sabato 7 dicembre 2013

Povera Italia: Il popolo ringrazia i suoi politici e governatori meschini e miserabili...

"Oltre diciotto milioni di italiani sono a rischio povertà. E` quanto emerge dagli ultimi dati Eurostat. Nel nostro Paese il 29,9% è sulla soglia della miseria, di peggio - nell`eurozona- c`è solo la Grecia in cui il 34,6% dei cittadini è indigente. Dall`inizio della crisi a oggi, il potere d`acquisto delle famiglie italiane è crollato. I dati dell`istituto statistico europeo dicono che dal 2008 al 2012 si è ridotto del 9,4%. Tra i requisiti per rientrare nella soglia di rischio povertà c`è: vivere in una famiglia con un reddito inferiore al 60% del reddito medio del Paese di riferimento, avere "forti mancanze materiali", ossia non possedere risparmi per pagare spese impreviste, non poter mangiare con regolarità carne e proteine affini, non poter riscaldare la casa, non avere una macchina e vivere in una famiglia con una bassa intensità di lavoro. 

L'anno scorso a rischio di esclusione sociale c'erano 18,2 milioni di persone e nel 2013 l'andamento economico non è certo migliorato. Nella zona euro l'Italia è tristemente in testa rispetto agli altri paesi che vanno meglio: in Spagna è il 28,2%, in Portogallo il 25,3%, Cipro ha il 27,1%, in Estonia è al 23,4%. Per trovare dati peggiori dell'Italia e della Grecia, bisogna andare ai Paesi fuori della zona euro: Bulgaria (49,3%), Romania (41,7%), Lettonia (36,5%), Croazia (32,3%)." da un articolo di Enza Loddo

lunedì 25 novembre 2013

Berlusconi tenta l'ultima difesa: "Ho sette nuove testimonianze per rivedere il processo". E scrive ai senatori Pd e M5S



Il Cavaliere torna all'attacco e in una conferenza stampa illustra i documenti Usa che secondo lui lo scagionerebbero. "Non prevedo scappatoie straniere". Lettera ai due partiti: "Rinvio del voto o ve ne pentirete coi vostri figli". Zanda: "Confermato per il 27". Per il Pd l'ex premier "è un pericolo per le istituzioni"
Berlusconi tenta l'ultima difesa: "Ho sette nuove testimonianze per rivedere il processo". E scrive ai senatori Pd e M5S
ROMA - Nella settimana decisiva per la sua decadenza da senatore e dopo lo scontro durissimo con il Colle, Silvio Berlusconi prova l'ultima, affannosa difesa. E in un'affollata conferenza stampa nella nuova sede di Forza Italia illustra le famose 'carte americane' che secondo lui dovrebbero cambiare la storia del processo Mediaset per cui è stato condannato in via definitiva a 4 anni per frode fiscale. I documenti consistono in un'intercettazione e un accertamento del fisco Usa sull'ex socio occulto Frank Agrama. "Contiamo di avere 12 testimonianze - spiega Berlusconi ai giornalisti - di cui più della metà, credo 7, completamente nuove" per avanzare la richiesta di revisione del processo presso la Corte d'appello di Brescia.

La lettera-appello a Pd e M5S. Berlusconi torna poi a lamentarsi per le "violazioni di ogni principio legale" che hanno permesso "che sia stato fissato per mercoledì il voto in aula" sulla sua decadenza. E legge il testo di una lettera-appello rivolta ai senatori del Pd e del M5S, chiedendo loro di rimandare il voto: "Noi siamo avversari politici - è l'incipit - ma non deve venire meno il rispetto reciproco. Prima di prendere una decisione valutate attentamente le nuove prove, testimonianze e documenti che sono arrivati dopo la sentenza della Cassazione. Stiamo aspettando altre carte da Hong Kong, dalla Svizzera e dall'Irlanda che smontano completamente la tesi accusatoria costruita nei miei confronti".


Non scappo via dall'Italia. "Non prevedo scappatoie straniere", afferma poi il Cavaliere rispondendo a chi gli chiede se accetterebbe un passaporto diplomatico da Vladimir Putin per lasciare l'Italia. "Nemmeno per sogno - replica - Non ho mai avuto proposte, né le ho cercate, da questo tipo né dalla Russia né dagli altri Paesi. Non cerchiamo scappatoie. Ho sempre dimostrato un grande amore per il mio Paese, ho qui tutto".

Nessun patto con Napolitano. Il Cavaliere assicura poi che non c'è stato nessun patto con il Capo dello Stato per ottenere un salvacondotto: "Non solo non c'è stato nessun patto, soprattutto rispetto a un salvacondotto, ma non c'è stata contrattazione alcuna". E a chi gli chiede se rivoterebbe Napolitano, risponde: "Non faccio nessuna valutazione".

L'attacco ai giudici. Non poteva mancare un nuovo affondo contro la magistratura e, in particolare, contro i giudici di Magistratura democratica: "Posso ben dire - afferma Berlusconi -  che nessun giudice può cambiare sede, ruolo e fare carriera se non c'è un accordo con Magistratura Democratica". Per il Cavaliere, ormai, "la magistratura è un contropotere che va sopra il potere legislativo ed esecutivo". E torna sulla necessità di una riforma della giustizia per garantire una piena democrazia: "La revisione del sistema giudiziario è una necessità per garantire la libertà dei cittadini e la democrazia, che oggi è dimezzata".

Io, cittadino esemplare. Così si definisce il leader di Forza Italia chiudendo la conferenza stampa: "Andrò fino in fondo con la revisione del processo e con il ricorso alla corte europea dei diritti dell'uomo: devo uscire da questo attacco per quello che sono, un cittadino esemplare che ha sempre pagato le tasse e ne ha pagate tante dando un contributo positivo ai suoi cittadini e al suo paese".

Zanda: confermato voto su decadenza il 27. Durissime le reazioni, del Pd e anche del M5S. Intanto, il capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Luigi Zanda, ha riferito che il presidente del Senato Pietro Grasso ha confermato il voto del senato sulla decadenza per dopodomani, mercoledì 27 novembre. Mentre manca l'intesa l'intesa sul calendario dei lavori per quanto riguarda la legge di Stabilità. Per mettere a punto il nuovo ordine dei lavori domani mattina sarà convocata una nuova conferenza dei capigruppo del Senato. Le due questioni - stabilità e decadenza - sono interconnesse: se non si trova l'accordo sulla stabilità il voto sulla decadenza potrebbe essere compromesso. E a chi gli chiede se Forza italia voterà contro la fiducia sulla legge di stabilità, Berlusconi risponde: "Alle 19 abbiamo un incontro tra i gruppi parlamentari di Forza Italia per decidere che cosa fare".

"E' golpe". Questa mattina Berlusconi era tornato all'attacco dai microfoni di "Prima di tutto" su Radio 1 con un linguaggio durissimo. "Io non vedo come si possa chiamare in modo diverso da colpo di Stato  - ha detto il Cavaliere - quello che sta succedendo ad opera della sinistra in Parlamento. Partendo da una sentenza politica, che ho definito criminale, e che punta a sottrarre al centro-destra il leader capace di vincere le elezioni, spianando così la strada alla conquista definitiva del potere da parte loro. Quindi io credo che la realtà valga su tutto, prevalga su qualunque opinione ed espressione".

Il Pd: deriva eversiva. "Oramai Berlusconi è andato oltre l'ammissibile: la sua è una deriva eversiva e costituisce un pericolo per le istituzioni", ha commentato a caldo Danilo Leva, responsabile giustizia del Pd, che aggiunge: "Ci rispecchiamo totalmente nelle parole del Capo dello stato, nel suo invito fermo e sicuro sulla necessità del rispetto della legalità da parte di ciascuno cittadino, quale bene supremo per la tenuta del nostro stato di diritto".

Critiche anche da Ncd. Alfano ha annunciato ieri che il suo partito non parteciperà il 27 alla manifestazione di Forza Italia davanti a Palazzo Grazioli contro la decadenza. E oggi Roberto Formigoni, senatore di Ncd, ha criticato le espressioni del Cavaliere che "non sono condivisibili, solo comprensibili alla luce di una giustificata esasperazione di Berlusconi che si sente colpito da profonda ingiustizia e ha tutti i motivi per rivendicare la sua innocenza". Il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, anche lui passato a Ncd, precisa: "Noi siamo per la grazia, ma evidentemente certi toni, certi insulti dell'ultimo mese-mese e mezzo - e non è un caso che abbiamo fatto la nostra scelta - non aiutano".

sabato 23 novembre 2013

Processo Trattativa, Riina: “Questi cornuti portano pure Napolitano”

Nel carcere di Opera il Capo dei capi, intercettato, parla con un boss della Sacra corona unita e tocca vari argomenti. Minacce contro i pm di Palermo: "Gli macinerei le ossa". E torna sugli attentati a Rocco Chinnici e a Giovanni Falcone: "Gli ho fatto fare la fine del tonno”

Processo Trattativa, Riina: “Questi cornuti portano pure Napolitano”
Questi cornuti… (i pm di Palermo, ndr), se fossi fuori gli macinerei le ossa”. Totò Riina si guarda intorno, volta le spalle ai sorveglianti, si piega verso il suo interlocutore, poi bisbiglia: “Sono stati capaci di portarsi pure Napolitano”. Il boss è seduto su una panchina: accanto a lui c’è Alberto Lorusso, personaggio di spicco della Sacra corona unita, la mafia pugliese, un uomo rispettoso che sa ascoltare. Lorusso tace, Riina parla: “Berlusconi? A quello carcere non gliene fanno fare… Ci vuole solo che gli concedano la grazia”. E poi: “Io sono sempre stato un potentoso… e se fossi libero, saprei cosa fare, non perderei un minuto”.
L’immagine catturata dalla micro-telecamera nascosta è nitida e la voce registrata dalle cimici piazzate nel cortile del carcere di Opera arriva agli uomini della Dia forte e chiara: dopo vent’anni trascorsi in carcere al 41-bis, nel più assoluto silenzio, il capo dei capi non si trattiene più. La sua camera di decompressione, il suo sfogatoio, è l’ora d’aria: ricorda, commenta, si sfoga, chiacchiera a ruota libera di Berlusconi, cita Napolitano, critica il suo complice Bernardo Provenzano, giudicandolo poco coraggioso, e per la prima volta rivendica la piena paternità delle stragi di Capaci e via D’Amelio, gonfiandosi d’orgoglio: “Quello venne per i tonni – dice alludendo a Falcone che nel maggio del ’92 era stato invitato a Favignana ad assistere alla mattanza – e gli ho fatto fare la fine del tonno”.
“Che bella la mia stagione delle stragi”
Riina “il purosangue” (così lo ha definito il pentito Nino Giuffrè, alludendo alla sua fama di irriducibile all’interno di Cosa Nostra) perde l’autocontrollo che sfoggia nelle aule giudiziarie e appare come un fiume in piena, vomitando tutta la sua rabbia per il processo sulla trattativa Stato-mafia. Dice: “Mi fa impazzire”. E ancora: “Questi pm mi fanno impazzire”. Ce l’ha in particolare con Nino Di Matteo: “Ma che vuole questo? Perché mi guarda? A questo devo fargli fare la fine degli altri”. Di Matteo è il suo chiodo fisso. È uno che “fa parlare i pentiti, gli tira le cose di bocca”, uno “troppo accanito”.
È una svolta epocale. Per la prima volta, i pm di Palermo e gli investigatori della Dia ascoltano in presa diretta la storia di un ventennio di stragi attraverso i ricordi dello stratega mafioso più sfrenato. Quando parla di Rocco Chinnici, il magistrato assassinato con un’autobomba in via Pipitone Federico nel luglio dell’83, Riina è compiaciuto: “A quello l’ho fatto volare in aria, saltò in aria e poi tornò per terra, fece un volo”. Quando parla di Falcone e Borsellino, quasi si commuove al pensiero di quanto fosse gloriosa quella stagione di sangue. “Io sono sempre stato un potentoso, deciso, non ho mai perso tempo”. Il pugliese Lorusso, a questo punto, lo lusinga: “Che bella stagione quella, peccato che sia finita”. E Riina: “Se fossi fuori, non starei a perdere tempo, a questi cornuti gli macinerei le ossa”.
“Dovevamo continuare con le bombe in Sicilia”
I magistrati della procura palermitana hanno raccolto centinaia di pagine di trascrizioni, e altre decine di ore di conversazioni non sono state ancora trascritte. Riina si descrive come il capo assoluto dell’organizzazione che ha sfidato lo Stato. Con il rammarico, persino, di non aver potuto proseguire i piani sanguinari, stoppati il 15 gennaio ’93 dall’arresto sulla Circonvallazione di Palermo. E se avesse potuto, avrebbe continuato a colpire in Sicilia: “Io avrei continuato a fare stragi in Sicilia, piuttosto che queste cose in Continente, cose ambigue… dovevamo continuare qui”. Lo stragismo, insomma, è il suo pallino. E Riina, depositario di tutti i segreti, parlando con Lorusso, fa capire che ci sono alcuni “misteri fittissimi”, che riguardano soprattutto la strage di Capaci: “Queste cose i picciotti di Cosa Nostra non dovranno saperle mai”. Alcuni di questi misteri Riina dice di averli condivisi solo con un altro uomo d’onore, il boss poi pentito Totò Cancemi, il capo-mandamento di Porta Nuova che prese il posto di Pippo Calò, il “cassiere” della mafia, morto nel 2011.
L’assenso dal 41-bis per un attentato a Di Matteo
Sono intercettazioni che per la prima volta hanno monitorato tutte le esternazioni del boss in ogni momento della sua vita carceraria: dai colloqui con i familiari, dove Riina è sempre perfettamente vigile e auto-controllato, alla cosiddetta socialità, che si svolge in un ambiente interno del carcere, dove resta prudente, e si rivolge a Lorusso solo per parlare di calcio e di argomenti “neutri”. Ma quando arriva l’ora d’aria, il momento di maggiore libertà di un detenuto al 41-bis, che si svolge all’aperto e regala l’illusione di essere irraggiungibile da occhi e orecchie indiscreti, si assiste – secondo gli analisti dell’intelligence antimafia – all’incredibile metamorfosi del capo dei capi. Riina esce sul cortile a fianco del pugliese, si allontana con lui fino a spostarsi nell’angolo più distante dal portico dove stazionano i sorveglianti, si siede sulla panchina, si guarda intorno e alle spalle, e poi abbassando la voce comincia a discutere liberamente, elaborando le sue analisi, commentando le notizie apprese in tv, o semplicemente abbandonandosi ai ricordi. La sua voce si abbassa fino al bisbiglio, ma le cimici piazzate con grande perizia dagli uomini della Dia captano, sullo sfondo del cinguettio degli uccelli, ogni sussurro del boss. L’idea di intercettare Riina, nella primavera scorsa, viene dall’anonimo che con una lettera avverte la Procura di Palermo che Riina dal carcere, attraverso il figlio, ha dato l’assenso a un attentato contro il pm Nino Di Matteo: il Corvo, secondo gli inquirenti che ne hanno tracciato il profilo psicologico, è probabilmente un uomo delle istituzioni. A giugno, in coincidenza con l’avvio del processo sulla trattativa, i pm chiedono di piazzare microspie e telecamere nel carcere di Opera per scoprire se Riina reagisce con qualche commento interessante. La risposta è superiore a ogni aspettativa.
Una chiamata alle armi per i picciotti?
Sono messaggi o è la voce della rabbia covata in carcere per venti anni? L’analisi in queste ore ruota attorno a questa domanda: le conversazioni intercettate – fanno notare gli investigatori – sembrano rivelare per la prima volta i lati più oscuri della personalità del capo della mafia stragista. Per questo l’improvvisa loquacità del superboss in questo momento per gli 007 antimafia è un’autentica sciarada. Perché Riina parla tanto? Facile leggere le esternazioni del super-boss come una “chiamata alle armi”. La prima, e la più immediata lettura è quella di un messaggio rivolto alla manovalanza mafiosa in libertà, perché si attivi e metta in pratica le minacce a Di Matteo e ai pm della trattativa. Una lettura corretta dal procuratore Francesco Messineo secondo cui le dichiarazioni bellicose di Riina potrebbero fornire copertura a eventuali entità esterne a Cosa Nostra, fornendo – così ha detto Messineo – “l’alibi perfetto” per una nuova azione violenta a Palermo. Ma perché, si domandano gli inquirenti, il boss dovrebbe prestarsi a una simile messinscena? È possibile – è un’altra tesi diffusa tra chi indaga – che Riina parli spontaneamente, senza sapere di essere intercettato. E che le sue dichiarazioni siano assolutamente genuine. Ma perché il processo sulla trattativa, che fino a questo momento non ha fatto emergere nulla di particolare nei suoi confronti, lo fa “impazzire”?
Il ruolo del mafioso nella Trattativa Stato-mafia
Una risposta possibile riguarda gli sviluppi futuri dell’indagine: secondo chi indaga, Riina forse teme che prima o poi dall’aula bunker possa venire fuori qualcosa che provi pienamente la sua collaborazione con parti deviate dello Stato, che avrebbero usato lui e Cosa Nostra per portare avanti la strategia della tensione; e che alla fine avrebbero distrutto l’organizzazione mafiosa, uscita devastata dalla stagione delle stragi. Oggi, insomma, il boss, potrebbe avere paura: il processo sulla trattativa, fanno notare gli inquirenti, è per lui come “una spada di Damocle”. Perché se alla fine il processo proverà che Riina ha trattato, che si è fatto utilizzare, che ha esposto i suoi soldati alla rovina, la sua fama di “purosangue” sarebbe definitivamente oscurata. Con una grave perdita di prestigio tra gli affiliati di Cosa Nostra.
Di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza
Da Il Fatto Quotidiano del 23 novembre 2013

venerdì 8 novembre 2013

Stato-mafia, il pentito Onorato: «Dalla Chiesa ammazzato su ordine di Craxi e Andreotti»






PALERMO - «I politici a Riina prima gli hanno fatto fare le cose, poi l'hanno mollato. Prima ci hanno fatto ammazzare Dalla Chiesa i signori Craxi e Andreotti che si sentivano il fiato addosso. Poi nel momento in cui l'opinione pubblica è scesa in piazza i politici si sono andati a nascondere. Per questo Riina ha ragione ad accusare lo Stato». Lo ha detto il pentito Francesco Onorato deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia.

Onorato nella sua deposizione aggiunge che Totò Riina voleva assassinare anche Andreotti e suo figlio. Se ne dovevano interessare i capimafia Graviano a Roma, «ma ci furono problemi perchè gli fu rinforzata la scorta».

L'attentato a Falcone. «Furono i politici a farci mettere in giro la voce che la bomba all'Addaura se la mise da solo il giudice Falcone. Lo volevano fare passare per un bugiardo, per indebolirlo. Era una pressione fatta dai politici a Cosa nostra». Lo ha detto il pentito di mafia Francesco Onorato, parlando del fallito attentato all'Addaura nella villa al mare del giudice Giovanni Falcone, 21 giugno 1989. «La misi io quella bomba - dice ancora Onorato - e quando abbiamo fatto l’attentato all’Addaura, abbiamo messo in giro la voce che la bomba se l’era messa Giovanni Falcone da solo, per farlo diventare un biguardo, una persona di poco conto. E Salvatore Biondino Biondino mi disse che questa era una pressione fatta dai politici. Si doveva vergonare Falcone che si metteva le bombe, in modo da farlo diventare debole». Poi ha ribadito che il boss Salvatore «Riina prima era contento di avere tutte queste amicizie di politici, dai Salvo, ai Gioia, e altri i politici, poi aveva trovato altri canali».

Finanziamento a Martelli. «Martelli l'abbiamo fatto diventare ministro. Abbiamo investito anche 200 milioni per finanziarlo e portarlo a diventare ministro della Giustizia perchè si diceva che avrebbe fatto uscire i mafiosi dal carcere». Lo ha sostenuto il pentito Francesco Onorato deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia. Dopo il maxi-processo Claudio Martelli era nella lista dei personaggi da eliminare con politici come Salvo Lima, Giulio Andreotti, Carlo Vizzini e Calogero Mannino e imprenditori come Ferruzzi e Gardini.

giovedì 7 novembre 2013

Atac, fondo nero per finanziare la politica? Marino: Prendere colpevoli e buttare chiave

Atac, fondo nero per finanziare la politica? Marino: Prendere colpevoli e buttare chiave
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Sul presunto sistema di contraffazione dei ticket. Fonti e documenti interni all'azienda indicano l'esistenza di una doppia contabilità. E' stata convocata la prima protesta contro l'Atac per domani, venerdì 8 novembre dalle 11 alle 14 in via Prenestina
"Lo dico con molta chiarezza: se le parole pubblicate oggi sul quotidiano 'La Repubblica' sono vere spero che se ci sono colpevoli, di qualsiasi partito e forza politica, vengano arrestati e buttata la chiave". Un commento breve ma incisivo, quello del sindaco di Roma, Ignazio Marino, sul presunto sistema di contraffazione dei biglietti Atac per destinare gli introiti alla politica.

L'INCHIESTA: TICKET CLONATI IN UN BUNKER SEGRETO

La storia comincia nella primavera di cinque anni fa: la più grande azienda di trasporto pubblico locale in Italia e una delle più grandi in Europa, l'Atac, è il perno di un Sistema che, da dieci anni almeno, finanzia la politica a Roma. Fonti e documenti interni all'Azienda indicano l'esistenza di una doppia contabilità cresciuta all'ombra di una truffa di cui Atac è oggettivamente vittima, ma, si scopre ora, anche architetto. La Procura di Roma e la Guardia di Finanza, da tempo, indagano sull'azienda e, nel marzo scorso, hanno notificato tre avvisi di garanzia per una vicenda nota come "la truffa dei biglietti clonati". Un flusso incontrollato di "titoli di viaggio" falsi, stampati da Atac e girati ai rivenditori ufficiali, consentirebbe infatti di accantonare fuori bilancio circa 70 milioni di euro all'anno. Di questa truffa la Finanza e la Procura avevano sin qui svelato l'esistenza, ma ignoti ne restavano gli artefici e i beneficiari.

Intanto dopo l'inchiesta di Repubblica è stata convocata la prima protesta contro l'Atac per domani, venerdì 8 novembre dalle 11 alle 14 in via Prenestina. Tutte le info sulla pagina fb "Roma non paga l'Atac" e su twitter con l'hashtag #scioperoatac.

Per rilanciare l'azienda capitolina dei trasporti, dopo anche la protesta degli autisti di ieri in Campidoglio, Marino ha osservato: "Atac è in un deficit drammatico: negli ultimi anni, invece di assumere personalità che col loro lavoro aiutano a far circolare il trasporto, ha assunto solo sul settore amministrativo con funzioni dirigenziali. In tutto ciò, ogni mattina metà delle vetture resta ferma per mancanza di risorse. Ho proposto una revisione degli accordi salariali, ad esempio, perché non è possibile che tutti i dirigenti abbiano stipendi che superino i 200mila euro: entro il 2014 vi sarà un taglio del 15% per avere una razionalizzaizone generale delle spese".

Intanto, nella serata di giovedì la Procura, che nei giorni scorsi ha chiesto 15 rinvii a giudizio a conclusione di un'inchiesta sulla falsificazione di biglietti Atac, ha aperto un nuovo fascicolo contro ignoti per clonazione di biglietti della stessa azienda. L'ipotesi di reato sono il falso e la truffa.

La prima indagine,

cominciata nel 2011 e in cui l'Atac è parte lesa, era stata affidata come la seconda al pubblico ministero Alberto Pioletti e si riferisce alla falsificazione dei ticket non stampati nei normali circuiti dell'azienda. Le indagini affidate alla Guardia di finanza avevano portato alla scoperta di un accordo illecito tra dipendenti infedeli e alcuni rivenditori facendo ipotizzare i reati di appropriazione indebita e falsificazione di biglietti di pubblico trasporto.

La Bce anticipa i tempi e taglia i tassi. Draghi: "Inflazione bassa a lungo"

L'Eurotower non interveniva dal maggio scorso ed è al quarto taglio del costo del denaro sotto la presidenza di Draghi. In seno al board della Bce vince la volontà di contenere il rischio deflazione e di contrastare il rafforzamento dell'euro

MILANO -  La Bce taglia il costo del denaro al minimo storico, intervenendo di nuovo dopo la variazione del 2 maggio scorso, quando i tassi furono portati allo 0,5%. Oggi la Banca centrale europea, guidata da Mario Draghi, ha nuovamente tagliato il tasso riferimento di un quarto di punto allo 0,25%. Il "refi" - il tasso di rifinanziamento pronti contro termine - aggiorna così il minimo storico, mentre il tasso sui depositi resta fermo a quota zero e il tasso marginale cala dello 0,25%, allo 0,75%. Immediata la reazione dei mercati finanziari, con i listini - incerti fino all'annuncio dell'Eurotower - che accelerano al rialzo, mentre lo spread tra Btp e Bund tedeschi si restringe e l'euro perde terreno nei confronti del dollaro toccando i minimi da 7 settimane: la moneta unica viene scambiata a quota 1,33 dollari.

Motivando la decisione del taglio, Draghi ha spiegato che le stime dell'Eurotower sono "per un prolungato periodo di bassa inflazione" e altrettanto "prolungato" sarà il periodo per il quale i tassi resteranno bassi, senza escludere il fatto che potrebbero scendere ancora. Proprio questo l'andamento dei prezzi, cresciuti solo dello 0,7% annuo nella rilevazione di ottobre, è ben lontano dal target che l'Eurotower deve mantenere (inflazione poco sotto il 2%). Ciò ha diffuso lo
spettro di una deflazione per il Vecchio Continente, che insieme alla stentata ripresa economica ha giocato un ruolo decisivo nella scelta della Bce.

A favore di un intervento ha giocato anche la quotazione della moneta unica, che recentemente si è rafforzata fino a quota 1,38 nei confronti del dollaro. Livelli che certo non favoriscono le aziende esportatrici, unico appiglio per la ripresa del Vecchio Continente di fronte a un mercato interno pesantemente indebolito. Contro il taglio del costo del denaro, per altro, si sono sempre schierati i tedeschi che temono un impatto negativo sui rendimenti dei loro fondi pensione. Non è un caso che l'associazione delle banche tedesche abbia commentato immediatamente la notizia sottolineando che "avrà un basso effetto sull'economia". Sotto la presidenza di Draghi, l'Eurotower è alla quarta sforbiciata dei tassi.

Come notano gli analisti di Ig Markets, commentando a caldo le decisioni di Francoforte, la fretta mostrata dalla Bce rispetto alla aspettative sposta ora l'attenzione sulla possibilità di nuove operazioni straordinarie, come le due aste di liquidità Ltro già fatte a cavallo tra 2011 e 2012: "Ci aspettiamo una nuova Ltro nel primo trimestre dell'anno, che in qualche modo possa avere un effetto più diretto sull'economia reale. Il taglio dei tassi infatti rimane per lo più un operazione 'civetta', con una forte valenze simbolica".

Trattativa, il j'accuse del pentito Onorato "Dalla Chiesa ucciso per ordine di Andreotti-Craxi"



La Procura chiama a testimoniare il collaboratore Francesco Onorato sull'omicidio dell'eurodeputato Dc Salvo Lima, che il killer racconta nei dettagli. Il suo atto d'accusa prima di deporre.  "Andreotti e il figlio dovevano essere uccisi a Roma dai fratelli Graviano". Non ancora arrivata alla corte d'assise la lettera del presidente della Repubblica a proposito della sua citazione al processo. Dal Quirinale si apprende che la lettera è stata spedita giovedì
Non voleva deporre Francesco Onorato, uno dei killer di Salvo Lima oggi collaboratore di giustizia. "Mi sento solo e abbandonato dallo Stato", questo il suo sfogo: "Dal 1996 depongo nei processi e non mi sono mai lamentato, ma adesso non ce la faccio più". Nonostante le sue resistenze, il pentito ha poi iniziato a rispondere alle domande del pm Nino Di Matteo.

"Facevo parte del gruppo di fuoco della commissione", ha spiegato Onorato. "Il gruppo di fuoco è come la nazionale, Totò Riina prendeva gli elementi più validi delle varie famiglie".

In apertura di udienza, il presidente della Corte ha informato che la lettera annunciata dal Quirinale nei giorni scorsi non è ancora arrivata al collegio.
Il giudice Alfredo Montalto si riserva "allorchè la lettera perverrà, di esaminarla e ove il contenuto sia rilevante per il processo metterla successivamente a disposizione delle parti per le eventuali rispettive valutazioni e determinazioni".

Nelle scorse settimane, la Corte di Palermo aveva autorizzato la citazione del presidente Napolitano al processo Trattativa, così come chiesto dai pubblici ministeri. Ma nei limiti posti dalla sentenza della Corte Costituzionale. Nella sua lettera, Napolitano ha espresso la sua disponibilità a deporre, anticipando però "i limiti delle conoscenze sull'argomento", ma anche alcune riserve sulla "costituzionalità dell'articolo 205 del codice di procedura penale", quello che prevede la deposizione del Capo dello Stato.

Fonti del Quirinale informano che la lettera indirizzata al presidente della Corte d'assise di Palermo è partita con una raccomandata giovedì, intorno alle 18.30, contemporaneamente al comunicato del Colle.

La deposizione di Onorato

L'ex killer di Cosa nostra racconta dell'avvio della strategia stragista disposta da Totò Riina dopo la sentenza del maxiprocesso: "Nella lista delle persone da uccidere, come seppi da Salvatore Biondino, l'ambasciatore della commissione, c'erano Lima, Andreotti e suo figlio, gli ex ministri Mannino, Vizzini, ma anche Martelli. Siamo stati noi a far eleggere Martelli come ministro della Giustizia: nel 1987 avevamo finanziato la sua campagna elettorale con 200 milioni di lire. E poi mantenne le promesse, perché fece dare gli arresti ospedalieri ad alcuni mafiosi".

Onorato è un fiume in piena: "Quando Riina accusa lo Stato nelle sue interviste ha ragione. Prima gli hanno fatto fare tanti omicidi, e adesso stanno pagando solo i mafiosi. Prenda il caso Dalla Chiesa: cosa interessava ai mafiosi ammazzarlo. Sono stati Craxi e Andreotti a chiederlo ai mafiosi, perché si sentivano il fiato sul collo. Poi, anche l'omicidio Mattarella, voluto da altri politici". Il collaboratore dice: "Non è mai esistita una trattativa fra mafia e Stato, c'è sempre stata una convivenza fra la mafia e lo Stato". E poi racconta nei dettagli l'omicidio Lima, di cui è stato l'esecutore materiale.

Nel 1992, nel mirino c'era anche  l'allora capo della squadra mobile Arnaldo La Barbera: "Io stesso - dice Onorato - fui incaricato di pedinarlo all'hotel Perla del Golfo, dopo l'omicidio Lima".

Secondo il racconto di Onorato, Andreotti e suo figlio dovevano essere uccisi a Roma: "Se ne dovevano occupare i fratelli Graviano. Riina era davvero adirato dopo la sentenza del maxiprocesso: voleva morti tutti i politici".

Rispondendo alle domande dei pm Di Matteo, Teresi e Del Bene, Onorato ricorda anche una convocazione dei politici fatta da Cosa nostra: "Dopo il maxiprocesso, Riina convocò alla Perla del Golfo Lima, Mannino, Vizzini, i Salvo. Seppi da Biondino che Lima aveva dato buca".
 

Rapporto scienziati svizzeri, "Arafat avvelenato da polonio"

Le conclusioni degli esami sugli oggetti appartenuti al leader palestinese deceduto in Francia nel 2004. L'Olp chiede un'inchiesta. Israele: una telenovela
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ROMA - Yasser Arafat è morto con tutta probabilità per un avvelenamento da polonio. E' quanto emerge nelle conclusioni degli esami effettuati dagli scienziati svizzeri, che hanno esaminato alcuni oggetti appartenuti al leader palestinese, consegnate ai palestinesi e rese note dall'emittente al-Jazeera. "I nuovi esami tossicologici e radio-tossicologici hanno mostrato inaspettati alti livielli di polonio-210 e piombo-210 in molti dei campioni analizzati", si legge nel rapporto di 108 pagine firmato da 10 esperti dell'università di Losanna.

"Non avevo alcun dubbio sul fatto che fosse stato avvelenato - ha detto Nabil Shaat dell'Olp, commentando la notizia - .Prima era stato accennato ora ne abbiamo le conferme". Shaat ha poi invocato un'inchiesta per stabilire "come e chi lo abbia avvelenato": "E' stato ucciso - ha aggiunto - da chi lo voleva morto".

Il governo israeliano ha definito una "telenovela" l'inchiesta. "Non ha niente a che vedere con Israele, nè ha la minima credibilità. Quest'altro episodio dell'interminabile telenovela tra Suha Arafat e l'Autorità nazionale palestinese", ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri Igal Palmor.

Arafat è morto in Francia l'11 novembre del 2004, ma i dottori non furono in grado di stabilire le cause del decesso. All'epoca, su richiesta della moglie, non venne effettuata l'autopsia, ma nel novembre del 2012 i suoi resti sono stati riesumati nel sospetto che il leader palestinese sia stato ucciso dal polonio come la ex spia russa Alexander Litvinenko nel 2006.

Il mese scorso anche un rapporto di otto scienziati dell'istituto universitario specializzato di Losanna aveva confermato di aver trovato alte tracce di polonio nei vestiti usati da Arafat.

Il polonio 210 è uno dei killer più potenti in natura, e agisce già in quantità piccolissime, non rilevabili a occhio nudo. "Come per tutti i veleni un'esposizione acuta uccide in poco tempo, e una a basse quantità impiega di più - spiega Sandro Degetto, ricercatore esperto in radiochimica ambientale dell'Istituto di Chimica Inorganica e delle Superfici (Icis) del Cnr - ma in questo caso si parla di dosi tossiche estremamente piccole, per cui la distinzione ha poco senso perché ne basta veramente poco per produrre danni irreversibili".

giovedì 17 ottobre 2013

His Holiness The Dalai Lama NYC 2013 October 18/19/20 NYC 2013 October 18/19/20

Dalai Lama
Each year, His Holiness the Dalai Lama travels throughout the world offering teachings and public talks to individuals of all faiths and backgrounds.
This year on October 18, 19 and 20, The Gere Foundation and The Tibet Center are honored to host His Holiness’s return to New York City where he will bestow teachings on The Heart Sutra, The Sutra of Truly Remembering the Sublime Three Jewels, and The Wisdom Chapter of A Guide to the Bodhisattva Way of Life.
His Holiness will also offer an initiation into The Buddha Establishing the Three Pledges and give a public talk titled, The Virtue of Nonviolence.
The 2013 visit will take place at the Beacon Theatre.

About His Holiness The Dalai Lama

His Holiness the 14th Dalai Lama, Tenzin Gyatso, describes himself as a simple Buddhist monk. He is the spiritual leader of Tibet. He was born on 6 July 1935, to a farming family, in a small hamlet located in Taktser, Amdo, northeastern Tibet. At the very young age of two, the child who was named Lhamo Dhondup at that time was recognized as the reincarnation of the previous 13th Dalai Lama, Thubten Gyatso.
The Dalai Lamas are believed to be manifestations of Avalokiteshvara or Chenrezig, the Bodhisattva of Compassion and the patron saint of Tibet. Bodhisattvas are believed to be enlightened beings who have postponed their own nirvana and chosen to take rebirth in order to serve humanity.
His Holiness began his monastic education at the age of six. The curriculum consisted of five major and five minor subjects. The major subjects were logic, Tibetan art and culture, Sanskrit, medicine, and Buddhist philosophy which was further divided into a further five categories: Prajnaparimita, the perfection of wisdom; Madhyamika, the philosophy of the Middle Way; Vinaya, the canon of monastic discipline; Abidharma, metaphysics; and Pramana, logic and epistemology. The five minor subjects were poetry, music and drama, astrology, composition and phrasing, and synonyms. At 23, His Holiness sat for his final examination in Lhasa’s Jokhang Temple, during the annual Monlam (prayer) Festival in 1959. He passed with honors and was awarded the Geshe Lharampa degree, the highest-level degree, equivalent to a doctorate of Buddhist philosophy.
His Holiness the Dalai Lama is a man of peace. In 1989 he was awarded the Nobel Peace Prize for his non-violent struggle for the liberation of Tibet. He has consistently advocated policies of non-violence, even in the face of extreme aggression. He also became the first Nobel Laureate to be recognized for his concern for global environmental problems.
His Holiness has travelled to more than 67 countries spanning 6 continents. He has received over 150 awards, honorary doctorates, prizes, etc., in recognition of his message of peace, nonviolence, inter-religious understanding, universal responsibility and compassion. He has also authored or co-authored more than 110 books.
His Holiness has held dialogues with heads of different religions and participated in many events promoting inter-religious harmony and understanding.
Since the mid-1980’s, His Holiness has begun a dialogue with modern scientists, mainly in the fields of psychology, neurobiology, quantum physics and cosmology. This has led to an historic collaboration between Buddhist monks and world-renowned scientists in trying to help individuals achieve peace of mind. This has also led to the introduction of modern science in the traditional curriculum of Tibetan monastic institutions re-established in exile.

A History Of New York City Visits

In 1991, His Holiness the Dalai Lama was invited by Richard Gere and Khyongla Rato Rinpoche to bestow the Kalachakra initiation in New York City. Following an eight-day preparation period during which a magnificent Kalachakra sand mandala was created, His Holiness conferred the Kalachakra initiation upon more than four thousand people in Madison Square Garden’s Paramont Theater. It would be eight years before he returned to New York in 1999 to deliver teachings on Kamalashila’s Middle Length Stages of Meditation and Togmay’s Sangpo’s Thirty-Seven Practices of Bodhisattvas. During this visit, His Holiness addressed an extraordinary public gathering in Central Park attended by over 200,000 people.
In 2003, at the request of The Tibet Center and The Gere Foundation, His Holiness returned to New York City. This visit’s ambitious four-day teaching on the Root Verses on Indian Philosophies, by 17th-century Tibetan scholar, Jamyang Shepa and The Seven-Point Mind Training by 12th-century Geshe Chekawa, also included a public talk in Central Park on The Bodhisattva’s Jewel Garland by Atisha. Over 200,000 people attended the event and this visit included A Concert for Peace and Reconciliation at Lincoln Center, which was released on CD under the same title in July 2007.
His Holiness returned to New York City in 2007 at the request of The Tibet Center and The Gere Foundation to teach for three days. These special teachings centered on two texts, The Diamond Cutter Sutra and Nagarjuna’s Seventy Verses on Emptiness. The visit featured a public talk titled, Peace & Prosperity, which was recorded in front of a sold out audience at Radio City Music Hall and later distributed on DVD by National Geographic.
In 2010, the Dalai Lama returned to New York City once again to teach Nagarjuna's A Commentary on Bodhicitta and A Guide to the Bodhisattva Way of Life. The Dalai Lama also gave a public talk titled, Awakening the Heart of Selflessness. The entire visit was recorded and later distributed by the late great Adam Yauch and Oscilloscope Laboratories under the title, Compassion in Emptiness.

About The Gere Foundation

Founded by Richard Gere in 2001, The Gere Foundation is a private grant-giving organization focused on advocacy and cultural preservation within the Tibetan community, public health, and emergency relief.
For more information please visit gerefoundation.org.

About The Tibet Center

Founded in 1975 by the Reverend Khyongla Rato Rinpoche, a scholar and reincarnate lama of the Gelugpa order of Tibetan Buddhism, The Tibet Center provides a place where members and the general public can explore Buddhist teachings and practices as well as those of other faith communities.
Currently at The Tibet Center, the Reverend Khyongla Rato Rinpoche and Khen Rinpoche Nicholas Vreeland offer weekly classes in Buddhist practice and theory. Ancient Indian and Tibetan texts are taught alongside methods of integrating them into daily meditation and practice. Visiting masters regularly offer Buddhist teachings. The Tibet Center also hosts weekend seminars and retreats.
The Tibet Center currently holds classes at 273 Bowery, University Settlement, New York, NY 10002.
For more information, please visit The Tibet Center or call 718-222-0007. Additional inquiries can be sent to info@thetibetcenter.org.

mercoledì 2 ottobre 2013

Papa lancerà messaggio forte da Assisi: "La Chiesa si spogli delle sue ricchezze"







Grande attesa e indiscrezioni per il discorso che Francesco pronuncerà nella Stanza della Spoliazione, preannunciato nei giorni scorsi dallo stesso Pontefice ai frati e al vescovo del Sacro Convento. Sondaggio: l'86,7% dei giovani apprezza l'impegno di Bergoglio per poveri e bisognosi
CITTA' DEL VATICANO - "Dal luogo dove San Francesco si spogliò dei vestiti e di tutti i beni materiali, voglio spiegare come la Chiesa oggi si deve spogliare delle sue ricchezze per stare più vicina ai poveri e ai bisognosi".  E' questo il "segno" più forte che arriverà durante la visita di papa Francesco venerdì prossimo, 4 ottobre, ad Assisi. Un segno che uscirà da un "discorso forte, incisivo, senza precedenti, su Chiesa e Sorella povertà" - preannunciato nei giorni scorsi dallo stesso Pontefice ai frati e al vescovo di Assisi - già carico di attese da parte di credenti e non credenti, in particolare i milioni di giovani che da tutto il mondo lo hanno già eletto a loro guida paterna e spirituale. Una elezione codificata anche da un inedito sondaggio ad hoc fatto in vista del viaggio papale ad Assisi dall'Istituto Toniolo dell'Università Cattolica di Milano, presieduto dal cardinale Angelo Scola, da cui emerge che l'86,7 per cento dei giovani apprezza l'impegno del Papa per poveri e disagiati; e l'84,2 per cento condivide le sue parole a favore della pace, "proprio come ci ha insegnato San Francesco".
 
Primo pellegrinaggio dell'argentino Jorge Mario Bergoglio nei luoghi francescani e presso la tomba del Poverello da circa 800 anni situata nella suggestiva cripta dalle pietre rosa della Basilica Inferiore del Sacro Convento. Ma anche prima febbrile attesa per quanto dirà il Papa, in materia di "povertà, condanna dell'eccessiva ricchezza dentro e fuori la Chiesa" e di "scelta definitiva e preferenziale per i poveri secondo gli insegnamenti del Concilio Vaticano II" al cospetto del Santo da cui ha preso il nome appena eletto al soglio di Pietro il 13 marzo scorso. Contenuti in parte già rivelati dal Pontefice al vescovo di Assisi Domenico Sorrentino quando gli comunicò, nei mesi scorsi, cosa aveva intenzione di fare e di dire nella Stanza della Spoliazione nel palazzo del Vescovado dove si ricorda il rivoluzionario gesto di Francesco che si spogliò di tutti i vestiti per restare "nudo" da ogni ricchezza paterna.

"Appena eletto Papa - racconta monsignor Sorrentino al sito diretto da padre Enzo Fortunato, responsabile della sala stampa del Sacro Convento  -  gli scrissi come vescovo della città dove Francesco di fronte al padre Pietro di Bernardone si spogliò consegnandosi alla Chiesa con la recita del Padre Nostro. Lo invitai suggerendogli di venire almeno a recitare quella stessa preghiera. Ma la risposta del Papa mi spiazzò: 'Il Padre Nostro? Ma io voglio venire a parlare di come la Chiesa si deve spogliare, cioè di come deve ripetere in qualche modo il gesto di Francesco e i valori che questo gesto implica'". Da qui la grande attesa per la visita alla Stanza della Spoliazione dove - stando a voci che circolano negli ambienti vicini al Sacro Convento - Bergoglio "farà un gesto clamoroso e dirà delle parole mai dette prima da un Pontefice in materia di aiuti ai poveri, di condanna della ricchezza eccessiva e di scelta preferenziale della Chiesa per sofferenti e bisognosi, all'insegna della verità e della trasparenza". Una scelta che proprio ieri dal Vaticano ha avuto - forse - un primo forte segnale con la pubblicazione del bilancio dello Ior, la banca vaticana, relativo al 2012, chiuso con un utile netto di 86,6 milioni di euro.

Una scelta di chiarezza senza precedenti, impensabile senza papa Bergoglio, che venerdì nella Casa di San Francesco "dirà parole storiche su povertà, pace e creato", rivelano i frati di Assisi. Parole, gesti e testimonianze che avranno nei giovani i primi attenti osservatori, come "certifica" il sondaggio svolto dal Toniolo, con l'Ipsos e la Fondazione Cariplo, su un campione di circa 10 mila persone tra i 19 e i 29 anni tra cristiani, fedeli di altre religioni, non credenti. Eccolo in estrema sintesi: l'83,6 per cento approva la comunicazione e il linguaggio francescano del Papa, che l'85,2 vede "vicino alla gente", l'86,7 ne apprezza l'attenzione ai problemi sociali e ai sofferenti, il 91,5 lo trova "simpatico", l'81 lo ritiene capace di far crescere la coerenza morale tra i comportamenti e i valori della Chiesa. L'84,2 per cento condivide l'impegno del Pontefice per la pace, come ha fatto nei giorni scorsi con la veglia di preghiera per la Siria. "I giovani - spiega Alessandro Rosina, ordinario di Demografia alla Cattolica di Milano e curatore della ricerca - hanno colto fino in fondo la grande novità di Bergoglio. Il fatto straordinario di un Papa che alza il telefono e chiama le persone più lontane ed umili è una novità assoluta. E i giovani lo capiscono". Sull'attenzione all'ambiente e alla salvaguardia del creato, temi tipicamente francescani, i consensi sono più limitati: il 64,5 per cento si dice "abbastanza o molto soddisfatto". Ma c'è da giurarci che ad Assisi papa Francesco non si dimenticherà della lezione "ambientalista" del Poverello.

"Il Papa ad Assisi saprà sorprenderci" I francescani e un viaggio simbolico





Venerdì per la prima volta un pontefice con il nome Francesco arriverà nella terra in cui nacque il santo col saio. Sono attesi oltre 100mila pellegrini. Una visita che è quasi un manifesto per il nuovo corso della Chiesa: su ambiente, pace, povertà. Parlano l'ex ministro generale dei frati minori, chiamato da Bergoglio in curia, e i religiosi del Sacro convento
"Il Papa ad Assisi ci sorprenderà ancora". José Rodríguez Carballo conosce bene le sorprese di Bergoglio: era il ministro generale dei frati minori di san Francesco quando il pontefice argentino, appena eletto, lo ha scelto come segretario della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e lo ha elevato a dignità di arcivescovo. È stata la prima e inattesa nomina di un papa che, di recente, ha dichiarato di non essere propenso a prendere decisioni impulsive. Lasciata la guida dell'ordine, Carballo in Vaticano è diventato il francescano più vicino al pontefice gesuita. E venerdì, quando per la prima volta un papa col nome di Francesco arriverà nella terra in cui nacque il santo con il saio, lui sarà al suo fianco, in mezzo alla folla degli oltre centomila pellegrini attesi per quel giorno. Numeri che, secondo il custode del sacro convento padre Mauro Gambetti, testimoniano quanto siano ancora vivi "il senso dell'umanità, profondamente rappresentata da Francesco, e del vivere insieme". "Ci auguriamo  -  ha aggiunto il religioso  -  che rimangano attuali anche oltre il 4 ottobre". Mentre Marco Tasca, ministro generale dell'ordine francescano Frati Minori Conventuali, insiste sul tema della povertà: "Ci aspettiamo, al centro dei discorsi di papa Francesco ad Assisi, un forte richiamo al tema della povertà della Chiesa nel suo insieme ma anche di ogni singolo cristiano. Non per fare dello sterile pauperismo, ma per annunciare al mondo e a ogni uomo che la vera e unica ricchezza della Chiesa e del cristiano è Gesù Cristo amato sopra ogni cosa. Rinnovare la Chiesa non significa cambiare qualcosa, per un certo tempo, dentro un quadro di sostanziale immobilità. Significa, piuttosto, come ha fatto san Francesco agli inizi del '200, dare pieno credito al Vangelo".

Bergoglio arriverà in elicottero e dietro di lui viaggeranno anche gli otto cardinali componenti il consiglio per la riforma della curia, che fino a giovedì saranno in riunione con il pontefice. Appena atterrato ad Assisi, attorno alle 8 di mattina, il primo incontro lo riserverà ai bambini disabili e ammalati ospiti dell'Istituto serafico. Poi sarà il momento della preghiera davanti al crocifisso del santuario di San Damiano, dove san Francesco ricevette il mandato a "riparare" la Chiesa. È il primo dei nove luoghi sacri di Assisi nei quali il pontefice andrà nel corso della giornata: visiterà le suore di clausura nella basilica dedicata a santa Chiara, dialogherà con i poveri nella sala del vescovado, dove il santo si svestì e riconsegnò al padre i suoi abiti. Anche il pranzo il pontefice lo vivrà insieme alle persone che ogni giorno ricevono un pasto caldo dalla Caritas diocesana. E poi un altro momento lo trascorrerà con i giovani, alle 17,30 davanti alla chiesa di Santa Maria degli Angeli, poco prima di visitare la Porziuncola.

Ma la fase centrale del pellegrinaggio di Bergoglio ad Assisi è la visita e la preghiera alla tomba di san Francesco e poi la messa celebrata alle 11 davanti alla basilica superiore. Carballo sarà tra i concelebranti, come è avvenuto in occasione della liturgia di inizio pontificato, quando Bergoglio lo volle vicino. In quell'occasione Francesco fece un richiamo alla custodia del creato che sembrò un ulteriore intreccio con il carisma del santo di Assisi: "E' uno degli aspetti che li accomuna  -  commenta il frate arcivescovo  -  perché in entrambi l'ecologia è vissuta come sacramento, come richiamo all'essenza delle cose, al Creatore, che è il tutto, il sommo bene, la bellezza: nella custodia del creato si lavora per il benessere dell'uomo e si diventa quindi partecipi di una nuova creazione". Ma da Assisi Carballo si aspetta di sentir pronunciare anche un richiamo alla pace: "L'appello di papa Bergoglio per la Siria  -  dice l'ex ministro dei minori  -  ha mosso tanti cuori. E ha ricordato quello che ha fatto san Francesco nel 1218, quando in piena crociata è andato in Terra Santa, proprio nell'attuale Siria, e mentre i crociati usavano le armi contro l'islam, ha promosso il dialogo presentandosi da solo davanti al sultano. Dove non sono arrivate le armi è arrivata la semplicità di un uomo, Francesco. Allora come adesso. E senza nascondere la propria fede ma facendosi ambasciatori nella diversità di un progetto basato sulla pace e la riconciliazione".

Proprio la semplicità è secondo Carballo la chiave del successo di Bergoglio: "Il Papa ha adottato quella che francescanamente viene chiamata la minorità come espressione del suo ministero petrino e questa è stata una scelta in linea con il modello di Gesù Cristo, ma anche con le attese dalla gente, che apprezza ogni gesto del pontefice perché vi riconosce un cuore evangelico".

martedì 1 ottobre 2013

L'ultimo miracolo di Francesco è il santo più visitato del web

Boom di preghiere digitali per il poverello di Assisi dopo l'elezione di Bergoglio. E' l'effetto dell'elezione del Papa che ne ha preso il nome
UNDICI secoli dopo Gesù c'è chi sostiene che lo stesso carisma fu di san Francesco d'Assisi, chiamato non a caso l'alter Christus. Frotte di seguaci lo assediavano. E così in qualche modo ancora oggi, complice l'elezione al soglio di Pietro del primo papa che ha deciso di chiamarsi Francesco.

Dicono i Vangeli che quando era in vita la gente lo seguiva anche solo per toccare le sue vesti. Gesù guariva, raccontano, con la sua sola presenza. Undici secoli dopo c'è chi sostiene che lo stesso carisma fu di san Francesco d'Assisi, chiamato non a caso l'alter Christus. Frotte di seguaci lo assediavano. E così in qualche modo ancora oggi, complice l'elezione al soglio di Pietro del primo papa che ha deciso di chiamarsi Francesco. La tomba che custodisce il corpo del santo all'interno di una cripta della basilica inferiore di Assisi, infatti, non solo è frequentata da milioni di pellegrini ogni anno, ma negli ultimi tre mesi è stata presa d'assalto anche virtualmente da 18 milioni di persone. Tanti sono coloro che dal 13 marzo scorso, il giorno in cui Jorge Mario Bergoglio si è affacciato alla loggia centrale della basilica vaticana col nome di Francesco, si sono collegati con la web cam che dall'aprile del 2011 è aperta 24 ore su 24 sulla cripta. Nei tre mesi che hanno preceduto l'elezione, la web cam aveva ricevuto soltanto un milione di contatti. Nulla, dunque, rispetto a quanto è accaduto successivamente. 18 milioni di utenti hanno osservato quell'immagine, sopra la quale i frati francescani hanno voluto scrivere: "In questo momento sei nel cuore del francescanesimo, sulla tomba di san Francesco". I giorni con maggior affluenza sono stati il 2 e il 3 maggio scorsi, data in cui papa Bergoglio si è collegato alla web cam dal Vaticano e ha pregato: "O Francesco d'Assisi, intercedi per la pace nei nostri cuori".

Si tratta di un fenomeno planetario. Gli accessi si registrano da tutto il mondo, la maggior parte dall'Italia, a seguire Stati Uniti. Poi Germania, Canada e Spagna. Gente comune e di ogni estrazione. Gente assetata di risposte, bisognosa di grazie, spesso di miracoli. Non solo Patti Smith, Mikhail Gorbaciov e recentemente addirittura El Baradei che fanno notizia con le loro visite ad Assisi. Da tre mesi la notizia è un'altra: la marea anonima dei 18 milioni di utenti.

Chi accede alla web cam spesso lascia messaggi che sono preghiere. A san Francesco danno del tu, certi di essere ascoltati. "Francesco mio - scrive Caterina - tu mi hai aiutata in passato, mi hai ridato la serenità quando volevo morire, quando intorno a me tutto era buio e non vedevo più via d'uscita. In ginocchio davanti alle tue spoglie mortali ho ritrovato la Speranza, la gioia e mi sono sentita ancora una volta amata da Dio. Aiutami adesso, ti prego. Ho già perso un bimbo tre mesi fa, adesso il Signore mi ha mandato una nuova creatura ma ho paura. I medici dicono che non possono fare nulla, che è troppo presto, che potrei perderlo di nuovo. Aiutami a salvarlo!". Straziante la richiesta di aiuto per un bambino statunitense di 7 anni ammalato di cancro: "Caro san Francesco, Jason ha 7 anni e ha un cancro. Non vuole più affrontare cure, è molto stanco. Francesco, se è nel volere di nostro Signore, che Jason sia risparmiato dalle sofferenze e dell'agonia di questo cancro. Possa il nostro Signore nella sua benevolenza risparmiare a questo povero bambino questa agonia e consentire che avvenga il miracolo della guarigione. Spero possa essere curato oppure che il Signore possa lasciarlo andare in pace e con poco dolore. Per favore Francesco, aiuta questo povero bambino. È solo un innocente, stanco di quei trattamenti che gli sono stati fatti all'ospedale. Aiuta anche suo fratello Zack a riuscire a capire le ragioni di Dio dietro a tutto questo, lo apprezzeremmo veramente tanto. E se puoi, prenditi cura dei suoi genitori, il signore e la signora Brown".

Le suppliche al santo non restano lettera morta. I frati le portano direttamente sulla tomba, ma soprattutto "le custodiscono nel cuore". Anche loro, intercedono con san Francesco per i fedeli. Dice padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di Assisi: "Il collegamento continuo con la tomba rende disponibile un ambiente, offre la testimonianza di un'esperienza, mostra una presenza che per natura non risponde del tutto al bisogno di contatto, ma rimanda oltre sé. San Francesco continua a chiedere a chi è connesso di entrare in contatto con la propria interiorità per incontrare l'Altro".

Il santo di Assisi ha comunicato usando tutti i mezzi a disposizione: voce, vita e inchiostro. "Aveva fatto di tutto il suo corpo - racconta il suo primo biografo Tommaso da Celano - una lingua". Ha scritto a ogni uomo: dai fedeli ai non credenti, dai potenti ai semplici frati. "La sua strada - spiega padre Enzo Fortunato - non è quella dell'autoreferenzialità, del vaniloquio, della bulimia di notizie con il rischio di un'anoressia di contenuti, ma una comunicazione di verità che lascia spazio ad un ascolto che fa crescere le persone". E ancora: "Le cose confidano nella nostra capacità di salvarle, disse Rainer Maria Rilke, e in questi nuovi spazi digitali troviamo il luogo per divenire come Francesco d'Assisi comunicatori di salvezza".

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