Albino Luciani Papa Giovanni Paolo I |
lo
IOR (Istituto per le Opere di Religione) ha sede presso la Città del
Vaticano. Ufficialmente l'unico azionista di questa banca è il papa.
Lo IOR fu fondato nel 1887 da Leone XIII, col nome di "Commissione per le Opere Pie", al fine di convertire le offerte dei fedeli in un fondo facilmente smobilizzabile. La prima riforma delle finanze vaticane risale al 1908, quando su iniziativa di papa Pio X l'istituto assunse il nome di Commissione amministratrice delle Opere di Religione.
La trasformazione in una banca vera e propria avvenne nel 1941, anche se il finanziamento più significativo che indusse il papato a favorire tale trasformazione, fu quello concesso dal fascismo, col Concordato (Patti Lateranensi) del 1929, che prevedeva, a titolo di risarcimento per la perdita degli Stati pontifici l'indomani dell'unificazione nazionale, qualcosa come 100 milioni di dollari (40 in contanti e 60 in obbligazioni; in lire erano 750 milioni), oltre all'esenzione dalle tasse e dai dazi sulle merci importate in Vaticano.
Per gestire questo ingente patrimonio, papa Pio XI istituisce l'Amministrazione speciale per le Opere di Religione, che affida a un laico esperto, l'ingegner Bernardino Nogara, un abile banchiere proveniente dalla Comit, membro della delegazione che, dopo la prima guerra mondiale, negoziò il trattato di pace e, successivamente, delegato alla Banca Commerciale di Istanbul.
Grazie alla sua abilità, Nogara trasformò l'Amministrazione in un impero edilizio, industriale e finanziario. Le condizioni che il banchiere pose a Pio XI per accettare l'incarico di gestire il patrimonio del Vaticano furono due: gli investimenti dovevano essere liberi da qualsiasi considerazione religiosa o dottrinale e realizzabili in ogni parte del mondo.
Il Papa accettò e si aprì così la strada alle speculazioni monetarie e ad altre operazioni di mercato nella Borsa valori, compreso l'acquisto di azioni di società che svolgevano attività in netto contrasto con l'insegnamento cattolico (armi, contraccettivi ecc.).
Nogara rilevò l'Italgas, fornitore unico in molte città italiane, e fece entrare nel consiglio di amministrazione, come rappresentante del Vaticano nella società, l'avvocato Francesco Pacelli, fratello del cardinale Eugenio che poco dopo sarà eletto Papa e assumerà il nome di Pio XII. Grazie alla gestione di Nogara, il Banco di Roma, il Banco di Santo Spirito e la Cassa di Risparmio di Roma entrarono ben presto nell'ambito dell'influenza del Vaticano.
Quando acquisiva quote di una società, raramente Nogara entrava nel consiglio di amministrazione: preferiva affidare quest'incarico a uno dei suoi uomini di fiducia, tutti appartenenti all’elite vaticana che si occupava della gestione degli interessi della Chiesa. I tre nipoti di Pio XII, i principi Carlo, Marcantonio e Giulio Pacelli, ne facevano parte, i loro nomi cominciarono ad apparire tra quelli degli amministratori di un elenco sempre più lungo di società. Gli uomini di fiducia della Chiesa erano presenti dappertutto: industrie tessili, comunicazioni telefoniche, ferrovie, cemento, elettricità, acqua. Bernardino Nogara sorvegliava ogni settore che promettesse margini di remunerazione.
Nel 1935, quando Mussolini ebbe bisogno di armi per la campagna d'Etiopia, una considerevole quantità fu fornita da una fabbrica di munizioni che Nogara aveva acquisito per il Vaticano. E rendendosi conto, prima di molti altri, dell'inevitabilità della seconda guerra mondiale, sempre Nogara cambiò in oro parte del patrimonio Vaticano da lui gestito. Le sue speculazioni sul mercato dell'oro continuarono per tutto il periodo in cui fu alla guida dell'amministrazione dei beni del Vaticano.
Sin dai tempi di Pio XII lo IOR, bisognoso di disporre di fondi sicuri, fornì sbocchi bancari ai fascisti italiani e ai nazisti, nonché alla mafia, anche perché al tempo della dittatura fascista era molto difficile al Vaticano gestire liberamente l'Obolo di S. Pietro proveniente dalle due Americhe.
Il 27 giugno 1942 Pio XII decise di cambiare nome all'Amministrazione speciale per le Opere di Religione che diventò Istituto per le Opere di Religione. Nasce così un ente bancario dotato di un'autonoma personalità giuridica e che si dedicherà non soltanto al compito di raccogliere beni per la Santa Sede, ma anche a quello di amministrare il denaro e le proprietà ceduti o affidati all'istituto stesso da persone fisiche o giuridiche per opere religiose e di carità cristiana.
Il 31 dicembre 1942 il ministro delle Finanze del governo italiano Paolo Thaon di Revel emise una circolare in cui si affermava che la Santa Sede era esonerata dal pagare le imposte sui dividendi azionari.
Inoltre il Vaticano, essendosi dichiarato neutrale durante la II guerra mondiale, poté, come la Svizzera, trattare tranquillamente affari con la Germania di Hitler. Finita la guerra il Vaticano non risarcì mai le vittime dell'olocausto, restituendo loro i preziosi che i nazisti avevano trasformato in lingotti.
Anzi la Banca Vaticana contribuì a nascondere l'oro nazista non solo nella stessa Santa Sede, ma anche presso il santuario di Fatima in Portogallo, controllato da elementi massonici, i quali solo apparentemente risultano anticlericali (è noto infatti che la loggia segreta P2 aveva ampi contatti con gli ambienti vaticani).
Lo IOR ha contribuito anche alla scomparsa di buona parte dell'oro della Croazia indipendente, che durante l'ultima guerra mondiale collaborava coi nazisti. Gli ustascia (i cattolici nazisti) massacrarono impunemente ben mezzo milione di serbi ortodossi, nonché decine di migliaia di ebrei e di gitani.
La leadership ustascia, finita la guerra, si era rifugiata proprio in Vaticano e in alcune proprietà francescane italiane. Uno dei mediatori che permise agli ustascia e anche ad altri criminali nazisti di ottenere l'impunità, fu il segretario di stato Montini, in seguito papa Paolo VI.
In particolare gli ustascia ebbero bisogno della Banca Vaticana proprio per gestire finanziariamente il loro governo esiliato in Argentina e per spedire i propri criminali in fuga verso il Sudamerica, l'Australia e altri luoghi con la protezione della Cia.
Ovviamente il Segretariato Vaticano è a tutt'oggi assolutamente contrario a rendere pubblici gli archivi relativi alla II guerra mondiale.
Intanto Nogara continuava a lavorare per accrescere le risorse del Vaticano. Negli anni '50 e '60 lo IOR prese ad arricchirsi coi fondi che molte famiglie agiate volevano trasferire all'estero per pagare meno tasse.
Furono rafforzati i legami con diverse banche. Già dai primi del Novecento i Rothschild di Londra e di Parigi trattavano con il Vaticano, ma con la gestione Nogara gli affari e i partner bancari aumentarono vertiginosamente: Credit Suisse, Hambros Bank, Morgan Guarantee Trust, The Bankers Trust di New York (di cui Nogara si serviva quando voleva comprare e vendere titoli a Wall Street), Chase Manhattan, Continental Illinois National Bank. E Nogara assicurò al Vaticano partecipazioni in società che operavano nei settori più diversi: alimentare, assicurativo, acciaio, meccanica, cemento e beni immobili. Un susseguirsi di successi finanziari senza precedenti per la Chiesa cattolica.
Nel 1954 Bernardino Nogara decise di ritirarsi, senza tuttavia interrompere l'attività di consulente finanziario del Vaticano, che continuò fino alla morte, avvenuta nel 1958. La stampa dedicò poco spazio alla sua scomparsa, ma negli ambienti vaticani si era ben consapevoli della sua eccezionale importanza.
Al geniale banchiere, nel corso della sua lunga attività, venne affiancato il principe Massimo Spada. Anche lui mostrò lungimiranza e spregiudicatezza nella gestione degli interessi del Vaticano e si lanciò in varie operazioni, la maggior parte delle quali in collaborazione con Michele Sindona.
Lo IOR, in quanto istituto che opera con modalità proprie, non è mai stato tenuto a nessun tipo di informativa - né verso i propri clienti, né verso terzi - né tanto meno a pubblicare un bilancio o un consuntivo sulle proprie attività.
A ogni cliente viene fornita una tessera di credito con un numero codificato: né nome né foto. Con questa si viene identificati: alle operazioni non si rilasciano ricevute, nessun documento contabile. Non ci sono libretti di assegni intestati allo IOR: chi li vuole dovrà appoggiarsi alla Banca di Roma, convenzionata con l'istituto vaticano.
I clienti dello IOR possono essere solo esponenti del mondo ecclesiastico: ordini religiosi, diocesi, parrocchie, istituzioni e organismi cattolici, cardinali, vescovi e monsignori, laici con cittadinanza vaticana, diplomatici accreditati alla Santa Sede. A questi si aggiungono i dipendenti del Vaticano e pochissime eccezioni, selezionate con criteri non conosciuti.
Il conto può essere aperto in euro o in valuta straniera: circostanza, questa, inedita rispetto alle altre banche. Aperto il conto, il cliente può ricevere o trasferire i soldi in qualsiasi momento da e verso qualsiasi banca estera. Senza alcun controllo. Per questo, negli ambienti finanziari, si dice che lo IOR è l'ideale per chi ha capitali che vuole far passare inosservati. I suoi bilanci sono noti a una cerchia ristrettissima di cardinali, qualsiasi passaggio di denaro avviene nella massima riservatezza, senza vincoli né limiti.
Lo IOR è indipendente dagli altri due istituti finanziari vaticani e sulla sua attività si sa soltanto che è gestito da cardinali di alto livello e da banchieri internazionali.
Il vescovo Paul Marcinkus, il più famoso dirigente dello IOR, faceva chiaramente capire che la Banca Vaticana godeva di privilegi assoluti nell'esportazione all'estero dei capitali. Ed egli era in grado di servirsi dei noti finanzieri e bancarottieri, Michele Sindona, colluso coi poteri mafiosi italo-americani, avvelenato in carcere, e Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, trovato impiccato a Londra; nonché del capo della P2, Licio Gelli, arrestato per attività sovversiva, e del vescovo Hnilica, che per tutti gli anni '80 trasferì in Vaticano i fondi anticomunisti provenienti dall'Europa dell'est e i fondi cospicui provenienti dai pellegrinaggi di Medjugorje in Bosnia.
Utilizzando numerose società fantasma con sede a Panama o nel Lussemburgo, lo IOR divenne uno dei maggiori esponenti dei mercati finanziari mondiali alla fine degli anni '70. Era infatti in grado di utilizzare le filiere mafiose di Sindona per istradare grosse somme fuori dal Paese, sotto il naso di tutti gli organismi di controllo.
Poi, quando Sindona era diventato meno frequentabile, a seguito dei suoi debiti con la giustizia, lo IOR cominciò a servirsi di Roberto Calvi e della sua banca.
In quel periodo nel Vaticano si fronteggiavano due fazioni politiche contrapposte: una, massonica-moderata, denominata "Mafia di Faenza", faceva capo a Casaroli, Samorè, Silvestrini e Pio Laghi, l'altra, integralista, legata all'Opus Dei, faceva capo a Marcinkus, Mons. Virgilio Levi, vice direttore dell'"Osservatorio Romano", e Mons. Luigi Cheli, Nunzio pontificio presso l'ONU.
Coinvolto nello scandalo del Banco Ambrosiano di Calvi, lo IOR subì un vero e proprio terremoto: il cardinale Markinkus riuscì a farla franca solo appellandosi all'immunità diplomatica.
Lo IOR fu fondato nel 1887 da Leone XIII, col nome di "Commissione per le Opere Pie", al fine di convertire le offerte dei fedeli in un fondo facilmente smobilizzabile. La prima riforma delle finanze vaticane risale al 1908, quando su iniziativa di papa Pio X l'istituto assunse il nome di Commissione amministratrice delle Opere di Religione.
La trasformazione in una banca vera e propria avvenne nel 1941, anche se il finanziamento più significativo che indusse il papato a favorire tale trasformazione, fu quello concesso dal fascismo, col Concordato (Patti Lateranensi) del 1929, che prevedeva, a titolo di risarcimento per la perdita degli Stati pontifici l'indomani dell'unificazione nazionale, qualcosa come 100 milioni di dollari (40 in contanti e 60 in obbligazioni; in lire erano 750 milioni), oltre all'esenzione dalle tasse e dai dazi sulle merci importate in Vaticano.
Per gestire questo ingente patrimonio, papa Pio XI istituisce l'Amministrazione speciale per le Opere di Religione, che affida a un laico esperto, l'ingegner Bernardino Nogara, un abile banchiere proveniente dalla Comit, membro della delegazione che, dopo la prima guerra mondiale, negoziò il trattato di pace e, successivamente, delegato alla Banca Commerciale di Istanbul.
Grazie alla sua abilità, Nogara trasformò l'Amministrazione in un impero edilizio, industriale e finanziario. Le condizioni che il banchiere pose a Pio XI per accettare l'incarico di gestire il patrimonio del Vaticano furono due: gli investimenti dovevano essere liberi da qualsiasi considerazione religiosa o dottrinale e realizzabili in ogni parte del mondo.
Il Papa accettò e si aprì così la strada alle speculazioni monetarie e ad altre operazioni di mercato nella Borsa valori, compreso l'acquisto di azioni di società che svolgevano attività in netto contrasto con l'insegnamento cattolico (armi, contraccettivi ecc.).
Nogara rilevò l'Italgas, fornitore unico in molte città italiane, e fece entrare nel consiglio di amministrazione, come rappresentante del Vaticano nella società, l'avvocato Francesco Pacelli, fratello del cardinale Eugenio che poco dopo sarà eletto Papa e assumerà il nome di Pio XII. Grazie alla gestione di Nogara, il Banco di Roma, il Banco di Santo Spirito e la Cassa di Risparmio di Roma entrarono ben presto nell'ambito dell'influenza del Vaticano.
Quando acquisiva quote di una società, raramente Nogara entrava nel consiglio di amministrazione: preferiva affidare quest'incarico a uno dei suoi uomini di fiducia, tutti appartenenti all’elite vaticana che si occupava della gestione degli interessi della Chiesa. I tre nipoti di Pio XII, i principi Carlo, Marcantonio e Giulio Pacelli, ne facevano parte, i loro nomi cominciarono ad apparire tra quelli degli amministratori di un elenco sempre più lungo di società. Gli uomini di fiducia della Chiesa erano presenti dappertutto: industrie tessili, comunicazioni telefoniche, ferrovie, cemento, elettricità, acqua. Bernardino Nogara sorvegliava ogni settore che promettesse margini di remunerazione.
Nel 1935, quando Mussolini ebbe bisogno di armi per la campagna d'Etiopia, una considerevole quantità fu fornita da una fabbrica di munizioni che Nogara aveva acquisito per il Vaticano. E rendendosi conto, prima di molti altri, dell'inevitabilità della seconda guerra mondiale, sempre Nogara cambiò in oro parte del patrimonio Vaticano da lui gestito. Le sue speculazioni sul mercato dell'oro continuarono per tutto il periodo in cui fu alla guida dell'amministrazione dei beni del Vaticano.
Sin dai tempi di Pio XII lo IOR, bisognoso di disporre di fondi sicuri, fornì sbocchi bancari ai fascisti italiani e ai nazisti, nonché alla mafia, anche perché al tempo della dittatura fascista era molto difficile al Vaticano gestire liberamente l'Obolo di S. Pietro proveniente dalle due Americhe.
Il 27 giugno 1942 Pio XII decise di cambiare nome all'Amministrazione speciale per le Opere di Religione che diventò Istituto per le Opere di Religione. Nasce così un ente bancario dotato di un'autonoma personalità giuridica e che si dedicherà non soltanto al compito di raccogliere beni per la Santa Sede, ma anche a quello di amministrare il denaro e le proprietà ceduti o affidati all'istituto stesso da persone fisiche o giuridiche per opere religiose e di carità cristiana.
Il 31 dicembre 1942 il ministro delle Finanze del governo italiano Paolo Thaon di Revel emise una circolare in cui si affermava che la Santa Sede era esonerata dal pagare le imposte sui dividendi azionari.
Inoltre il Vaticano, essendosi dichiarato neutrale durante la II guerra mondiale, poté, come la Svizzera, trattare tranquillamente affari con la Germania di Hitler. Finita la guerra il Vaticano non risarcì mai le vittime dell'olocausto, restituendo loro i preziosi che i nazisti avevano trasformato in lingotti.
Anzi la Banca Vaticana contribuì a nascondere l'oro nazista non solo nella stessa Santa Sede, ma anche presso il santuario di Fatima in Portogallo, controllato da elementi massonici, i quali solo apparentemente risultano anticlericali (è noto infatti che la loggia segreta P2 aveva ampi contatti con gli ambienti vaticani).
Lo IOR ha contribuito anche alla scomparsa di buona parte dell'oro della Croazia indipendente, che durante l'ultima guerra mondiale collaborava coi nazisti. Gli ustascia (i cattolici nazisti) massacrarono impunemente ben mezzo milione di serbi ortodossi, nonché decine di migliaia di ebrei e di gitani.
La leadership ustascia, finita la guerra, si era rifugiata proprio in Vaticano e in alcune proprietà francescane italiane. Uno dei mediatori che permise agli ustascia e anche ad altri criminali nazisti di ottenere l'impunità, fu il segretario di stato Montini, in seguito papa Paolo VI.
In particolare gli ustascia ebbero bisogno della Banca Vaticana proprio per gestire finanziariamente il loro governo esiliato in Argentina e per spedire i propri criminali in fuga verso il Sudamerica, l'Australia e altri luoghi con la protezione della Cia.
Ovviamente il Segretariato Vaticano è a tutt'oggi assolutamente contrario a rendere pubblici gli archivi relativi alla II guerra mondiale.
Intanto Nogara continuava a lavorare per accrescere le risorse del Vaticano. Negli anni '50 e '60 lo IOR prese ad arricchirsi coi fondi che molte famiglie agiate volevano trasferire all'estero per pagare meno tasse.
Furono rafforzati i legami con diverse banche. Già dai primi del Novecento i Rothschild di Londra e di Parigi trattavano con il Vaticano, ma con la gestione Nogara gli affari e i partner bancari aumentarono vertiginosamente: Credit Suisse, Hambros Bank, Morgan Guarantee Trust, The Bankers Trust di New York (di cui Nogara si serviva quando voleva comprare e vendere titoli a Wall Street), Chase Manhattan, Continental Illinois National Bank. E Nogara assicurò al Vaticano partecipazioni in società che operavano nei settori più diversi: alimentare, assicurativo, acciaio, meccanica, cemento e beni immobili. Un susseguirsi di successi finanziari senza precedenti per la Chiesa cattolica.
Nel 1954 Bernardino Nogara decise di ritirarsi, senza tuttavia interrompere l'attività di consulente finanziario del Vaticano, che continuò fino alla morte, avvenuta nel 1958. La stampa dedicò poco spazio alla sua scomparsa, ma negli ambienti vaticani si era ben consapevoli della sua eccezionale importanza.
Al geniale banchiere, nel corso della sua lunga attività, venne affiancato il principe Massimo Spada. Anche lui mostrò lungimiranza e spregiudicatezza nella gestione degli interessi del Vaticano e si lanciò in varie operazioni, la maggior parte delle quali in collaborazione con Michele Sindona.
Lo IOR, in quanto istituto che opera con modalità proprie, non è mai stato tenuto a nessun tipo di informativa - né verso i propri clienti, né verso terzi - né tanto meno a pubblicare un bilancio o un consuntivo sulle proprie attività.
A ogni cliente viene fornita una tessera di credito con un numero codificato: né nome né foto. Con questa si viene identificati: alle operazioni non si rilasciano ricevute, nessun documento contabile. Non ci sono libretti di assegni intestati allo IOR: chi li vuole dovrà appoggiarsi alla Banca di Roma, convenzionata con l'istituto vaticano.
I clienti dello IOR possono essere solo esponenti del mondo ecclesiastico: ordini religiosi, diocesi, parrocchie, istituzioni e organismi cattolici, cardinali, vescovi e monsignori, laici con cittadinanza vaticana, diplomatici accreditati alla Santa Sede. A questi si aggiungono i dipendenti del Vaticano e pochissime eccezioni, selezionate con criteri non conosciuti.
Il conto può essere aperto in euro o in valuta straniera: circostanza, questa, inedita rispetto alle altre banche. Aperto il conto, il cliente può ricevere o trasferire i soldi in qualsiasi momento da e verso qualsiasi banca estera. Senza alcun controllo. Per questo, negli ambienti finanziari, si dice che lo IOR è l'ideale per chi ha capitali che vuole far passare inosservati. I suoi bilanci sono noti a una cerchia ristrettissima di cardinali, qualsiasi passaggio di denaro avviene nella massima riservatezza, senza vincoli né limiti.
Lo IOR è indipendente dagli altri due istituti finanziari vaticani e sulla sua attività si sa soltanto che è gestito da cardinali di alto livello e da banchieri internazionali.
Il vescovo Paul Marcinkus, il più famoso dirigente dello IOR, faceva chiaramente capire che la Banca Vaticana godeva di privilegi assoluti nell'esportazione all'estero dei capitali. Ed egli era in grado di servirsi dei noti finanzieri e bancarottieri, Michele Sindona, colluso coi poteri mafiosi italo-americani, avvelenato in carcere, e Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, trovato impiccato a Londra; nonché del capo della P2, Licio Gelli, arrestato per attività sovversiva, e del vescovo Hnilica, che per tutti gli anni '80 trasferì in Vaticano i fondi anticomunisti provenienti dall'Europa dell'est e i fondi cospicui provenienti dai pellegrinaggi di Medjugorje in Bosnia.
Utilizzando numerose società fantasma con sede a Panama o nel Lussemburgo, lo IOR divenne uno dei maggiori esponenti dei mercati finanziari mondiali alla fine degli anni '70. Era infatti in grado di utilizzare le filiere mafiose di Sindona per istradare grosse somme fuori dal Paese, sotto il naso di tutti gli organismi di controllo.
Poi, quando Sindona era diventato meno frequentabile, a seguito dei suoi debiti con la giustizia, lo IOR cominciò a servirsi di Roberto Calvi e della sua banca.
In quel periodo nel Vaticano si fronteggiavano due fazioni politiche contrapposte: una, massonica-moderata, denominata "Mafia di Faenza", faceva capo a Casaroli, Samorè, Silvestrini e Pio Laghi, l'altra, integralista, legata all'Opus Dei, faceva capo a Marcinkus, Mons. Virgilio Levi, vice direttore dell'"Osservatorio Romano", e Mons. Luigi Cheli, Nunzio pontificio presso l'ONU.
Coinvolto nello scandalo del Banco Ambrosiano di Calvi, lo IOR subì un vero e proprio terremoto: il cardinale Markinkus riuscì a farla franca solo appellandosi all'immunità diplomatica.
Licio Gelli, Roberto Calvi, Michele Sindona e Paoul Markinkus |
Dopo
le vicende legate al banco Ambrosiano, al crac e al cardinale
Marcinkus, nel 1990 papa Giovanni Paolo II lo ha riformato, affidandone
la gestione a persone laiche ma di credenze cattoliche; lo presiede,
infatti, Angelo Caloia, professore dell'università Cattolica di Milano,
ex presidente del Medio Credito Lombardo e attualmente a capo di due
società di Banca Intesa. Ai prelati è riservata una funzione di
vigilanza.
Lo IOR ha sede unica in Vaticano. Ufficialmente non ha filiali in nessun altro luogo. Non ha accesso diretto ai circuiti finanziari internazionali. Non aderisce alle norme antiriciclaggio sulla trasparenza dei conti. Il riferimento è la segreteria di Stato vaticana di monsignor Angelo Sodano. Per operare in Europa lo IOR si avvale di due grandi banche, una tedesca e una italiana, i cui nomi non si conoscono. Si pensa a Banca Intesa, della quale lo IOR possiede il 3,37% insieme con la Banca Lombarda e la Mittel (il cosiddetto Gruppo bresciano dei soci), e di Deutsche Bank, ma nessuno lo conferma con certezza.
Oggi lo IOR amministra un patrimonio stimato in 5 miliardi di euro e funziona come un fondo chiuso. In pratica ha rendimenti da hedge fund, visto che ai suoi clienti (dipendenti del Vaticano, membri della Santa Sede, ordini religiosi, benefattori) garantisce interessi medi annui superiori al 12%. Anche per depositi di lieve consistenza.
Secondo un rapporto del giugno 2002 del Dipartimento del Tesoro americano, basato su stime della Fed, solo in titoli Usa il Vaticano ha 298 milioni di dollari: 195 in azioni, 102 in obbligazioni a lungo termine (49 milioni in bond societari, 36 milioni in emissioni delle agenzie governative e 17 milioni in titoli governativi) più un milione di euro in obbligazioni a breve del Tesoro. E l’advisor inglese The Guthrie Group nei suoi tabulati segnala una joint venture da 273,6 milioni di euro tra IOR e partner Usa.
I segreti finanziari del Vaticano vengono conservati nelle Isole Cayman, il paradiso fiscale caraibico, spiritualmente guidato dal cardinale Adam Joseph Maida che, tra l’altro, siede nel collegio di vigilanza dello IOR. Le Cayman sono state sottratte al controllo della diocesi giamaicana di Kingston per essere proclamate Missio sui iuris, alle dipendenze dirette del Vaticano.
In Italia i diritti di voto dei 45 milioni di quote di Banca Intesa (per un valore in Borsa di circa 130 milioni di euro) sono stati concessi alla Mittel di Giovanni Bazoli in cambio di un dividendo maggiorato rispetto a quello di competenza. E quando la Borsa tira, gli affari si moltiplicano. Nel 1998 p. es. non sfuggì a molti l’ottimo investimento (100 miliardi di lire) deciso dallo IOR nelle azioni della Banca popolare di Brescia: in meno di 12 mesi il capitale si quadruplicò, naturalmente molto prima del crollo del titolo Bipop.
Ma il patrimonio dello IOR non è solo mobile. Dell’Istituto si parla anche in relazione alle beghe con gli inquilini di quattro condomini di Roma e Frascati che lo IOR, a cavallo fra il 2002 e il 2003, ha venduto alla società Marine Investimenti Sud, all’epoca di proprietà al 90% della Finnat Fiduciaria di Giampietro Nattino, uno dei laici della Prefettura degli affari economici della Santa Sede, e oggi in mano alla lussemburghese Longueville.
Gli inquilini, però, affermano di sentirsi chiedere il pagamento del canone di locazione ancora dallo IOR, che nei documenti ufficiali compare anche come Ocrot: Officia pro caritatis religionisque operibus tutandis, con il codice fiscale italiano dell’istituto: 80206390587.
Per il 25esimo anniversario di pontificato, Giovanni Paolo II il 25 ottobre 2003 ha ricevuto un assegno da 2,5 milioni di dollari, la rendita di un fondo d’investimento americano da 20 milioni di dollari dedicato a lui, il Vicarius Christi Fund.
Il denaro è gestito dall’ordine cavalleresco cattolico più grande del mondo, nato 122 anni fa nel Connecticut: The Knights of Columbus (I Cavalieri di Colombo), che conta 1,6 milioni di membri tra Stati Uniti, Canada, Messico, Porto Rico, Repubblica Dominicana, Filippine, Bahamas, Guatemala, Guam, Saipan e Isole Vergini.
Il suo cavaliere supremo, Virgil Dechant, è uno dei 9 consiglieri dello Stato Città del Vaticano e anche vicepresidente dello IOR. Con i 2,5 milioni di dollari regalati a Karol Wojtyla il 9 ottobre 2003, il totale delle donazioni dell’ordine cavalleresco al vicario di Cristo ha superato i 35 milioni di dollari. Nulla, in confronto ai 47 miliardi di dollari del fondo assicurativo sulla vita gestito dai Cavalieri di Colombo, al quale Standard & Poor’s assegna da anni il rating più elevato.
L’ordine investe nei corporate bond emessi da più di 740 società statunitensi e canadesi e solo nel 2002, piazzando polizze sulla vita e servizi di assistenza domiciliare ai suoi iscritti attraverso 1.400 agenti, ha incassato 4,5 miliardi di dollari (il 3,4% in più rispetto al 2001). Una parte delle entrate, 128,5 milioni di dollari, è stata girata a diocesi, ordini religiosi, seminari, scuole cattoliche e, ovviamente, al Vaticano che nel 2002, tra la rendita del fondo del Papa, gli assegni alle nunziature apostoliche di Usa e Jugoslavia, il contributo alla Santa Sede nella sua missione di osservatore permanente all’Onu e quello per il restauro della basilica di san Pietro, ha ricevuto dai Cavalieri di Colombo 1,98 milioni di dollari.
www.nuovimondimedia.com
Lo IOR ha sede unica in Vaticano. Ufficialmente non ha filiali in nessun altro luogo. Non ha accesso diretto ai circuiti finanziari internazionali. Non aderisce alle norme antiriciclaggio sulla trasparenza dei conti. Il riferimento è la segreteria di Stato vaticana di monsignor Angelo Sodano. Per operare in Europa lo IOR si avvale di due grandi banche, una tedesca e una italiana, i cui nomi non si conoscono. Si pensa a Banca Intesa, della quale lo IOR possiede il 3,37% insieme con la Banca Lombarda e la Mittel (il cosiddetto Gruppo bresciano dei soci), e di Deutsche Bank, ma nessuno lo conferma con certezza.
Oggi lo IOR amministra un patrimonio stimato in 5 miliardi di euro e funziona come un fondo chiuso. In pratica ha rendimenti da hedge fund, visto che ai suoi clienti (dipendenti del Vaticano, membri della Santa Sede, ordini religiosi, benefattori) garantisce interessi medi annui superiori al 12%. Anche per depositi di lieve consistenza.
Secondo un rapporto del giugno 2002 del Dipartimento del Tesoro americano, basato su stime della Fed, solo in titoli Usa il Vaticano ha 298 milioni di dollari: 195 in azioni, 102 in obbligazioni a lungo termine (49 milioni in bond societari, 36 milioni in emissioni delle agenzie governative e 17 milioni in titoli governativi) più un milione di euro in obbligazioni a breve del Tesoro. E l’advisor inglese The Guthrie Group nei suoi tabulati segnala una joint venture da 273,6 milioni di euro tra IOR e partner Usa.
I segreti finanziari del Vaticano vengono conservati nelle Isole Cayman, il paradiso fiscale caraibico, spiritualmente guidato dal cardinale Adam Joseph Maida che, tra l’altro, siede nel collegio di vigilanza dello IOR. Le Cayman sono state sottratte al controllo della diocesi giamaicana di Kingston per essere proclamate Missio sui iuris, alle dipendenze dirette del Vaticano.
In Italia i diritti di voto dei 45 milioni di quote di Banca Intesa (per un valore in Borsa di circa 130 milioni di euro) sono stati concessi alla Mittel di Giovanni Bazoli in cambio di un dividendo maggiorato rispetto a quello di competenza. E quando la Borsa tira, gli affari si moltiplicano. Nel 1998 p. es. non sfuggì a molti l’ottimo investimento (100 miliardi di lire) deciso dallo IOR nelle azioni della Banca popolare di Brescia: in meno di 12 mesi il capitale si quadruplicò, naturalmente molto prima del crollo del titolo Bipop.
Ma il patrimonio dello IOR non è solo mobile. Dell’Istituto si parla anche in relazione alle beghe con gli inquilini di quattro condomini di Roma e Frascati che lo IOR, a cavallo fra il 2002 e il 2003, ha venduto alla società Marine Investimenti Sud, all’epoca di proprietà al 90% della Finnat Fiduciaria di Giampietro Nattino, uno dei laici della Prefettura degli affari economici della Santa Sede, e oggi in mano alla lussemburghese Longueville.
Gli inquilini, però, affermano di sentirsi chiedere il pagamento del canone di locazione ancora dallo IOR, che nei documenti ufficiali compare anche come Ocrot: Officia pro caritatis religionisque operibus tutandis, con il codice fiscale italiano dell’istituto: 80206390587.
Per il 25esimo anniversario di pontificato, Giovanni Paolo II il 25 ottobre 2003 ha ricevuto un assegno da 2,5 milioni di dollari, la rendita di un fondo d’investimento americano da 20 milioni di dollari dedicato a lui, il Vicarius Christi Fund.
Il denaro è gestito dall’ordine cavalleresco cattolico più grande del mondo, nato 122 anni fa nel Connecticut: The Knights of Columbus (I Cavalieri di Colombo), che conta 1,6 milioni di membri tra Stati Uniti, Canada, Messico, Porto Rico, Repubblica Dominicana, Filippine, Bahamas, Guatemala, Guam, Saipan e Isole Vergini.
Il suo cavaliere supremo, Virgil Dechant, è uno dei 9 consiglieri dello Stato Città del Vaticano e anche vicepresidente dello IOR. Con i 2,5 milioni di dollari regalati a Karol Wojtyla il 9 ottobre 2003, il totale delle donazioni dell’ordine cavalleresco al vicario di Cristo ha superato i 35 milioni di dollari. Nulla, in confronto ai 47 miliardi di dollari del fondo assicurativo sulla vita gestito dai Cavalieri di Colombo, al quale Standard & Poor’s assegna da anni il rating più elevato.
L’ordine investe nei corporate bond emessi da più di 740 società statunitensi e canadesi e solo nel 2002, piazzando polizze sulla vita e servizi di assistenza domiciliare ai suoi iscritti attraverso 1.400 agenti, ha incassato 4,5 miliardi di dollari (il 3,4% in più rispetto al 2001). Una parte delle entrate, 128,5 milioni di dollari, è stata girata a diocesi, ordini religiosi, seminari, scuole cattoliche e, ovviamente, al Vaticano che nel 2002, tra la rendita del fondo del Papa, gli assegni alle nunziature apostoliche di Usa e Jugoslavia, il contributo alla Santa Sede nella sua missione di osservatore permanente all’Onu e quello per il restauro della basilica di san Pietro, ha ricevuto dai Cavalieri di Colombo 1,98 milioni di dollari.
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