Per ora solo 10 Paesi su 27 favorevoli all'introduzione del nuovo tributo, che prevede un prelievo dello 0,1% su azionari e obbligazioni e dello 0,01% sulle altre operazioni. Previsti incassi da 40 a 60 miliardi di ANDREA BONANNI
François Hollande e Angela Merkel |
A questo punto Francia e Germania, che da tempo sostengono la tassa, hanno lanciato l'idea di una cooperazione rafforzata, che ha raccolto l'adesione di almeno nove governi, numero minimo indispensabile per far scattare le "due velocità".
Ufficialmente a favore dell'idea di andare avanti comunque sono, oltre a francesi e tedeschi, anche belgi, austriaci, portoghesi, sloveni, greci, finlandesi e spagnoli. Il governo Monti ha già dichiarato di essere favorevole, ma ieri, essendo rappresentato all'Ecofin dal solo rappresentante permanente, l'ambasciatore Nelli Feroci, non ha preso una posizione formale in materia.
Nel pomeriggio, comunque, a conclusione del vertice quadripartito di Roma, la Merkel ha annunciato: "Sono felice di poter dire che tutti e quattro ci siamo dichiarati d'accordo per introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie". Oltre che dall'Italia, valutazioni positive
Nettamente contraria ad ogni tipo di tassazione delle transazioni finanziarie è la Gran Bretagna, che ospita la principale piazza finanziaria europea. Con Londra si sono schierati gli olandesi, gli irlandesi, gli svedesi, gli slovacchi e i maltesi.
A spingere molti governi, e in particolare quello tedesco, a rompere gli indugi e decidere di proseguire sulla via della tassazione delle operazioni finanziarie, sono motivi di politica interna. La Merkel ha bisogno del voto dell'opposizione socialdemocratica e verde per far ratificare il fiscal compact al Bundestag, e la sinistra ha posto come condizione per il voto favorevole che si vada avanti con il progetto di Tobin Tax. Lo stesso vale per l'Austria, dove il governo ha bisogno del voto dei verdi, condizionato al varo della nuova fiscalità. La Francia e il Belgio, i cui governi sono recentemente passati sotto guida socialista, hanno invece rafforzato la loro convinzione circa la opportunità di procedere comunque, anche senza l'unanimità dei consensi.
Dopo che almeno nove Paesi avranno manifestato la loro intenzione di procedere, toccherà alla Commissione verificare la congruità del progetto: un esame dall'esito scontato visto che la stessa Commissione aveva formulato una proposta di direttiva. Sarà poi il Consiglio a votare (a maggioranza) se autorizzare la procedura rafforzata. Anche questo passaggio, però, non dovrebbe essere particolarmente difficile.
Secondo lo studio della Commissione, una imposizione come quella proposta da Bruxelles (ma le aliquote potrebbero essere riviste) avrebbe portato a livello europeo a far entrare nelle casse pubbliche 57 miliardi di euro all'anno. Ieri Oxfam ha reso nota una seconda analisi secondo cui la Tobin Tax, applicata da Paesi che rappresentano il 90 per cento del Pil della zona euro, frutterebbe comunque un reddito di circa 40 miliardi di euro annui. Una questione cruciale, ma ancora non risolta, è quella della destinazione degli introiti derivati dalla nuova tassa.
Originariamente la Tobin Tax era stata concepita come un mezzo per finanziare i Paesi più poveri. Ma, in tempi di recessione e di austerità di bilancio, i governi potrebbero anche decidere altrimenti.
Nessun commento:
Posta un commento