Maggioranza, Berlusconi perde i pezzi
Pisanu e Scajola: "Governo d'emergenza"
Il premier ostenta ottimismo, ma nel Pdl cresce il fronte dei favorevoli all'esecutivo di transizione: "Questo non è in grado di affrontare la crisi". Intanto il presidente Napolitano evoca il precedente storico dell'esperienza Pella alla fine dell'era De Gasperi
di TIZIANA TESTAROMA - "In questo momento c'è bisogno di mettere insieme le forze migliori". E l'ora di pranzo quando il deputato del Pdl Claudio Scajola esce allo scoperto, spiegando il perché degli incontri in corso tra i deputati della sua area. La sera precedente, al ristorante della Galleria Alberto Sordi, è stato a cena con una quindicina di parlamentari della sua corrente. Si dice che i fedelissimi dell'ex ministro dello Sviluppo siano pronti a scrivere un documento, da consegnare al Cavaliere. Forse non ancora per chiedergli un passo indietro, ma almeno per ottenere un Berlusconi bis, allargato ai centristi. Che punti sul decreto sviluppo per recuperare i consensi. Una fronda, comunque, guardata con sempre maggiore sospetto dal premier.
Gli scajoliani - secondo alcuni retroscena - si sono fatti i conti: il Pdl, in caso di voto anticipato, prenderebbe al massimo 120 deputati. In quel caso - fanno sapere - sarebbero promossi quelli del cerchio magico, i vertici, i coordinatori regionali e qualcun altro dei fedelissimi. Mentre a loro toccherebbero le briciole. Ecco dunque la parola d'ordine: allargare la maggioranza alle altre forze moderate del centrodestra.
Passano poche ore e fa sentire la sua voce un altro autorevole malpancista del Pdl. L'ex ministro dell'Interno Beppe Pisanu, che dice: "Questo governo non è in grado di reggere il peso enorme della crisi che si è abbattuta sul nostro Paese". E poi auspica "la nascita di un nuovo governo
Anche perché c'è una terza fronda all'orizzonte. Il malessere di tre deputati dei Cristiano popolari guidati da Mario Baccini: sulle intercettazioni, hanno suggerito al Pdl di evitare il ricorso alla fiducia. Senza dimenticare che, nelle ultime ore, si parla di un drappello di 3-4 deputati pidiellini tentati dall'idea di lasciar il partito per iscriversi al gruppo misto sulla scia di Santo Versace.
Una serie di manovre che Francesco Storace, segretario nazionale della Destra, bolla senza appello: "Tornano a muoversi le truppe democristiane dentro il Pdl per far fuori Berlusconi. Dopo Fini, Pisanu e forse Scajola. Cavaliere, avevamo ragione o no alle politiche del 2008 ad avvisarti?".
Ma c'è un altro segnale preoccupante per Berlusconi. I dissidenti del centrodestra - a partire da Pisanu - oggi hanno ripetuto un nome evocato dal capo dello Stato: Giuseppe Pella. "Il suo governo di tregua non durò molto ma servì", ha detto Giorgio Napolitano durante la sua visita a Biella 1. Ma chi era costui? Democristiano lontano dai giochi delle correnti, ministro degli Esteri e del Bilancio, ricevette l'incarico di formare il governo dal presidente della Repubblica Luigi Einaudi nel 1953, dopo il flop della "legge truffa" voluta da De Gasperi. La Dc, allora, era in grande difficoltà e il governo monocolore di Pella raccolse ampi consensi: lo votarono i partiti di centro e i monarchici, il movimento sociale si astenne. I socialisti di Pietro Nenni, pur votandogli contro insieme al Pci, promisero che lo avrebbero giudicato volta per volta. Toccò a Pella affrontare una crisi difficile come quella di Trieste.
Tutti coloro che guardano al governo di transizione - nel centrodestra e nell'opposizione - hanno recepito queste parole come un segnale. O, almeno, hanno iniziato a far circolare questo nome come un mantra. E d'altra parte, al di là delle parole rassicuranti pronunciate dal premier in mattinata ("con Tremonti c'è concordia assoluta 2, siamo uniti, andiamo avanti"), dal vertice di maggioranza a palazzo Grazioli è arrivata un'altra altra indicazione negativa: il rinvio del decreto per lo sviluppo 3al 20 ottobre e della nomina del Governatore di Bankitalia addirittura a novembre. Sintomi di una crescente debolezza: si tratta infatti di decisioni cruciali che - per una volta - competono direttamente alla responsabilità del premier. Ma Berlusconi non riesce ad affrontarle a cause delle divisioni nella maggioranza.
Neppure Bossi, d'altra parte, sembra disposto più a fare sconti. "Durare fino al 2013 è obiettivamente complicato", ha detto. Si voterà l'anno prossimo, fa capire il Senatur. Magari dopo aver varato una nuova legge elettorale.
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