Giovanni Conzo della Dda di Napoli: "Bisogna colpire l'area grigia del rapporto fra imprenditori e parlamentari". Il suo collega D'Onofrio: "Tra i figli dei camorristi c'è voglia di cambiare"
ROMA - "Il clan dei Casalesi non sarà davvero finito finchè non si colpirà quell'area grigia del rapporto tra imprenditori e politici che hanno favorito gli imprenditori in cambio di voti. Politici che sono stati al governo del nostro Paese, che siedono sui più alti scranni del Parlamento". Lo ha detto Giovanni Conzo, pm della Dda di Napoli che si occupa delle inchieste sui Casalesi, dopo aver assistito a Roma allo spettacolo teatrale "Toghe rosso sangue" sui magistrati uccisi dalle mafie e dal terrorismo.Conzo ha ricordato che circa un mese e mezzo fa "un collaboratore di giustizia mi ha riferito che gli erano stati offerti 500 mila euro, poi portati a un milione, dall'emissario di un imprenditore dei rifiuti, per uccidere un mio collega, Alessandro Milita, il pm che aveva chiesto l'arresto di Nicola Cosentino".
Ancora, il magistrato ha affermato che "i collaboratori di giustizia hanno confessato che nel 1994 avevano avuto indicazioni per votare un certo partito" e che "effettivamente nel 1995 fu poi fatto un decreto svuota-carceri, grazie al quale molti detenuti furono messi agli arresti domiciliari. Tra questi era anche Michele Zagaria (il boss catturato nei giorni scorsi, ndr), che si è poi reso latitante fino a pochi giorni fa".
Ma il suo collega Vincenzo D'Onofrio apre una porta all'ottimismo. "A Napoli - ha spiegato il giudice della Dda - così come nel resto della Campania, ma anche in Calabria, c'è una gioventù che vuole parlare.
L'unico strumento che i mafiosi non sanno fronteggiare è la parola: loro ricorrono alle armi e alla corruzione, la loro forza è il silenzio". "Ma ora - ha aggiunto - soffia un vento diverso, io lo vedo nelle scuole dove andiamo a parlare, nei dibattiti: i figli di queste persone hanno voglia di cambiare le cose".
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