Il Quirinale solleva il conflitto di
attribuzione in merito alla decisione dei pm siciliani di ascoltare le
conversazioni telefoniche del presidente. Riunione tra Messineo, Ingroia
e gli aggiunti. Il capo della Procura: "Rispettate tutte le norme"
ROMA - Il presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano, ha affidato oggi all'avvocato generale
dello Stato l'incarico di rappresentare la presidenza della Repubblica
nel giudizio per conflitto di attribuzione da sollevare dinanzi alla
Corte costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di
Palermo per le decisioni che questa ha assunto su intercettazioni di
conversazioni telefoniche del capo dello Stato. Lo ha riferito un
comunicato stampa. Subito dopo il comunicato del Colle, in Procura a
Palermo è iniziata una riunione a cui partecipano il capo della Procura
Franceso Messineo, il pm Antonio Ingroia e i sostituti Lia Sava, Nino Di
Matteo, e Palermo Guido.
DOSSIER - La decisione del Colle.
L'intervento di Napolitano, spiega la nota, è dovuto al fatto che il
capo dello Stato ha ritenuto le decisioni della Procura siciliana, anche
se riferite a intercettazioni indirette, lesive di prerogative
attribuitegli dalla Costituzione. Alla determinazione di sollevare il
confitto, il presidente Napolitano è pervenuto ritenendo "dovere del
presidente della Repubblica", secondo l'insegnamento di Luigi Einaudi,
"evitare si pongano, nel suo silenzio o nella inammissibile sua
ignoranza dell'occorso, precedenti, grazie ai quali accada o sembri
accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi
incrinatura le facoltà che la costituzione gli attribuisce". Nel che
le prerogative del capo dello Stato sono state già state lese dai pm di
Palermo con la valutazione dell'irrilevanza delle intercettazioni e la
loro permanenza agli atti dell'inchiesta; sarebbero ulteriormente lese
da una camera di consiglio per deciderne in contraddittorio la
distruzione.
Magistrati: "Regole rispettate". Al
termine dell'incontro Messineo, che si è detto 'sereno' in merito
all'iniziativa di Napolitano, ha dichiarato che su Mancino ci sono state
"intercettazioni occasionali e imprevedibili" e ha agginto: "L'operato
della Procura di Palermo nell'inchiesta sulla presunta trattativa tra
Stato e mefia risponde ai principi del diritto penale e della
Costituzione e nelle intercettazioni non sono state violate le
prerogative costituzionali del capo dello Stato'', mentre Ingroia ha
sottolineato che ''non ci sono intercettazioni rilevanti nei confronti
di persone coperte da immunità'', né dunque nei confronti del presidente
della Repubblica né dell'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino. Il
rilievo di Ingroia si riferisce alla norma secondo cui le autorizzazioni
devono essere richieste dai magistrati solo quando le intercettazioni
siano considerate rilevanti. ''Se l'intercettazione non è rilevante per
la persona che è sottoposta a immunità e lo è per un indagato
qualsiasi, può essere utilizzata'', ha precisato Ingroia.
Il divieto.
Le intercettazioni cui partecipa il presidente della Repubblica, anche
se indirette, ''non possono essere in alcun modo valutate, utilizzate e
trascritte'': è quanto si legge nel decreto con cui il Capo dello Stato
ha promosso il conflitto di attribuzione, citando l'art. 90 della
Costiturzione e la legge 5 giugno 1989, n. 219. Nel decreto è scritto
che "a norma dell'articolo 90 della Costituzione e dell'articolo 7 della
legge 5 giugno 1989, n. 219 salvi i casi di alto tradimento o attentato
alla Costituzione e secondo il regime previsto dalle norme che
disciplinano il procedimento di accusa - le intercettazioni di
conversazioni cui partecipa il Presidente della Repubblica, ancorchè
indirette od occasionali, sono da considerarsi assolutamente vietate e
non possono quindi essere in alcun modo valutate, utilizzate e
trascritte e di esse il pubblico ministero deve immediatamente chiedere
al giudice la distruzione".
Severino: "Il mezzo più corretto". Il
guardasigilli Paola Severino, a Mosca per una visita ufficiale, ha
difeso la decisione del Quirinale di sollevare un conflitto di
attribuzioni sulla vicenda delle intercettazioni telefoniche
dell'inchiesta di Palermo: ''Il capo dello Stato ha utilizzato il mezzo
più corretto''. Il ministro ha osservato che anche nella citazione di
Einaudi da parte di Napolitano si legge "chiaramente lo scopo
dell'attivazione di questa procedura, non certo quello di sollevare
conflitti politici o polveroni". "Il capo dello Stato ha utilizzato il
mezzo più corretto tra quelli previsti dal nostro ordinamento per
risolvere i problemi interpretativi della legge sulle intercettazioni
quando queste abbiano ad oggetto conversazioni telefoniche che hanno
come interlocutore anche il capo dello Stato", ha spiegato il
guardasigilli.
Anm non prende posizione. Nessuna
posizione netta, da parte dell'associazione magistrati: "Troppe parole
fanno male alle indagini e ai processi - ha detto il presidente
dell'Anm, Rodolfo Sabelli - l'Anm non vuole interferire in alcun modo.
Ha il massimo rispetto delle vicende giudiziarie e non interviene mai
nel merito''.
Le reazioni. Si schiera al fianco dei magistrati siciliani il leader dell'
Idv,
Antonio Di Pietro: "Ha ragione il Presidente della Repubblica quando
sostiene che non devono esserci interferenze tra i vari organi
costituzionali dello Stato e, proprio per questa ragione, ci auguriamo
che nessuno, qualunque carica rivesta, interferisca con l'Autorità
Giudiziaria nell'accertamento della verità - ha affermato l'ex
magistrato in una nota -. Ciò premesso - prosegue il leader Idv -
l'Italia dei Valori si schiera, senza se e senza ma, al fianco di quei
magistrati palermitani che stanno facendo ogni sforzo possibile per
accertare la verità in ordine alla pagina buia rappresentata dalla
trattativa tra Stato e mafia, che ha umiliato le istituzioni ed ha visto
magistrati del calibro di Falcone e Borsellino perdere la vita, mentre
altri trattavano per farla franca". "Più che opportuna l'iniziativa del
Quirinale. Porterà chiarezza ed eviterà in futuro contraddizioni e
pericolosi conflitti tra poteri dello Stato", ha scritto su twitter
Enrico Letta, vice segretario del
Pd.
È convinto che il presidente Napolitano abbia agito bene il capogruppo
Pdl
alla Camera, Fabrizio Cicchitto: "Bene ha fatto il capo dello Stato a
sollevare conflitto d'attribuzione nei confronti della Procura di
Palermo per il gravissimo comportamento del procuratore aggiunto Antonio
Ingroia, che continua a violare anche le più semplici regole del vivere
civile, per non parlare dei suoi violenti strappi alla carta
Costituzionale in materia di riservatezza della comunicazioni, ancor più
tutelate quando si tratti di conversazioni telefoniche del presidente
della Repubblica". "L'iniziativa del presidente della Repubblica di
chiarire le prerogative dell'istituzione che rappresenta è un atto di
responsabilità che solo gli analfabeti possono fraintendere", afferma,
poi, il leader dell'
Udc, Pier Ferdinando Casini. Di
''doverosa e ineccepibile iniziativa del capo dello Stato, volta a
restituire il giusto ordine dei poteri costituzionali della
Repubblica'', parla il segretario nazionale
Pri,
Francesco Nucara. ''È sempre troppo tardi - conclude - per affrontare
radicalmente il problema dell'uso perverso delle intercettazioni''.