Rendiconti irregolari per avere rimborsi elettorali, indagine
coordinata dalle procure di Milano, Napoli e Reggio Calabria. I pm:
"Tesoreria opaca dal 2004". Soldi usati per vacanze, cene e
ristrutturazioni della famiglia Bossi.
Rendiconti irregolari dei rimborsi elettorali, investimenti di fondi in Tanzania e Cipro, e denaro del partito usato per pagare le spese dei familiari di Umberto Bossi. Dopo il caso del vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia Davide Boni un altro scandalo scuote la Lega Nord. Il tesoriere del partito Francesco Belsito è
indagato per truffa ai danni dello Stato e finanziamento illecito ai
partiti dalla Procura di Milano e riciclaggio a Napoli e Reggio
Calabria, dove spuntano anche possibili collegamenti con la criminalità
organizzata. Vicende giudiziarie (sostenute anche da numerose intercettazioni telefoniche) che
hanno preso il via dal noto caso degli investimenti del Carroccio in
Tanzania, segnalato da un esposto di un militante leghista. “I fondi
sono tornati sui conti della Lega due mesi fa” ha garantito Belsito. Ma
secondo i pm la tesoreria della Lega Nord è “completamente opaca” dal
2004. Tra le varie perquisizioni di abitazioni e uffici una è toccata
anche alla sede del Sinpa, il sindacato della Padania, la cui segretaria
è la vicepresidente del Senato Rosi Mauro.Chiamare terremoto quanto è successo all’interno della Lega rischia di essere un eufemismo. L’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni aveva dichiarato già dal mattino che era arrivato il momento di fare pulizia, il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha usato la parola “raccapricciante”, molti esponenti di peso del Carroccio (compreso il sindaco di Verona Flavio Tosi) hanno chiesto che Belsito si dimetta e quasi resta isolato l’europarlamentare Matteo Salvini che ha espresso qualche dubbio sul “sospetto tempismo” delle perquisizioni avvenute nel primo giorno di deposito delle liste per le elezioni amministrative del prossimo maggio.
Le dimissioni. In serata i vertici della Lega si sono riuniti in via Bellerio e Belsito si è dimesso 45 minuti dopo essere arrivato. E’ uscito poi dopo un colloquio durato tre ore con Bossi, Roberto Calderoli e Roberto Castelli (in precedenza, prima che arrivasse il tesoriere, in via Bellerio era stato visto anche Giulio Tremonti). D’altronde Maroni aveva messo sul tavolo un ultimatum: o dimissioni o convochiamo il consiglio federale e ci contiamo. Poi ha accolto le dimissioni di Belsito come “una buona notizia”.
“Con i rimborsi pagati alberghi, viaggi e campagna elettorale del Senatur”. Belsito per ora risulta l’unico politico indagato. Ma l’inchiesta lambisce anche il leader del partito Umberto Bossi: non solo sono state perquisite due sue segretarie Nadia Dagrada (dirigente dell’ufficio amministrativo della Lega) e Daniela Cantamessa, ma il tesoriere, secondo l’accusa, ha anche distratto soldi pubblici “per sostenere i costi della famiglia Bossi”. Più precisamente, secondo un’informativa del Noe dei carabinieri di Napoli Belsito, con i soldi dei rimborsi elettorali sarebbero stati pagati viaggi, alberghi, cene ai figli di Bossi e alla vicepresidente del Senato Mauro, ma anche la campagna elettorale di Renzo Bossi per le ultime elezioni regionali e addirittura alcuni lavori di ristrutturazione alla villa di famiglia a Gemonio, in provincia di Varese.
Bossi ha incassato il sostegno di buona parte del partito, ma soprattutto dell’ex presidente del Consiglio ed ex alleato Silvio Berlusconi: “Chiunque conosca Umberto Bossi e la sua vita personale e politica – ha dichiara in una nota – non può essere neanche lontanamente sfiorato dal sospetto che abbia commesso alcunchè di illecito. E in particolare per quanto riguarda il denaro della Lega, del movimento al quale ha dato tutto se stesso. Perciò esprimo a Umberto Bossi la mia più affettuosa vicinanza”.
“Non è il nuovo Lusi”. Per contro gli inquirenti hanno chiarito che “non si tratta del nuovo Lusi“. Certo, per il reato di appropriazione indebita la Lega potrebbe essere parte lesa, mentre per il reato di truffa, gli inquirenti stanno valutando l’utilizzo non trasparente dei fondi. Gli inquirenti stanno effettuando accertamenti anche sull’ultimo rimborso elettorale, erogato al partito lo scorso agosto, di circa 18 milioni di euro. Nel bilancio 2010 per gli inquirenti vi è “prova della falsità”: l’ipotesi è che Belsito abbia violato la legge sul finanziamento ai partiti del 1999 e ingannato i presidenti di Camera e Senato mettendo in atto una truffa ai danni dello Stato (con una gestione “in nero” dei fondi), presentando rendiconti irregolari.
L’inchiesta. Le indagini hanno portato stamani carabinieri e guardia di finanza fino alla sede del Lega di via Bellerio. Perquisizioni sono state eseguite anche in case ed uffici di Milano, Venezia, San Donà, Roma. Oltre a Belsito sono indagati due uomini d’affari, Paolo Scala e Stefano Bonet, e altre cinque persone: Romolo Girardelli, procacciatore di grandi affari, detto “l’ammiraglio”, già indagato nel 2002 dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria per associazione di stampo mafioso (era ritenuto legato ad elementi di primissimo piano della cosca De Stefano); l’avvocato Bruno Mafrici, nato a Malito Porto Salvo (Reggio Calabria), ma residente a Milano; Lisa Trevisan, Leopoldo Caminotto e Nadia Arcolin. Le perquisizioni hanno, tra gli altri, riguardato la Effebi immobiliare di Genova, di cui Girardelli è risultato socio di Belsito attraverso il figlio Alex, la Marco Polo Triveneto di San Donà di Piave e la Polare, riconducibile a Bonet, del cui sportello genovese, secondo l’accusa, Romolo Girardelli risulta essere responsabile. Gli otto sono indagati per riciclaggio e Girardelli con l’aggravante di avere agevolato la cosca dei De Stefano. In tutto sono state effettuate circa 40 perquisizioni. Tutte le perquisizioni sono coordinate dal “capitano Ultimo” Sergio De Caprio. Presente oltre a Woodcock anche il pm Vincenzo Piscitelli. Gli inquirenti hanno rintracciato dati e materiale importante nel corso delle perquisizioni nei pc di Belsito e della Siram e molti degli indagati si sono detti disposti a collaborare.
“Gestione della tesoreria opaca dal 2004″. Secondo l’inchiesta la gestione della tesoreria del partito politico Lega Nord è avvenuta nella più completa opacità sin dal 2004. Belsito “ha alimentato la cassa con denaro non contabilizzato ed ha effettuato pagamenti e impieghi, anch’essi non contabilizzati o contabilizzati in modo inveritiero”. Tra questi impieghi, si legge ancora, “risaltano nelle conversazioni telefoniche indicate nella richiamata nota del Noe ‘i costi della famiglia’, intendendosi par tali gli esborsi effettuati per esigenze personali di familiari del leader della Lega Nord’’. Di più: il decreto parla di “gestione in nero (sia in entrata sia in uscita) di parte delle risorse affluite alla cassa del partito. Ecco perché la contestazione della truffa ai danni dello Stato: “Buona parte del denaro che fluisce nelle casse della Lega – si legge – proviene dalle casse pubbliche sotto forma di destinazione del 4 per mille”.
Belsito: “Queste cose devono essere provate”. Belsito aveva provato a difendersi, all’uscita della sua abitazione nel centro di Genova, accompagnato dai finanzieri: “Mi è stato consegnato un avviso di garanzia in cui si dice che il movimento Lega Nord è indagato per finanziamento illecito. Queste cose dovranno poi essere provate. Per adesso non possiamo dire altro”. Belsito è stato portato in auto dalle fiamme gialle che hanno effettuato la perquisizione nella sua abitazione. “Non sono in grado al momento – ha commentato l’avvocato Paolo Scovazzi, legale di Belsito – di valutare il fondamento delle accuse. Devo ancora vedere il mio cliente”. Tra l’altro Belsito ha aggiunto che “i fondi sono tornati dalla Tanzania più di due mesi fa. Sono stati restituiti alla Lega Nord perchè dopo la bagarre che i giornali hanno fatto nei mesi scorsi abbiamo ritenuto opportuno disinvestire. I fondi ora sono sui conti della Lega Nord. Non abbiamo nulla da nascondere”.
MILANO – L’inchiesta è stata aperta a dell’esposto di un militante del Carroccio sull’utilizzo dei fondi del partito negli investimenti in Tanzania e a Cipro. Nell’ambito delle indagini, come spiega una nota firmata dal procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati, “sono state eseguite perquisizioni nei luoghi in disponibilità degli indagati, nonché di soggetti loro collegati”. La procura della Repubblica di Milano, si legge ancora nella nota, “procede per il reato di appropriazione indebita aggravata a carico di Belsito Francesco, Scala Paolo e Bonet Stefano, con riferimento al denaro sottratto al partito politico Lega Nord’’, “per il delitto di truffa aggravata ai danni dello stato a carico dello stesso Belsito con riferimento delle somme ricevute a titolo di rimborso spese elettorali”, “per truffa ai danni dello Stato a carico di Bonet Stefano e Belsito Francesco con riferimento alle erogazioni concesse allo Stato sotto forma di credito di imposta in favore della società Siram con sede a Milano”.
La Siram, è una grossa società con sede a Milano che si occupa principalmente di energie rinnovabili e servizi ambientali. Il gruppo ha sedi a Milano, Massa Martana (Perugia) e Roma. L’inchiesta della procura di Milano è nata, da quanto si è saputo, da alcune indagini su transazioni finanziarie riferibili ai due uomini d’affari Scala e Bonet. E’ partendo da queste movimentazioni finanziarie che gli inquirenti milanesi sarebbero arrivati a contestare il reato di appropriazione indebita aggravata a carico di Belsito, Scala e Bonet, in relazione agli investimenti (per 6 milioni di euro) in Tanzania, passando anche per Cipro, con soldi sottratti alla Lega Nord. Per quanto riguarda invece il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato, sempre a carico del tesoriere della Lega, le accuse riguarderebbero un illecito utilizzo da parte del tesoriere del partito dei rimborsi elettorali arrivati al Carroccio. La Siram avrebbe infatti ricevuto “erogazioni concesse allo Stato sotto forma di credito di imposta” nella misura del 40% di costi che ha sostenuto nel settore della ricerca e dello sviluppo.
NAPOLI - Cinque indagati per riciclaggio. Si tratta di Belsito, Bonet e altri tre imprenditori. Bonet ha rapporti con il tesoriere della Lega Nord e opera anche in Campania attraverso una società di Napoli del settore servizi energetici e tecnologici. Sono 30 gli obiettivi del decreto di perquisizione con l’esclusione, spiega il procuratore aggiunto Alessandro Pennasilico, di quelli che dovessero risultare nella disponibilità di parlamentari. Il filone partenopeo è scaturito dall’indagine che portò al coinvolgimento del direttore dell’Avanti! Valter Lavitola e dell’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini.
REGGIO CALABRIA - L’inchiesta è coordinata dal magistrato Giuseppe Lombardo della Dda. I magistrati di Reggio sono al lavoro su collegamenti tra gli uomini d’affari indagati a Milano e altre persone, forse legate alla criminalità organizzata. Anche qui Belsito è indagato per riciclaggio.
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