Ci sono anche il capo della Misericordia Leonardo Sacco, che gestisce il Cara di Isola Capo Rizzuto, e il parroco don Edoardo Scordio tra i fermati dell’operazione “Jonny” che stamattina ha stroncato la cosca Arena. Sacco e Scordio sono accusati di associazione mafiosa, oltre a vari reati finanziari e di diversi casi di malversazione, reati aggravati dall’aver favorito la ‘ndrangheta.
Sono 68 in tutto le misure cautelari disposte dalla Direzione distrettuale antimafia ed eseguite dalla guardia di finanza, dai carabinieri e dalla polizia di stato. Nel provvedimento di fermo, firmato dal procuratore Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Luberto e dal sostituto Domenico Guarascio, sono finiti boss e gregari della potente famiglia mafiosa ma anche i responsabili del Centro di accoglienza più grande del Sud Italia.
L’inchiesta dimostra come la ‘ndrangheta si fosse infiltrata nella gestione del centro riuscendo ad avere rapporti con soggetti che, come era trapelato negli ultimi anni, erano in contatto con i vertici del ministero dell’Interno. Ed è proprio sondando questi rapporti che gli inquirenti si sono imbattuti sulla figura del capo della Misericordia Leonardo Sacco, diventato il grimaldello che ha consentito alla cosca Arena di infiltrarsi nel business dei migranti.

Associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni, malversazione ai danni dello Stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e altri reati di natura fiscale, tutti aggravati dalla modalità mafiose. I dettagli del blitz saranno illustrati alle 11 durante una conferenza stampa a Catanzaro.  La cosca Arena aveva imposto la propria assillante presenza non solo sul crotonese, ma anche sull’area jonica della provincia di Catanzaro con estorsioni a tappeto ai danni di esercizi commerciali ed imprese anche impegnate nella realizzazione di opere pubbliche.

Tra il 2015 ed il 2016 infatti, secondo i pm, una cellula degli Arena era particolarmente attiva a Catanzaro dove ha perpetrato una serie impressionante di danneggiamenti a fini estorsivi. Così è stato anche nei comuni di Borgia e Vallefiorita, di rilevante interesse imprenditoriale e turistico, dove invece operavano cosche satelliti della famiglia mafiosa di Isola Capo Rizzuto.
La Direzione distrettuale antimafia ha disposto anche un sequestro di beni per diversi milioni di euro.