venerdì 9 dicembre 2011

Uno dei tanti evasori che ha messo in ginocchio l'Italia, dov'è la giustizia? ..è come sempre latitante, come latitanti sono coloro che dovrebbero controllare, corrotti o sovraimpegnati?


di Paolo Biondani

Negli ultimi 15 anni ha dichiarato dieci euro lordi. In tutto. Inclusi i redditi della moglie. Ma possiede 200 milioni di euro (all'estero) e diversi hotel a Verona. Ora l'hanno scoperto. Ma lui è tranquillo: «Finirà tutto in niente»
(08 dicembre 2011)
Giovanni Montresor
Aveva una montagna di soldi, almeno 201 milioni di euro, investiti in una meravigliosa società-cassaforte lussemburghese. E' conosciuto in tutta la provincia di Verona, ma anche a Venezia, Gorizia, Treviso o nell'Est Europa, come uno dei più ricchi possidenti veneti, sempre pronto a fare affari dispensando mazzi di contanti. A Bussolengo, il paesone dove è nato e cresciuto, ha potuto costruire uno stupefacente grattacielo rosa, che porta il nome della sua famiglia e svetta, in tutta la sua psichedelica grandiosità, su chilometri di case, campi e capannoni. Eppure dal 1996 al 2008 non ha mai presentato la denuncia dei redditi. Nel 2009 si è messo una mano sulla coscienza e si è fatto vivo per la prima volta con il fisco: ha dichiarato quattro euro. Nel 2010 si è sprecato: cinque euro lui, uno la moglie. Totale dei redditi lordi denunciati negli ultimi 15 anni: dieci euro in due. E adesso che è arrivata la Guardia di Finanza a sequestrargli 52 milioni e rotti, come si sente un italiano così? Disperato? Rovinato? "Ma che rovinato... Finirà tutto in niente. Come l'altra volta. Anche Tangentopoli per me era finita in niente: prosciolto da tutte le accuse".

Giovanni Montresor
, per gli amici "Lolo", 68 anni portati grintosamente, non è tipo da farsi spaventare. La sua cascina padronale, di fianco alla statale Verona-Brescia, ha uno scenografico vialone di cipressi e magnolie che è un varco obbligato. Mezzo chilometro di sterrato di sicurezza. La figlia lo avverte per telefonino che stanno arrivando i curiosi. Ma lui resta lì, in piedi, appoggiato alla cancellata in ferro, sguardo fiero e voce forte: "Non ho niente da nascondere". E le tasse mai pagate? "Balle. I redditi li hanno sempre dichiarati le mie società. Ne ho avute tante. Ma io come persona non dovevo dichiarare niente". E di cosa è vissuto, se le sue imprese non le hanno fatto guadagnare un soldo? "Glielo spiego. Se presto soldi a una mia società che poi me li restituisce, quello è reddito? No, è il rimborso di un prestito". Finanziamento soci? "Bravo". Ma su quell'affare incriminato, la vendita di terreni per 65 milioni davanti al mare di Eraclea, non avrebbe dovuto pagare almeno l'Iva? "Ascolti qua: i terreni erano di una mia società e sono passati in un fondo che è ancora mio. Quindi non c'è stata nessuna vendita. E nessuna plusvalenza da tassare". Plusvalenza è l'unica parola che Lolo non pronuncia in veneto stretto.

Plusvalenza è l'unica parola che Lolo non pronuncia in veneto stretto. Calzettoni di lana, ciabatte di gomma, maglione, mani sporche da lavoro pesante, il signor Montresor sta rubando tempo al suo hobby: alleva pecore e agnelli, da immolare in grigliate memorabili. Toccherà ai giudici, dopo tre gradi di processo, stabilire se abbia davvero commesso i reati fiscali per cui la Procura di Verona ha convinto il tribunale del riesame a etichettarlo come "evasore totale" di rara sfrontatezza.

Che sia colpevole o innocente, comunque la sua vita insegna molto sull'Italia di oggi. Prima lezione di economia reale: in molti comuni, anche al Nord, ci sono famiglie benestanti che tra gli anni '70 e '80 sono diventate di colpo ricchissime, con una facilità sospetta.

Di sicuro i "Loli", il soprannome che distingue la sua famiglia in una zona dove molti estranei hanno lo stesso cognome, hanno fatto i primi soldi con la carne: Giovanni lo rivendica con orgoglio. Il padre, Brunone Montresor, era proprietario dell'unico macello. "Grande uomo", lo ricorda il figlio: "Siamo arrivati a macellare 200 tori alla settimana". Tempi eroici, quelli. A vent'anni, diplomato ragioniere, Giovanni si vedeva mettere in mano rotoloni di banconote "per andare all'estero a comprare le bestie". Allora i "Loli" avevano solo un piccolo negozio a Bussolengo, ma vendevano all'ingrosso "soprattutto al Sud", ricorda un mediatore del posto. Il salto economico arriva con la speculazione edilizia. Brunone e i suoi tre figli cominciano a trasformare vecchi fabbricati, compreso il loro ex macello, in palazzoni di cemento e vetro. E a costruire alberghi di gusto assiro-babilonese.

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