bloccato temporaneamente il suo decreto per tagliare i fondi alle cosiddette “città santuario“, quelle che assicurano protezione a immigrati illegali e rifugiati: “Un vergognoso colpo alla legge” l’ha definita il presidente che, assicura, non fermerà la stretta sull’immigrazione.

martedì 25 aprile 2017

Vercelli, tensione alla corsa dei buoi di Caresana: animalisti contro la manifestazione. Intervengono le forze dell’ordine

Attimi di tensione prima della 781esma edizione della corsa dei buoi a Caresana (Vercelli). Un gruppo di manifestanti delFronte animalista e del Meta (Movimento etico tutela animali e ambiente) ha protestato all’inizio della corsa contro i presunti maltrattamenti che subirebbero le bestie durante la corsa. Ampio lo schieramento delle forze dell’ordine, che hanno contenuto le proteste.
La corsa è iniziata con qualche minuto di ritardo e ancora una volta il paese ha sciolto il voto fatto a San Giorgio oltre sette secoli fa. Tra gli animalisti era presente anche il biellese Valerio Vassallo. Un’altra corsa dei buoi si terrà il 14 maggio ad Asigliano

“Far correre i buoi è una forma intollerabile di coercizione, se non di tortura”. Lo sostiene Rinaldo Sidoli, responsabile nazionale Verdi diritti animali, che bolla la manifestazione come “una barbarie che sporca il nome di San Giorgio”, a cui è dedicata la tradizione.
        

“Gli animali vengono feriti con pungoli, e il sangue che si riversa per terra è il simbolo del loro dolore”, aggiunge Sidoli, unendosi alle proteste degli animalisti intervenuti oggi a Caresana, nel Vercellese.
Un’altra corsa dei buoi è prevista il 14 maggio ad Asigliano, sempre nel Vercellese. “Agiremo con tutte le nostre forze per porre fine a queste violenze sugli animali – annuncia -. Ci rivolgeremo ai Presidenti delle Regioni coinvolte e agli enti preposti alla tutela degli animali e al rispetto della normativa contro i maltrattamenti affinché vengano effettuati i necessari controlli prima, durante e dopo la corsa e siano individuati i colpevoli di eventuali trasgressioni. La magistratura – conclude – ha riconosciuto in passato l’esistenza di maltrattamenti ma non è riuscita mai a trovare i colpevoli, in una vicenda tutta italiana. È ancora in corso un procedimento penale”.