Se il primo voto fosse stato considerato valido, gli eletti sarebbero stati quindi Luisa Todini (Pdl), Flavia Nardelli (Api, Fli, Idv), Benedetta Tobagi (Pd), Rodolfo De Laurentis (Udc), Gherardo Colombo (Pd), Antonio Verro (Pdl) e Guglielmo Rositani (Pdl). Il fatto poi che lo stesso momento in cui veniva rinviata la votazione per il Cda, al Senato naufragava il progetto di riforma presidenzialista del Pdl, fa parlare il commissario Francesco Pardi di “pastetta”. Per Pardi, “il caso Nardelli era perfetto: 5 voti per un indipendente indicato grazie al curriculum, votato per serie motivazioni di parità di genere. E’ stata una pastetta”.
Ma è su questa “pastetta” che rischia di saltare l’intero equilibrio attorno al nuovo cda. Da un lato sul nome della Nardelli si è concentrato il consenso per impedire l’elezione proprio di Pilati, considerato espressione diretta del volere di Silvio Berlusconi. Dall’altro, sembra sia stato proprio un mancato voto dai banchi del Pdl – dilaniato dai conflitti interni – ad impedire a Pilati la nomina in consiglio. Ma lo stallo, se dovesse continuare a lungo, potrebbe portare il governo a scegliere la via più breve, vale a dire il commissariamento, chiudendo – a lungo – i giochi tra i partiti.
Domani, i 41 membri della Vigilanza si riuniranno nuovamente insieme al presidente Sergio Zavoli (nella foto insieme al direttore generale Lorenza Lei) per scegliere 7 dei 9 consiglieri del settimo piano di Viale Mazzini. Gli altri due, già indicati da Mario Monti, sono l’azionista del Tesoro Marco Pinto e la presidente Anna Maria Tarantola. Dopo l’insediamento del nuovo cda, Tarantola dovrà sottoporsi al parere vincolante della stessa Vigilanza e ottenere il via libera dai due terzi dei suoi componenti, divisi tra 12 membri del Pd, 18 del Pdl, 3 della Lega, 2 Idv, 3 Udc, 1 Api, 1 Fli.
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