mercoledì 29 gennaio 2014

In Sicilia è allarme. Un esercito di 400mila giovani senza alcun futuro

disoccupazione
400.000 giovani. Questo l’impressionante dato siciliano. Non studiano né lavorano, sono i cosiddetti Neet (in inglese, “Not in Education, Employment or Training”).
La situazione dell’Isola va oltre questo dato inquietante. Oggi, i lavoratori coinvolti in vertenze sindacali nell’isola sono circa 100 mila; 84 mila sono i posti di lavoro andati in fumo nel secondo trimestre del 2013. La situazione sconfortante nel rilevamento fatto dalla Cgil.
Michele Pagliaro, segretario generale della Cgil Sicilia, dice che per ripartire “è necessario che il dibattito politico torni a guardare ai contenuti, a quella realtà dalla quale è sempre più scollato. In una regione in cui si contano circa 400 mila Neet credo che un serio sistema di formazione professionale sia quantomeno necessario”, denuncia Pagliaro. Una formazione, aggiunge, “ridotta per decenni a sistema clientelare”.
I giovani siciliani senza speranza, tornano ad emigrare. L’emigrazione giovanile, infatti, è tornata ad essere un problema, con circa 50 mila giovani che ogni anno lasciano l’Isola. Preoccupa il fatto che a partire siano i giovani più scolarizzati. Restano gli sfiduciati, mentre le energie migliori vanno via”.
“Nel secondo trimestre del 2013, rispetto allo stesso periodo del 2012, sono andati in fumo 84 mila posti di lavoro, di cui 26 mila in agricoltura, 17 mila nell’edilizia, 40 mila nel settore terziario – osserva Pagliaro -. Un dato drammatico che racconta come gli effetti devastanti della crisi si stiano vedendo adesso. Negli anni della recessione, la Sicilia ha perso un terzo della sua capacità produttiva a livello industriale. Le cifre degli ammortizzatori sociali in deroga raccontano di oltre 20 mila siciliani coinvolti”.
Per Pagliaro, per uscire da questa situazione “bisogna guardare alle singole criticità, agire prima che la vertenza diventi emergenza. Il brand “Sicilia” aspetta ancora le attenzioni della politica. Si puntava sull’area di libero scambio, pensando potesse diventare la piattaforma d’Europa e del Mediterraneo e invece il tema delle infrastrutture e della mobilità mostra una pessima immagine di questa regione”.

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