La Procura ha aperto un fascicolo contro ignoti "per riuscire a fare
maggiori accertamenti sull'episodio". Secondo una prima ricostruzione il
debito dell'artigiano col fisco supererebbe i 200 mila euro
Istigazione al suicidio. È questo il reato, a carico di ignoti, ipotizzato dal sostituto procuratore di Bologna Massimiliano Rossi ai danni dell’artigiano edile che mercoledì
scorso ha tentato di togliersi la vita dandosi fuoco all’interno della
sua macchina, una Fiat Punto, davanti agli uffici del fisco del
capoluogo emiliano. Da piazza Trento Trieste spiegano che l’iscrizione è
un atto per poter avvalersi di un più ampio spettro di strumenti
investigativi, come le perquisizioni. Ma intanto, giorno dopo giorno, il
quadro che scaturisce dagli accertamenti affidati dalla polizia
municipale è quello di un piccolo imprenditore oberato dai debiti nei confronti dello Stato, che gli contestava di aver dichiarato meno di quanto dovuto.
L’uomo, Giuseppe Campaniello, un artigiano di 58 anni
originario di Villa di Briano, in provincia di Caserta, ma residente da
anni a Ozzano dell’Emilia, intanto rimane in condizioni critiche al
centro grandi ustionati di Parma, dove l’ultimo bollettino medico parla
di “gravissime condizioni e prognosi riservata”. Il suo gesto estremo,
spiegato anche in alcune lettere è derivato dalla difficile condizione
in cui la sua piccola ditta versava. “Quello che ho fatto, l’ho fatto in
buona fede, ho sempre pagato le tasse, poco ma sempre. Lasciate in pace a mia moglie,
lei è una brava donna. Chiedo scusa anche a Voi”, aveva scritto quasi a
fgiustificarsi per non essere riuscito a pagare tutti i suoi debiti.
Una condizione, quella dell’uomo, creatasi per
alcune irregolarità col fisco, dovute probabilmente più alla
disperazione e all’istinto di sopravvivenza che a una volontà di
arricchirsi. La crisi infatti che ha massacrato il settore edile negli
ultimi anni, iniziava a mordere.
Intanto si comincia a far luce sulle vicende che
hanno portato il piccolo artigiano al suo gesto estremo. Doveva molto di
più al Fisco di quanto si era pensato inizialmente. Almeno 234 mila euro per irregolarità fiscali commesse tra il 2005 e 2007. Le contestazioni della commissione tributaria
– davanti alla cui sede, inglobata in quella che fino a pochi mesi fa
comprendeva anche l’Agenzia delle entrate, il muratore ha compiuto il
suo gesto – riguardavano soprattutto fatturazioni omesse o ridotte e
l’utilizzo di una fattura intestata a una ditta non più esistente dal
1982.
Le traversie dell’artigiano, per quanto taciute ai familiari, avevano iniziato a essere sempre più pesanti con la sentenza di primo grado della commissione, arrivata lo scorso 15 novembre. Secondo quanto detto dai giudici tributari al quotidiano bolognese Resto del Carlino, l’uomo non avrebbe cercato la via della conciliazione, ma avrebbe imboccato quella del ricorso, aggravando ulteriormente la sua posizione e il suo debito.
Non solo. Il muratore residente in provincia di
Bologna proprio la mattina del tentato suicidio aveva un appuntamento in
tribunale, dove si sarebbe discusso dell’accusa di aver emesso fatture false.
Quando intorno alle 9 l’udienza è iniziata, in aula c’era solo
l’avvocato, ancora all’oscuro di quanto si era appena consumato davanti
all’Agenzia delle Entrate e munito di una procura speciale firmata due
giorni prima dal suo assistito. Nel pomeriggio, quando il giudice
applicava all’uomo un patteggiamento a 5 mesi e 10 giorni con
la sospensione della pena (il piccolo imprenditore non aveva precedenti
penali), Giuseppe era già stato trasportato dall’ospedale Maggiore di
Bologna a quello di Parma.
di Antonella Beccaria e David Marceddu
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