mercoledì 14 novembre 2012

Gaza, raid israeliano: ucciso il capo militare di Hamas

Israele ha compiuto un attacco mirato per uccidere il comandante della Brigata al-Qassam. Reazione dei miliziani che lanciano razzi verso Israele, mentre continuano i raid nel sud della Striscia. L'escalation nello scontro con i palestinesi era stata già annunciata da Netanyahu. L'Egitto ritira l'ambasciatore a Tel Aviv

Gaza, raid israeliano: ucciso il capo militare di Hamas
E’ morto il comandante militare di Hamas Ahmed al-Jabari, ucciso nell’esplosione della sua auto a Gaza, provocata da un raid israeliano. Il leader della Brigata al-Qassam, braccio armato della fazione islamico-radicale palestinese, è stato ucciso da un missile sparato da un drone israeliano. Israele ha rivendicato l’attacco: ”Ahmed al-Jabari era stato direttamente responsabile negli ultimi anni della esecuzione di attacchi terroristici contro lo Stato di Israele”. E’ quanto afferma in un comunicato il portavoce militare israeliano, Yoav Mordechai. “Lo scopo di questa operazione – si legge ancora nella nota – era colpire in maniera significativa la catena di comando della leadership di Hamas e della sua infrastruttura terroristica”.
La notizia ha destato forte emozione in Israele. I programmi radio normali sono stati interrotti. Nel Paese lo stato di allerta è stato subito elevato nel timore della prevedibile reazione di Hamas. Da Gaza si ha intanto notizia di raid ripetuti, di bombe su installazioni della polizia di Hamas e di colonne di fumo. L’esercito israeliano ha annunciato infatti di aver dato il via all’operazione denominata ‘Colonna di nuvole’ (Cloud Pillar) contro Hamas e altri fazioni palestinesi nella Striscia. Domenica 11 novembre era stato il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, a preannunciare una escalation nel conflitto con Hamas.
Nella Striscia di Gaza l’attacco ha scatenato violente manifestazioni di protesta. Centinaia di manifestanti sono accorsi all’ospedale Shifa di Gaza City, dove è stato trasportato il corpo di al-Jabari, intonando slogan contro Israele e sparando colpi di arma da fuoco in aria. Alcuni dei presenti hanno fatto irruzione nell’ospedale invocando vendetta. Intanto dagli altoparlanti delle moschee del territorio palestinese sono partiti gli inviti a pregare per il leader della Brigata al-Qassam.
LE REAZIONI - Se per Tel Aviv questo è “l’inizio di una campagna che ha l’obiettivo di eliminare i miliziani di Gaza”, la risposta di Hamas non si è fatta attendere: “Si sono aperte le porte dell’inferno”, è stata la prima replica. Oltre a Jabari, è stato ucciso anche un altro responsabile militare della fazione islamica palestinese al potere nella Striscia di Gaza, Raed Attar. Al-Jabari è il più alto in grado, tra gli esponenti di Hamas, ad essere ucciso da Israele dai tempi dell’operazione Piombo Fuso contro la Striscia di Gaza tra dicembre 2008 e gennaio 2009.
“E’ stato un crimine atroce e avrà ripercussioni”. Con queste parole, Taher Anunu, portavoce del governo di Hamas, ha commentato l’uccisione di Ahmed al-Jabari. “Il governo palestinese chiederà un processo per i responsabili dell’omicidio e dell’attacco ad aree civili – ha detto Anunu alla Bbc – ma le fazioni palestinesi hanno il diritto di rispondere nel modo che ritengono più giusto”. Dello stesso tenore il commento del portavoce ufficiale di Hamas, Salah al-Bardawil. “Hamas e il suo braccio militare risponderanno all’attacco israeliano infliggendo lo stesso dolore provocato dall’assassinio di un leader di grande calibro come al-Jabari”, ha detto in una dichiarazione apparsa sul sito della fazione integralista. A suo giudizio questa uccisione dimostra che lo stato ebraico “intende proseguire la sua politica di aggressione, incurante della comunità internazionale e delle sue decisioni” sul conflitto israelo-palestinese. In una nota diffusa da Hamas si legge: ”L’occupante israeliano ha commesso un crimine pericoloso e ha superato la linea rossa – si legge ancora nella nota – Questo atto è considerato come guerra e pagheranno un prezzo altissimo”.
L‘Egitto chiede ”uno stop immediato” ai raid israeliani su Gaza e di evitare tutto ciò che possa portare a “un’escalation che avrebbe un impatto negativo sulla pace e la sicurezza”. E’ l’appello del ministro degli Esteri egiziano, Kamel Amr, che, conversando con i giornalisti al termine della task force Ue-Egitto, ha affermato: ”Condanniamo nei termini più forti possibili l’uccisione di Ahmed al-Jabari da parte di Israele. L’uccisione di civili e di persone innocenti è assolutamente inaccettabile”. Condanna anche dal partito del presidente egiziano Mohamed Mursi, Giustizia e Libertà, braccio politico dei Fratelli Musulmani. Per il partito si tratta di “un crimine che esige una rapida azione araba, che ponga fine al massacro della popolazione palestinese sotto assedio a Gaza”. In un comunicato pubblicato sul suo sito, Giustizia e Libertà afferma che la scelta “di uccidere i capi della resistenza palestinese conferma la politica israeliana che vuole portare instabilità nella regione”. Intanto il Paese ha richiamato il suo ambasciatore a Tel Aviv
Il segretario generale dell’Onu, Ban ki-Moon, invece, ha lanciato un appello ad entrambe le parti perché si ponga fine all’escalation di violenze.
Nel frattempo Abu Mazen, presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), ha chiesto la convocazione urgente di una riunione straordinaria della Lega Araba per discutere dell’ondata di raid aerei israeliani.
E nel giro di poche ore Hamas è passato dalle parole ai fatti: una decina di razzi sono stati sparati a più riprese da Gaza verso la città israeliana di Beer Sheva, nel Neghev. L’attacco è stato sferrato da alle ore 20 locali, mentre in Israele iniziavano i telegiornali. Finora si ha notizia solo di danni materiali, ma non di vittime. Sembrerebbe che due missili siano stati intercettati dal sistema di difesa israeliano ‘Iron Dome’ (Cupola d’acciaio). In precedenza le ferrovie israeliane avevano provveduto a potenziare il servizio per consentire a molte centinaia di persone che temevano l’imminenza di attacchi palestinesi, dopo l’uccisione del comandante militare di Hamas, di lasciare Beer Sheva. Il ministro della Difesa, Ehud Barak, ha ordinato il richiamo di alcune unità di riservisti per far fronte alla situazione. Un’attivista italiana ha riferito che i raid israeliani finora avrebbero provocato 9  vittime, tra cui una bambina, più alcune decine di morti.

martedì 6 novembre 2012

"La trattativa Stato-Cosa nostra finì con le garanzie di Berlusconi"

La memoria della Procura di Palermo al Gip chiamato a decidere su 12 rinvii a giudizio. Richiesto il processo per politici come Mancino e mafiosi come Riina. I pm: Scalfaro cedette sul carcere duro

di SALVO PALAZZOLO
PALERMO - In gioco non c'era solo la revoca del carcere duro: nella drammatica stagione delle bombe del '92-'93 i capi di Cosa nostra puntavano a un "nuovo patto di convivenza Stato-mafia per traghettare dalla prima alla seconda Repubblica", cercavano soprattutto "nuovi referenti politici". E nel '94 li avrebbero trovati, ne è convinto il pool coordinato dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia: "Il lungo iter di una travagliata trattativa trovò finalmente il suo approdo nelle garanzie assicurate dal duo Dell'Utri-Berlusconi, come emerge dalle convergenti dichiarazioni dei collaboratori Spatuzza, Brusca e Giuffrè". Così viene riassunto nella memoria inviata dalla Procura di Palermo al gip Piergiorgio Morosini, che nelle prossime settimane dovrà decidere sul rinvio a giudizio di dodici imputati, fra boss e uomini delle istituzioni. In 27 pagine c'è la storia di un'inchiesta durata quattro anni, che oggi chiama in causa anche l'allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, un ex capo della polizia e un ex vice direttore del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, tutti non più in vita. Così scrivono i pm Di Matteo, Sava, Del Bene e Tartaglia: "Vincenzo Parisi e Francesco Di Maggio, agendo entrambi in stretto rapporto con il presidente Scalfaro, contribuirono al deprecabile cedimento sul tema del carcere duro".

"Un'amnesia durata vent'anni"
La Procura denuncia "i tanti,
troppi depistaggi e reticenze spesso di fonte istituzionale" che hanno ostacolato la ricerca della verità sulla "scellerata trattativa". E accusa: "Non si è del tutto rimossa quella forma di grave amnesia collettiva della maggior parte dei responsabili politico-istituzionali dell'epoca, un'amnesia durata vent'anni". Qualche "testimone eccellente", alla fine, è arrivato: "Ma solo dopo le dichiarazioni di Massimo Ciancimino", ricordano i pm. Così, nell'inchiesta sulla trattativa il figlio dell'ex sindaco di Palermo si guadagna il positivo giudizio di "testimone privilegiato dei fatti", nonostante sia imputato di calunnia, e per questo definito anche "fonte di prova dalla controversa attendibilità intrinseca".

"Un nuovo patto"
Sullo sfondo dell'inchiesta, i pm tratteggiano un quadro storico ben preciso: la crisi economica, il crollo del muro di Berlino, Tangentopoli. "È in questo contesto - scrivono - che va inserita la strategia di alleanze che Cosa nostra organizzò in quella nebulosa fase di transizione e concepì il piano destabilizzante del quadro politico nazionale, iniziato con l'omicidio di Salvo Lima". I magistrati spiegano: "Quel piano sfociò nella logica della trattativa per costruire un nuovo patto di convivenza fra Stato e mafia".

"Uomini politici cerniera"
Eccoli, gli uomini della trattativa oggi imputati. I pm chiamano l'ex ministro Calogero Mannino e il senatore Marcello Dell'Utri "gli uomini politici-cerniera, le cinghie di trasmissione delle minacce mafiose". L'ultima minaccia di nuove bombe sarebbe stata rivolta all'allora presidente del Consiglio Berlusconi appena insediato, nel '94: "Tramite Vittorio Mangano e Dell'Utri", spiega la memoria: "Fu l'ultimo messaggio intimidatorio prima della stipula definitiva del patto politico-mafioso". Parole che sembrano riaprire il capitolo giudiziario della nascita di Forza Italia.
Degli ex ministri Nicola Mancino e Giovanni Conso i pm dicono invece: "Si è acquisita la prova di una grave e consapevole reticenza".

Chi si è opposto
Ma questa non è solo la storia di uomini dello Stato sul banco degli imputati. Nel suo ultimo giorno da pm a Palermo, prima di partire per il Guatemala, Ingoria scrive: "Chi condusse la trattativa fece un'attenta valutazione. Il ministro dell'Interno in carica Vincenzo Scotti era ritenuto un potenziale ostacolo, mentre Mancino veniva ritenuto più utile in quanto considerato più facilmente influenzabile". Anche l'ex guardasigilli Claudio Martelli "viene percepito come un ostacolo alla trattativa, e finisce per essere politicamente eliminato". Così, dopo la morte di Giovanni Falcone, "irrompe sulla scena una male intesa (e perciò mai dichiarata) ragion di Stato", è questa la conclusione dei pm di Palermo: "E venne fornita apparente legittimazione alla trattativa".

lunedì 29 ottobre 2012

Tutte le immagini dell'Uragano SANDY



 







 

 







Il Cavaliere furioso costa 1,5 mld agli italiani. IDDRU..."NTU CULU". a capo...

"IDDRU"

..."NTU CULU".

di ETTORE LIVINI

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La pirotecnica conferenza stampa di sabato di Silvio Berlusconi costa in una sola mattinata 1,5 miliardi alle tasche degli italiani. "Il Cavaliere scuote l'Italia con il suo attacco al Governo Monti", titolava stamane in prima pagina il "Wall Street Journal". E anche gli investitori esteri che non avevano avuto la fortuna di assistitere in diretta tv all'esternazione dell'ex premier sullo sfondo in tende damascate di Villa Gernetto hanno preso atto, dando ordine di riprendere a vendere i titoli di stato tricolori. Pochi minuti dopo l'avvio delle contrattazioni l'effetto-Berlusconi valeva 13 punti di spread, con il differenziale tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi salito dai 337 punti base di venerdì sera a quota 350. Un rialzo di questo genere, tradotto in soldoni, significa in prospettiva un aumento di 1,5 miliardi in tre anni degli interessi sul nostro debito. A metà della giornata di contrattazioni, invece, Piazza Affari - in calo del 2% circa, il doppio dei listini europei - ha già bruciato 7,2 miliardi del suo valore.

L'ex premier del resto non ha da tempo un rapporto facile con il mondo volubile degli spread. Lo scorso novembre, negli ultimi scampoli del suo governo, la forbice Btp/bund si era allargata fino a quota 575, una zavorra insostenibile per i nostri conti pubblici che ha portato (in sostanza) al suo passo indietro. Da allora il salva-Italia del Governo Monti e - in particolare - lo scudo aperto dalla Bce sul debito dei paesi più a rischio del Vecchio continente ha contribuito ad abbassare
la febbre sui titoli di stato tricolori. Ma la tempesta, come dimostrano le fibrillazioni di oggi, è sempre in agguato. E i duri attacchi di Berlusconi all'esecutivo e alla Germania, specie in vista delle elezioni 2013, rischiano di riportare l'orologio indietro di 12 mesi quando lo spread viaggiava attorno a quota 500 riaprendo una ferita che non si è mai cicatrizzata.

“Salone del Gusto”. 26 aziende nissene a Torino

 
CALTANISSETTA –  E’ stato più che positivo l’esordio delle 26 ditte di Caltanissetta e provincia, produttrici nel settore agroalimentare, presenti alla manifestazione fieristica “Salone del Gusto” in svolgimento a Torino fino al 29 ottobre: già il primo giorno d’apertura i titolari delle aziende nostrane hanno espresso soddisfazione sia per il numero dei visitatori, sia per i potenziali clienti e gli affari da concludere.
Da ricordare che la Provincia Regionale di Caltanissetta, tramite l’assessorato allo Sviluppo Economico, ancora una volta  s’è fatta carico di promuovere la presenza nissena a tale importante rassegna fieristica, su diretta richiesta delle stesse aziende locali per le quali l’ente ha messo a diposizione le bancarelle per l’esposizione dei rispettivi prodotti.
Il Salone del Gusto di Torino, giunto alla nona edizione biennale, è una mostra internazionale che porta all’attenzione del pubblico la produzione agroalimentare di qualità di tutto il mondo: acquisto dei prodotti, incontri, laboratori e degustazioni sono le attività attraverso cui le migliaia di visitatori possono approfondire i temi legati a una produzione di cibo che sia sostenibile e buona. Dei prodotti nisseni è stata prevista la degustazione, con l’offerta al pubblico di pasta tipica con sughi, pesti e lenticchie del nostro territorio, con il condimento di oli e formaggi nostrani.
Questo l’elenco dei 26 partecipanti: Azienda agricola Deliella (Delia), Azienda agricola Filippo Calafato (Villalba), Forno Santa Rita (Borgo S. Rita, Caltanissetta), Azienda agricola biologica Cammarata (San Cataldo), Azienda agricola Marco Farchica (Mazzarino), Ad Majora srl (Mazzarino), Mediterranea spezie e aromi (Caltanissetta), Salvatore Cannavò (Caltanissetta), Lo Bue Giuseppe & Figli srl (Serradifalco), Giovanna Raimondi (Milena), Antipasti Di Forti Ivan (Caltanissetta), Pasticceria Luigi Lo Piano (Caltanissetta), Caseificio Marina Principe (Resuttano), Bia S.a.s. (Resuttano), Azienda agricola “La Vrisca” (Serradifalco), Michele Cancemi (Caltanissetta), Casearia Fattoria Li Calzi Angelo (Caltanissetta), Azienda agricola Tatano Giuseppe (Villalba), Azienda agricola Gangi Dante (Resuttano), Azienda agricola Rovitello (Villalba), Feudo Niscima (Caltanissetta), Azienda agrituristica “Fattoria Di Gesu” (Villalba), La Uliva (Riesi), Consorzio tutela e valorizzazione lenticchia (Villalba), Caseificio Gadduzzo (Mussomeli), Azienda agricola Le Aromatiche (Mussomeli).

domenica 28 ottobre 2012

Comunque la si pensi, Giuseppe Grillo ha vinto. Un comico e saltimbanco non poteva che essere sconfitto da un altro comico, non vi pare?...è la legge della natura.


In una regione in cui la principale industria è stata sinora rappresentata dalla politica e la cultura dominante è stata quella parassitaria, i pentastellati dovranno dimostrare la capacità di fungere invece da efficace antiparassitario all’interno dell’Ars con misure che ripristino il valore del merito, della corretta competizione tra gli operatori, che rimuovano i disincentivi a investire, che taglino senza pietà le spese improduttive e l’invadenza di una burocrazia fine a se stessa perché non c’è nulla di più opposto alla mentalità parassitaria e mafiosa dell’affermazione di questi valori liberali. Se l’impresa riuscirà in Sicilia, non potrà non avere successo anche in Italia e potremo finalmente vedere una luce in fondo al tunnel.




Champagne per Tutti i cittadini onesti per festeggiare la Rinascita dell'Italia,Grazie Giuseppe


Un fallito nella vita è quì sopra


di | 24 ottobre 2012
Comunque la si pensi, Grillo ha rivoluzionato pacificamente il modo di fare politica in Italia incentrando la comunicazione e l’organizzazione in rete del suo movimento e raccogliendo, low cost, un notevole consenso.

Beppe Grillo: "il risanatore d'Italia" per un Nuovo Risorgimento
Nel prossimo test siciliano, il M5S “rischia” seriamente di diventare il primo partito e, forse, di esprimere pure il presidente, smentendo così clamorosamente la tesi craxiana dell’ “incomprimibile costo della politica” che di fatto legittimava il finanziamento illecito dei partiti. Il costo della politica è quindi comprimibile e, come direbbe Grillo, poiché la politica si è ridotta ai soldi, bisogna togliere i soldi dalla politica per ridar spazio alle passioni civili.
Detto e fatto! Tra le foto che non vedremo mai della campagna elettorale siciliana, ci sono quelle che ritraggono attivisti del M5S a pulire le piazze dopo i comizi, per lasciarle meglio di come non fossero state trovate, coerentemente con quanto fatto dagli stessi in questi anni in cui si erano adoperati per pulire spiagge, arenili, vie cittadine, ecc. per pura passione e amore verso la cosa pubblica.
Non so a quanto, solo sei mesi fa, i bookmaker avrebbero prezzato questa scommessa e, a dire il vero, neanche se l’avrebbero mai presa in seria considerazione, eppure ci deve essere una valenza strategica se sia gli Alleati che Grillo hanno scelto di sbarcare in Sicilia per cominciare proprio da qui la liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo gli uni e dalla partitocrazia l’altro. Perché è evidente che il risultato siciliano avrà ripercussioni sulle successive tornate amministrative e politiche come un fiume in piena anche perché il M5S sta dimostrando capacità logistiche e organizzative davvero notevoli, su basi esclusivamente volontarie.
Grillo il 26 (dopodomani) lascerà comunque la Sicilia mentre rimarranno un bel po’ di candidati eletti all’Ars già il 29. Ho seguito sin dai primi passi (2005) il movimento in Sicilia e mi rendo conto che molti critici parlino non per esperienza diretta. La democrazia è un fenomeno popolare anche se promossa all’origine da elite. In una democrazia non ci si può porre perciò “elitariamente” al di sopra di essa per bacchettarla nel caso si discosti dai propri gusti: la democrazia non è una forma di governo perfetta, ma è solo la migliore che conosciamo. Se i partiti tradizionali si fossero comportati diversamente, il M5S non sarebbe neanche nato, ma così non è stato e la democrazia ha reagito in questo modo, partorendo questo fenomeno che è comunque democratico, anche se non manca certo di un po’ di populismo, di indulgenza con il sicilianismo becero, di credulità verso teorie dei complotti, di ingenuità programmatiche e pure delle dinamiche interne interpersonali comuni ad ogni organizzazione umana. Ma al di là di tutto questo che va comunque paragonato al marcio dei partiti, Grillo e il M5S parlano al cuore della gente in modo credibile e incitandola ad un salutare attivismo civico: “non ci sono salvatori da attendere”.
Il consenso comporta responsabilità: se gli eletti del M5S avranno l’intelligenza politica di farsene carico sopravviveranno altrimenti saranno dimenticati come molti candidati oggi in corsa, dagli impresentabili cuffariani divisi equamente tra Crocetta e Musumeci, all’onnipresente Lombardo attraverso i suoi uomini, alle persone perbene, pure presenti in altre liste minoritarie, che forse non supereranno neanche lo sbarramento.

New York, 375mila persone evacuate e scuole chiuse per l’uragano Sandy

Il sindaco Bloomberg dichiara lo stato di massima allerta per la Grande Mela. Nell'area dei Caraibi ha già provocato 66 morti. Il governatore Cuomo ha ordinato il blocco di tutti i trasporti pubblici nell'area metropolitana. Obama cancella comizi per monitorare la situazione

New York, 375mila persone evacuate e scuole chiuse per l’uragano Sandy
Oltre 375mila persone evacuate e scuole chiuse lunedì. Sono queste le disposizioni del sindaco di New York, Michael Bloomberg, in vista dell’arrivo dell’uragano Sandy, una tempesta che ha definicto “grave e pericolosa”, e che per il governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo, ”non va presa alla leggera”.
Chi non rispetterà l’ordine di evacuazione “non sarà arrestato” ma ignorarlo sarebbe “egoista”, ha aggiunto Bloomberg, sottolineando che la polizia si recherà nelle aree da evacuare (la zona A della città) e con gli auto-parlanti ricorderà a tutti che devono lasciare le proprie abitazioni, e che, nel caso in cui fosse necessario, verrà chiuso il ponte di Verrazzano.
Il sistema di trasporto di New York è il più grande del Paese con la sola metropolitana che trasporta cinque milioni di persone al giorno. Sandy attualmente è un ciclone di categoria 1, ma potrebbe diventare distruttivo per la convergenza con un’altra perturbazione proveniente dall’interno degli Stati Uniti e aria polare proveniente dal nord del Canada. Nell’area dei Caraibi ha già provocato 66 morti e ora minaccia gli Stati Uniti. In Maryland, New Jersey, Pennsylvania, Virginia, Washington Dc e nelle contee costiere della North Carolina le autorità hanno dichiarato lo stato di emergenza. I governatori di nove Stati hanno dispiegato le forze di 60 mila uomini della Guardia Nazionale per fornire aiuto alle autorità locali: in alcune aree si prevedono fino a 300 millimetri di pioggia.
Sono previsti danni fra i 15 e i 18 miliardi di dollari, una cifra che però potrebbe salire rapidamente, secondo le prime stime degli osservatori  che – mettono in evidenza gli analisti intervistati dall’agenzia Bloomberg – in termini di distruzione può avere effetti pesanti, per danni secondari, interruzioni delle attività e black out.
E già ci sono state conseguenze sulla campagna elettorale: il presidente Barack Obama ha anticipato a oggi la sua partenza per poter tenere comizi in Florida e in Ohio, ma ha cancellato eventi previsti lunedì e martedì in Colorado per poter monitorare la situazione del maltempo dalla Casa Bianca. Il suo avversario Mitt Romney ha cancellato i comizi in Virginia per concentrarsi solo sullo stato chiave dell’Ohio. Il maltempo potrebbe inoltre ridurre il numero degli elettori che ricorreranno al sistema del voto anticipato, prima dell’election day del 6 novembre. Secondo le previsioni, l’uragano vero e proprio dovrebbe raggiungere lunedì sera la costa fra la penisola di Delamarva e il Rhode Island. Ma il suo arrivo è stato preceduto dal maltempo, con pioggia e vento.


Renzi: “La mia candidatura unica che può scardinare il sistema”

Il sindaco di Firenz: "Noi siamo gli unici a proporre una riforma globale anche dei temi sul campo". Ancora polemiche con D'Alema: "Smettiamo di usare Berlusconi come alibi". La replica di Bersani: "Stia attento a non dar per nuove ricette che abbiamo già sentito negli anni '80 e '90, sia nei meccanismi di comunicazione nei contenuti"

Renzi: “La mia candidatura unica che può scardinare il sistema”
“Bersani ha cambiato idea, secondo me perché erano spaventati dai sondaggi”. Matteo Renzi ribadisce le sue critiche al partito per la questione delle regole delle primarie e non solo. “Il 95% del gruppo dirigente del partito è contro di me – ha detto il sindaco di Firenze a intervistato SkyTg24 - oggi c’è un Pd fatto di burocrati che stanno nelle stanze romane e si arzigogolano per cambiare le regole delle primarie e un Pd fatto dalle persone”. Renzi si dice molto sicuro dell’effetto della sua candidatura: “Oggi viene vista come l’unica che può scardinare il sistema bloccato che c’è, a prescindere dai contenuti. Noi siamo gli unici a proporre una riforma globale anche dei temi sul campo. Se vinco le primarie e poi le secondarie non devo dare ministeri alla Bindi o Fioroni“.
“Credo – ha continuato il primo cittadino di Firenze – che il programma che abbiamo pubblicato” sia un programma “che suscita interesse. Qualcuno lo contesterà ma vivaddio. In giro per l’italia ho visto molta gente interessata. Che ci sia un blocco sostanziale al di là degli aspetti tecnici è evidente. Quando si parla di riforme si dice “vai avanti tu che mi scappa da ridere”. Si va avanti da trent’anni con le stesse idee. Noi siamo stati gli unici a dire anche nel nostro partito che il “re era nudo”. Viviamo un momento in cui la burocrazia soffoca tutto. Ci sono persone come i sindaci che nel corso di questi anni hanno tagliato, che sono libere e possono cambiare le cose”.
Renzi ha poi parlato dell’intervento di ieri dell’ex presidente del Consiglio Berlusconi, approfittandone per tornare sulla lunga polemica con Massimo D’Alema: “Noi stiamo cercando di parlare del futuro dell’Italia partendo da una situazione in cui per 20 anni c’è stato Berlusconi e l’antiberlusconismo. Perché se siamo a questo punto la colpa non è solo di Berlusconi. Non si può avere sempre l’alibi di Berlusconi. Non ho mai visto le primarie del Pd invase dal centrodestra – ha aggiunto Renzi – le primarie sono una grande occasione di partecipazione. Rassicurerei D’Alema, se c’è una invasione alle primarie e non si vota un candidato che lui preferisce non significa allora che sia una spia del nemico: possono votare anche quello che lui non preferisce ed essere genuini”.
Quanto alla polemica sulle Cayman – per la cena con il finanziere Davide Serra di dieci giorni fa – il sindaco di Firenze ha puntato il dito contro la cattiva fede dei suoi avversari interni: “La vicenda delle Cayman è stata usata per denigrazione ed è molto triste, perché vuol dire che c’è una incapacità a parlare di fronte. Io – ha aggiunto – ho un mutuo per una casa a Pontassieve, non ho conti cifrati nei paradisi fiscali. La finanza è fondamentale, bisogna interloquire con la finanza ma bisogna dare delle regole, mentre quelli di prima sono stati subalterni alla finanza”. Renzi poi ha lanciato una stilettata ai compagni di partito: “Vogliamo parlare di Mps o della scalata, ma io la chiamerei ‘sfilata’, Telecom finanziata dalla politica? E’ una vicenda che è sotto gli occhi di tutti e allora D’Alema era presidente del Consiglio e Bersani ministro dell’Industria”.
Non si è fatta attendere la risposta di Pier Luigi Bersani, che da Domenica In ha commentato l’appeal di Renzi sull’elettorato di centrodestra. “La destra è in crisi, tanti elettori interpretano novità e hanno avuto intenzione di giocare a casa nostra non avendo le primarie. Ora mi fa piacere che le primarie si terranno anche nel centrodestra” ha detto il segretario del Pd, secondo cui anche Beppe Grillo dovrebbe cimentarsi nelle elezioni dal basso perché “nessuno può stare in un tabernacolo”. Dopo la parentesi dedicata al Movimento 5 Stelle, Bersani a ‘dedicarsi’ al rottamatore. Prima paragonandolo a Berlusconi (che preoccupa di più il leader democratico “perché di populismo ne abbiamo avuto già un bel pò e il centrodestra su queste posizioni non farebbe bene al Paese”, poi con un attacco diretto. “Renzi stia attento a non dar per nuove ricette che abbiamo già sentito negli anni Ottanta e Novanta, sia nei meccanismi di comunicazione nei contenuti”. Lo ha detto Pier Luigi Bersani, parlando a ‘Domenica in’. “La gente si e’ stancata di meccanismi anche di comunicazione che hanno fatto il loro tempo” ha detto Bersani, secondo cui “il Pd avrà anche tanti difetti ma è l’unica carta che si ha, vogliamogli bene. A volte sento dei toni troppo aggressivi, che sembra non vengano dagli avversari – ha concluso – Renzi dovrà dare una mano alla nostra crescita”.

Reggio Calabria, ex sindaco: ‘Stato potere insensibile che si rifiuta di comprendere’

L'ndrangheta, come la mafia e la camorra sono malattie  contagiose e quindi devono perentoriamente essere "Estirpate". L'unica medicina contro le mafie sono la legalità, la coscienza e l'Amor di Patria.  (fz)

Demetrio Arena ha annunciato ricorso al Tar e ha attaccato il ministro dell'Interno, colpevole di aver ordinato lo scioglimento del consiglio comunale per contiguità alla 'ndrangheta: "E' come negare le medicine a un malato che comincia a dare segnali di ripresa". 

Reggio Calabria, ex sindaco: ‘Stato potere insensibile che si rifiuta di comprendere’
Le chiama riflessioni sullo scioglimento del consiglio comunale di Reggio Calabria. In realtà sono degli attacchi violenti contro il ministro Cancellieri e i commissari che hanno redatto la pesantissima relazione su Palazzo San Giorgio. L’ormai ex sindaco Demetrio Arena ha annunciato ricorso al Tar contro il provvedimento del Consiglio dei ministri che il 9 ottobre scorso ha deciso per lo scioglimento dell’amministrazione comunale di centrodestra perché contigua alla ‘ndrangheta.
Finirà nelle aule giudiziarie, quindi, il decreto del ministro dell’Interno: da una parte lo Stato, dall’altra chi è accusato di avere consentito alle cosche di infiltrarsi nella cosa pubblica. Non risparmia colpi bassi l’ex primo cittadino che, nella conferenza stampa tenuta ieri al palazzo del Consiglio regionale, in presenza del suo dominus, il governatore Giuseppe Scopelliti, ha parlato di uno Stato “come potere insensibile che si rifiuta di comprendere. E’ come negare le medicine a un malato che comincia a dare segnali di ripresa”. “Sostenere – ha aggiunto – che l’amministrazione da me guidata fosse nelle condizioni di non potere operare perché contigua alla ‘ndrangheta non è accettabile. E soprattutto non sono disposto ad accettare che solo la città deve pagare un prezzo così grande”.
Ancora più spietato il giudizio sulla relazione della commissione d’accesso, da Arena definita “fallace, inesatta, contraddittoria, incompleta e pertanto fuorviante. Ha comportato l’impianto di una semplice equazione: a Reggio c’è la ‘ndrangheta quindi il Consiglio comunale va sciolto. Pressioni (ma non spiega di chi, ndr), le imbarazzanti fughe di notizie (quali? ndr) verificatesi durante l’attività ispettiva e la convulsa fase che ha caratterizzato i giorni precedenti la decisione hanno fatto ritenere a molti che il provvedimento sia stato assunto per ragioni politiche“. Applaudito da una claque di ‘amici’, tutta di centrodestra, Arena rincara la dose: “Leggendo quella relazione abbiamo dovuto mettere tutti la logica sotto i piedi. Nemmeno nei regimi più totalitari si è mai assistito a giudizi di questa portata. L’amministrazione comunale viene sciolta senza che un suo amministratore sia inquisito”.
Un consigliere arrestato per ‘ndrangheta, una società mista sciolta dopo che gli è stato negato il certificato antimafia dalla prefettura, appalti assegnati a ditte in odore di mafia. La relazione è devastante per l’amministrazione di Palazzo San Giorgio. Ma per Arena “c’è solo il caso di Pino Plutino (il consigliere finito in manette, ndr) che oggi è un detenuto in attesa di giudizio. Detto questo occorre stabilire anche le regole del gioco. Non si può fare una partita e modificare le dimensioni del campo o cambiare pallone”. Meglio uno stadio, in questo caso la sala ‘Green’ del Consiglio regionale, dove non ci sono tifosi avversari. Ecco allora che è il momento di far leva sulla regginità per convincere i presenti che lo scioglimento cade sulla testa dei cittadini: “E’ un provvedimento che colpisce tutti, l’intera collettività la quale dovrà convivere con un’etichetta che non dà né giustizia né sicurezza. In un momento storico in cui la comunità mostra di reagire contro il cancro mafioso è additata, dinanzi all’opinione pubblica internazionale, come città contigua. Il timore è che il provvedimento ingeneri un clima di sfiducia”.
Riattacca, quindi, il governo “insensibile”: “E’ stata un’attenzione da parte dello Stato, cambiare il prefetto, e quindi una memoria storica di quella che è la nostra realtà, durante l’accesso della commissione antimafia?”. Arena, però, dimentica che se il prefetto Vittorio Piscitelli ha chiesto lo scioglimento, il suo predecessore Luigi Varratta, parente dell’ex ministro della Giustizia Nitto Palma (Pdl), aveva avanzato al governo la proposta di inviare in riva allo Stretto la commissione d’accesso. L’ennesima dimostrazione che lo scioglimento di Reggio si configura come un dato oggettivo e non dipende dal prefetto in carica.
“Stiamo facendo un memoriale – ha concluso l’ex sindaco – Dimostreremo con dovizie di particolari, ma soprattutto con prove documentali, quanto sia stata fallace questa relazione. Ancora sul ricorso non ho preso una decisione. Se la gente mi chiede che il ricorso va fatto, lo farò perché bisogna tutelare la dignità non mia, ma dei reggini”. Un appello a Scopelliti affinché lo tenga in considerazione per le prossime elezioni politiche? Di certo quando Arena parla di “gente” non si riferisce alle Donne calabresi in rete che il 9 novembre organizzeranno una manifestazione “per dire insieme no a Scopelliti e a questa classe dirigente”.
“Avrete notato – sostengono gli organizzatori del sit in – che Scopelliti (sindaco di Reggio per 8 anni prima di Arena) ripete sempre la mia città, la mia regione. E’ il momento di fargli capire che sono la nostra città, la nostra regione. Che vogliamo partecipare attivamente, vogliamo ricostruire il nostro senso civico, il nostro senso comune da queste macerie che abbiamo ricevuto in eredità. La mobilitazione del 9 novembre a Reggio non si esaurisce nella richiesta delle sue dimissioni: se Scopelliti è ancora governatore, è perché c’è un sostrato culturale forte che ne condivide l’azione profondamente minata dalla scarsa trasparenza. Prendere posizione, oggi, in termini non solo politici ma anche e soprattutto culturali, significa riprendere confidenza con la democrazia e l’etica, due concetti che sono stati seppelliti molto tempo fa, in nome di un clientelismo e di una sudditanza che cozzano in modo duro con le basi di una società che si voglia definire civile”.


Sicilia, alle 19 ha votato il 37,6 per cento Exit poll: "M5S primo partito a Palermo"

L'Isola al voto per rinnovare presidente della Regione e Assemblea regionale. Clamorosi risultati secondo le prime rilevazioni nel capoluogo: Cancelleri sarebbe oltre il 27%

Sicilia, alle 19 ha votato il 37,6 per cento Exit poll: "M5S primo partito a Palermo"

PALERMO - Alle 19, alla seconda rilevazione sull'affluenza, nei 390 comuni siciliani nei quali si vota oggi per eleggere il presidente della Regione e rinnovare l'Assemblea regionale si è recato alle urne il 37,66 per cento degli aventi diritto, pari a 1.750.074 elettori. Alla stessa ora, nel 2008, quando pero' si votò anche il lunedì successivo e in contemporanea per la Camera e il Senato, la percentuale fu del 34,57 per cento. In precedenza, nel 2006, quando le urne rimasero aperte solo di domenica (come in questa occasione), votò il 37,40 per cento.

I risultati ufficiali arriveranno domani ma, secondo gli exit poll di PalermoReport.it e dell'emittente televisiva Trm, riferiti al solo capoluogo, potrebbe profilarsi un clamoroso risultato per il Movimento 5 Stelle, che sarebbe il primo partito in città con il 26 per cento dei voti. Il candidato governatore grillino, Giancarlo Cancelleri, otterrebbe oltre il 27 per cento. A seguire, sempre secondo il rilevamento, si troverebbero Musumeci, Crocetta, Miccichè e Marano.

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Il Comune con la percentuale di affluenza più alta è Fondachelli Fantina (Messina) con il 64,77 per cento, quello con la più bassa, invece, Acquaviva Platani (Caltanissetta) con il 18,02 per cento. La Provincia con la percentuale di affluenza più alta è Messina, con il 42,16 per cento, quella con la più bassa Enna con il 30,92. Le urne saranno aperte fino alle 22 e lo spoglio delle schede inizierà domani alle 8. Alle 12 aveva votato l'11,3 per cento degli aventi diritto. Meno delle ultime elezioni in cui si era votato solo per la Regione, e poco più della tornata elettorale del 2008, in cui però si è votato anche per Camera e Senato.

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In un caso a sottrarre gli elettori alle urne è stato il maltempo: è accaduto a Ginostra, frazione di Lipari, nell'arcipelago delle Eolie: per votare i 50 isolani avrebbero dovuto recarsi a Stromboli, ma per il mare agitato l'aliscafo della compagnia delle Isole non ha effettuato il collegamento. Riccardo Lo Schiavo, delegato di Marevivo, ha scritto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per lamentarsi: "Ai residenti della frazione di Ginostra (la più piccola comunità delle Isole Eolie, che ben conosce per averci già onorato della sua presenza) da circa un ventennio questo diritto garantito dall'articolo 48 della Costituzione non è più completamente garantito. Ed oggi, in occasione delle votazioni per il rinnovo dell'Assemblea Regionale Siciliana, è stato praticamente negato".

Grecia, pubblica lista dei presunti evasori Arrestato il giornalista Kostas Vaxevanis

I nomi di alti funzionari pubblici, consiglieri del governo, ex ministri, uomini d'affari con conti in Svizzera figurano nell'elenco diffuso dal capo Fmi Lagarde ai governi europei. Misteriosamente fatto sparire dalle autorità greche, ora rispunta su una rivista. E il reporter investigativo finisce in carcere

di ETTORE LIVINI
ATENE - La misteriosa lista dei 2.059 potenziali evasori greci è finalmente pubblica. Ma invece che far luce su questi cittadini ellenici che hanno nascosto i loro soldi sui conti correnti della filiale di Ginevra della Hsbc (tra cui un advisor del premier Antonis Samaras, tre ex ministri e molti uomini d'affari) la Grecia ha messo in pista la polizia per arrestare il giornalista che l'ha pubblicata. L'elenco della vergogna - consegnato due anni fa alle autorità locali da Christine Lagarde, all'epoca ministro delle finanze francese e oggi numero uno dell'Fmi - è stato stampato sulla rivista Hot Doc dal giornalista investigativo Kostas Vaxevanis. E poche ore dopo la corte distrettuale di Atene ha emesso un mandato d'arresto per l'autore dell'articolo accusato di violazione della privacy: il giornalista è stato fermato in tarda mattinata. Niente di nuovo sotto il sole nello strano sistema giudiziario ellenico che a quattro anni dall'inizio della caccia ai colpevoli delle falsificazioni del bilancio greco  -  l'evento che ha scatenato la crisi dei debiti sovrani - ha portato davanti ai giudici solo una persona: l'uomo che ha scoperto il buco, accusandolo di aver ingigantito le proporzioni dello scandalo per favorire l'allora premier George Papandrerou.

La storia della Lista Lagarde è una metafora potentissima dei guai della Grecia. L'elenco fa parte delle migliaia di nomi di correntisti svizzeri della Hsbc "rubati" dal banchiere Herve Falciani dai sistemi informatici della Hsbc e comprati dalla Germania per combattere l'evasione fiscale. Il documento è stato distribuito poi a tutte le cancellerie europee e Lagarde ha preso l'incarico di farlo avere alla Grecia, prendendo appuntamento con l'ex ministro delle finanze George Papaconstantinou. Da lì è partito il cinema. Papaconstantinou (dopo aver visto che nella lista c'erano molti nomi noti del suo dicastero, dicono le malelingue) ha bloccato la pubblicazione in attesa di avere il via libera dai legali per evitare problemi con la privacy. E ha girato una copia del dischetto alle Squadre anti-frode guidate da Yannis Kapeleris. A quel punto è calata la nebbia. Il ministro passava il cerino in mano a Kapeleris, Kapeleris pensava dovesse occuparsene l'esecutivo. Morale: la lista, guarda un po', è scomparsa nel nulla per due anni. Fino a quando Evangelis Venizelos, potente ex ministro delle Finanze dopo Papaconstantinou e leader dei socialisti del Pasok - pressato dalle richieste del suo erede Yannis Stournaras - ha ammesso l'esistenza della lista sostenendo però che il contenuto era andato perso...

L'epilogo - quanto a surrealismo - è all'altezza di tutta la trama: Hot Doc, giù il cappello, ha pubblicato la lista. Precisando naturalmente con correttezza che avere un conto in una banca svizzera non significa in automatico essere un evasore fiscale. Tra i nomi ci sono quello di Stavros Stavropoulos, advisor strettissimo di Samaras, e due ex ministri di Nea Demokratia, uno di quali si è suicidato nei giorni scorsi dopo le prime indiscrezioni sul suo ruolo. Nella lista compaiono molti funzionari pubblici, giornalisti e diversi uomini d'affari ellenici. Nessuno ha confermato né smentito la correttezza dell'articolo. Le squadre anti-frode, per ora, non hanno mosso un dito. Il governo non ha nemmeno ipotizzato una discussione parlamentare sull'elenco. A tremare è solo Vaxevanis, l'autore dello scoop, che su Twitter stamane segnalava la presenza di 15 poliziotti fuori dalla porta di casa sua.

venerdì 26 ottobre 2012

Berlusconi sulla sentenza Mediaset: "Condanna politica intollerabile"

L'ex premier contro la decisione dei giudici di Milano che lo hanno punito con 4 anni di reclusione. Cicchitto (Pdl): "Tentato omicidio politico". La difesa: "Assolutamente incredibile". Di Pietro difende la sentenza: "Tutti i nodi vengono al pettine". Diplomatico Franceschini (Pd): "Le sentenze non si commentano, si rispettano". Da Fini e Casini "no comment".

Lucifero, il più bello degli angeli

ROMA - "È una condanna che posso tranquillamente definire politica, incredibile e intollerabile".  Sono queste le parole di Silvio Berlusconi riguardo alla sentenza del tribunale di Milano 1che lo ha punito con 4 anni di carcere per frode fiscale nel processo Mediaset. Per l'ex premier non esiste "nessuna connessione" con la sua rinuncia a candidarsi di nuovo alla presidenza del Consiglio. "Io e i miei avvocati - spiega - ritenevamo impossibile una condanna".

Berlusconi poi sferra un duro attacco contro i magistrati: "Di certo non si può andare avanti così - aggiunge - e dobbiamo fare qualcosa: quando non si può contare sull'imparzialità dei giudici, un paese diventa incivile e barbaro e cessa di essere una democrazia. Oggi purtroppo è così". Per l'ex premier "le motivazioni della sentenza sono fuori dalla realtà". E spiega: "Sono accusato di essere socio di due imprenditori americani, uno dei quali non l'ho neppure mai conosciuto".

Il Pdl contro la sentenza.  "È l'ennesima prova di un accanimento giudiziario nei confronti di Silvio Berlusconi". Così il segretario del Pdl, Angelino Alfano. Un duro attacco contro la decisione dei giudici arriva da Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera: "Non si tratta di una sentenza - dice -, ma di un tentativo di omicidio politico visti non solo la condanna penale, ma anche l'interdizione di tre anni dai pubblici uffici". Il deputato azzurro poi aggiunge: "Purtroppo non da oggi diciamo che è in atto un uso politico della giustizia, in primo luogo contro Berlusconi". Anche Daniela Santanchè attacca: "Al generoso passo indietro di Berlusconi - spiega -, compiuto per rilanciare la sua grande battaglia per la libertà, fa oggi da contraltare un nuovo e rumoroso passo avanti della magistratura politicizzata".  Poi si appella all'ex presidente del Consiglio affinché "riconsideri la sua scelta e torni in campo insieme a milioni di italiani che come me vogliono tenere alta la bandiera del garantismo e della libertà". Anche Giancarlo Galan è sulla stessa linea: ""Mi verrebbe voglia - spiega - di chiedere a Berlusconi di tornare in politica". Solidale Roberto Formigoni: ""Me ne dispiaccio - dice -, confermo il mio affetto e la mia stima".

Gli avvocati di Berlusconi. "Una sentenza assolutamente incredibile che va contro le risultanze processuali e che è totalmente sconnessa da ogni logica giuridica". Così i legali dell'ex premier, Piero Longo e Niccolò Ghedini.

Di Pietro difende la sentenza. Agli antipodi la reazione di Antonio Di Pietro: "Tutti i nodi vengono al pettine. Nonostante tutte le leggi ad personam che Berlusconi si è fatto e nonostante la continua delegittimazione e denigrazione dei magistrati, la verità è venuta a galla", dice il leader dell'Italia dei valori. "Da oggi - prosegue - gli italiani possono prendere atto che una sentenza di primo grado considera Berlusconi un delinquente".

La posizione del Pd. Diplomatico il commento del capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini: "Le sentenze non vanno commentate, solo rispettate. Berlusconi ha avuto sentenze positive, di prescrizione e di condanna. Ma questo non è oggetto di confronto politico. E comunque, per fortuna, non lo è più". Dà un giudizio politico Massimo D'Alema: "Quello che di Berlusconi secondo me è grave - spiega - non sono tanto i reati che non voglio giudicare, perché spetta ai magistrati, ma sono gravi i danni che egli lascia dietro di sé, pesantissimi, nella vita economica, sociale e nella finanza pubblica". Critica nei confronti dell'ex premier Rosy Bindi: "Anche se non è definitiva, questa sentenza rivela la gravità dei comportamenti di un importante imprenditore italiano, ma ciò che inquieta è che è stato a lungo presidente del Consiglio".

Casini e Fini non commentano. "Abbiamo sempre contrastato Berlusconi su piano politico e non abbiamo mai speculato sulle sue vicende giudiziarie. Non cominceremo certo adesso". Lo dice il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini. "Nessun commento - afferma Gianfranco Fini, presidente della Camera -. Non l'ho fatto ieri e non lo faccio oggi".

Il dispiacere di Storace. "A me spiace per Berlusconi. Hasegnato la storia del Paese, non merita accanimento, comunque la si pensi. Galera, interdizione, che altro?". È il commento di Francesco Storace, segretario de La Destra.

Famiglia Cristiana. "Berlusconi, game over'. È l'icastico titolo di Famiglia Cristiana online nel commento sulla sentenza del processo Mediaset. "Dopo la pesantissima condanna per frode fiscale e l'interdizione per tre anni dai pubblici uffici - scrive il settimanale -, ora esce davvero dalla scena politica. E a farne le spese è il centrodestra".

Processo Mediaset, Berlusconi condannato 4 anni di reclusione per frode fiscale

Tre anni sono stati condonati per indulto dal tribunale di Milano, che ha anche deciso per l'ex premier l'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Pena di 3 anni per l'intermediario Agrama. Assolto Confalonieri. Il Cavaliere: "Una condanna politica, incredibile e intollerabile, da Paese barbaro e incivile"

MILANO - Silvio Berlusconi è stato condannato a 4 anni di reclusione per frode fiscale a conclusione del processo per l'acquisizione dei diritti tv di Mediaset. In particolare, i giudici milanesi della prima sezione del tribunale hanno ritenuto prescritto il reato per il 2001, ma non per gli esercizi 2002-2003 nel corso dei quali - scrivono - è stata portata a termine "una evasione notevolissima". Dei quattro anni inflitti, tre sono stati condonati per indulto (ossia per gli effetti della legge sul condono del 2006). "I diritti erano oggetto di passaggi di mano - si legge nelle motivazioni della sentenza - e di maggiorazioni ingiustificate. Passaggi privi di funzione commerciale. Servivano solo a far lievitare il prezzo". Berlusconi, "gestiva il sistema anche dopo la discesa in campo" politica. Il giudice ha poi disposto un risarcimento dei danni all'Agenzia delle Entrate di 10 milioni di euro. L'ex premier, infine, è stato anche condannato all'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, e tre anni di interdizione dagli uffici direttivi delle imprese: provvedimento che non è immediatamente esecutivo, essendo la sentenza di primo grado. La pena inflitta al Cavaliere è più dura di quella proposta nella requistoria dalla pubblica accusa, che aveva chiesto 3 anni e 8 mesi di carcere. Assolto invece Fedele Confalonieri.

DOSSIER: I PROCESSI DI BERLUSCONI 1

"Una condanna politica, incredibile e intollerabile", da "Paese barbaro e incivile". E' una reazione durissima quella di Berlusconi alla sentenza. Il Cavaliere ha scelto la tv per dire la sua, è "la conferma di un vero e proprio accanimento giudiziario" da parte dei giudici di Milano. In televisione ha spiegato che "non c'è nessuna connessione" tra la sentenza e il suo passo indietro sulla candidatura a premier. Ma poi ha aggiunto che "così non si può andare avanti", che "si deve fare qualcosa". Durante il collegamento telefonico con Studio Aperto, il telegiornale di Italia Uno, la rabbia dell'ex premier è stata in crescendo: "Ero certo di essere assolto da una accusa totalmente fuori dalla realtà. Grazie all'imparzialità di certi giudici un Paese diventa incivile, barbaro, invivibile e cessa di essere una democrazia". Berlusconi è poi entrato nel merito della sentenza, per la quale presenterà ricorso: "Sulla mia innocenza - ha detto - ci sono molte prove e due assolutamente inoppugnabili". "Ho subito più di 60 procedimenti, più di mille magistrati si sono occupati di me - ha concluso il cavaliere -. Il mio gruppo ha avuto 188 visite della polizia giudiziaria e della Guardia di finanza, ci sono state 2666 udienze in questi 18 anni e abbiano dovuto spendere più di 400 milioni in parcelle di avvocati e consulenti. E poi ci sono i 564 milioni che ho dovuto dare a De Benedetti che non sono la rapina del secolo, ma del millennio".

Gli altri imputati. Giudicato colpevole anche Frank Agrama, l'intermediario cinematografico indicato dalla Procura di Milano come il "socio occulto" del Cavaliere nella compravendita dei diritti televisivi e cinematografici all'estero. Per lui la pena è di tre anni di reclusione. Daniele Lorenzano produttore ed ex manager Fininvest è stato condannato a 3 anni e 8 mesi mentre la pena per Gabriella Galetto, ex manager del gruppo in Svizzera, è di 1 anno e 6 mesi. Alcuni degli imputati di riciclaggio, tra cui il banchiere Paolo Del Bue, si sono visti derubricare l'imputazione in appropriazione indebita con conseguente prescrizione. Altri invece sono stati assolti nel merito. I giudici hanno disposto inoltre un versamento a titolo di provvisionale di 10 milioni di euro da parte degli imputati condannati, tra i quali Silvio Berlusconi, all'Agenzia delle Entrate.

Sei anni di processo. La sentenza arriva dopo quasi 10 anni di indagini e 6 di processo 'a singhiozzo' tra richieste di ricusazione avanzate dai legali e l'istanza di astensione presentata dal giudice. E ancora slittamenti dovuti al Lodo Alfano e al conseguente ricorso alla Consulta, richiesta di trasferimento del procedimento a Brescia, legittimi impedimenti dell'allora presidente del Consiglio Berlusconi e cambi di capi d'imputazione.

Una frode per creare fondi neri. Nel merito, secondo la ricostruzione della Procura, il sistema organizzato da Fininvest negli anni Novanta per acquisire i diritti dei film americani era finalizzato a frodare il fisco. Comprando i diritti non dalle major ma da una serie di intermediari e sottointermediari era possibile gonfiarne il prezzo così da poter poi stornare la "cresta" a beneficio della famiglia Berlusconi. Fininvest quindi, secondo la tesi del pm Fabio De Pasquale, avrebbe sistematicamente aumentato il prezzo dei diritti di trasmissione dei film delle major americane. Facendo così avrebbe aumentato le voci passive dei propri bilanci, con risparmi notevoli da un punto di vista dell'imposizione fiscale, riuscendo al tempo stesso a produrre fondi neri.

Secondo il pubblico ministero, Flavio De Pasquale, Fininvest avrebbe creato fondi neri con un valore che supererebbe i 270 milioni di euro. Soldi sottratti al fisco e agli altri azionisti della società, a solo beneficio di Berlusconi.

Motivazioni. Il collegio della prima sezione penale del Tribunale, nella parte delle motivazioni relativa al trattamento sanzionatorio, sottolinea di Berlusconi il "ruolo di direzione e di ideatore fin dai primordi del gruppo di un'attività delittuosa tesa ad una scientifica e sistematica evasione di portata eccezionale". "Va poi considerata - si legge in un altro passaggio - la particolare capacità a delinquere dimostrata nell'esecuzione del disegno, consistito nell'architettare un complesso meccanismo fraudolento ramificato in infiniti paradisi fiscali, con miriadi di società satelliti e conti correnti costituiti esclusivamente in funzione del disegno delittuoso". Non si può trascurare poi, per i giudici, "che dalla suddetta attività è conseguita per l'imputato un'immensa disponibilità economica all'estero, in danno non solo dello Stato, ma anche di Mediaset e, in termini di concorrenza sleale, delle altre società del settore". Considerazioni che portano i giudici a non concedere le attenuanti generiche e a definire come equa la pena a quattro anni di reclusione.

In attesa della Consulta. Sul procedimento è inoltre ancora pendente 2 la decisione della Corte Costituzionale su un conflitto di attribuzioni con la Camera: la presidenza di Montecitorio si era rivolta alla Consulta dopo che il tribunale di Milano, nel marzo 2010, aveva rifiutato il rinvio di una delle udienze nonostante che Berlusconi, all'epoca presidente del Consiglio, fosse impegnato in attività di governo. E' rarissimo che un Tribunale emetta sentenza mentre la Consulta deve ancora decidere su un passaggio del procedimento che è stato celebrato. Non ci sono obblighi, ma la procedura diventata prassi consolidata vuole che i giudici, in attesa di una decisione che riguarda il 'loro' processo da parte della Corte Costituzionale, proseguano i lavori fino a sentenza, ma a quella si fermino. Ma così non ha fatto il collegio della prima sezione penale del Tribunale milanese.

La questione è di sostanza: se la Consulta dovesse decidere che quel giorno del marzo 2010 il Tribunale doveva accogliere la richiesta di rinvio avanzata dai legali dell'ex premier tutto quanto fatto dopo quella data, sentenza compresa, dovrà essere rifatto. In altre parole, verrà tirata una riga su due anni di lavoro compreso il giudizio finale. Ma, evidentemente, questo è un rischio che i giudici si sono sentiti di prendere.

No comment dalla difesa.
La difesa dell'ex premier ha preferito non commentare il verdetto. "Non rilascio dichiarazioni, prima voglio leggere le motivazioni", ha detto l'avvocato Niccolò Ghedini uscendo dall'aula del processo. Anche l'altro legale Piero Longo ha preferito non rilasciare dichiarazioni.

Nel mondo.
"Quattro anni a Berlusconi per frode fiscale". La condanna inflitta all'ex premier irrompe così sulla stampa mondiale (FOTO 3) che già nel pomeriggio aveva riportato la notizia come 'breaking news' 4. "Berlusconi condannato per frode fiscale" è il titolo della Bbc. Il Financial Times colloca la notizia in apertura e osserva come l'ex premier, "tuttavia, è improbabile che vada dietro le sbarre". "La condanna a 4 anni per Berlusconi velocemente ridotta a un anno" titola il Daily Telegraph, pubblicando una rassegna dei processi a carico del Cavaliere, "l'uomo dalle 2500 audizioni in tribunali". In Francia "Condanna al carcere ridotta per Berlusconi" è il titolo di Le Figaro mentre anche Le Monde osserva come l'ex premier "abbia beneficiato di una legge di amnistia votata...da un governo di sinistra" nel 2006.  "Berlusconi condannato a 4 anni di carcere" è il titolo in prima della Suddeutsche Zeitung. "Come Berlusconi può ancora evitare il carcere" è invece il titolo che campeggia sulla prima di Die Welt. In Spagna "Berlusconi condannato a un anno di prigione per frode fiscale" titola El Pais. Oltreoceano ampio il servizio della Cnn. "Berlusconi condannato in un caso di frode" titola il Wall Street Journal mentre per il New York Times "la simbolica condanna - un chiaro colpo a Berlusconi - giunge mentre il centrodestra si sta disfacendo e l'Italia lotta dolorosamente nelle più drammatica transizione politica dall'inizio degli anni '90. Nel mondo la notizia irrompe anche su Al Jazeera e sui siti dei quotidiani brasiliani con l'Estado Do Brasil che titola in prima "Berlusconi condannato a 4 anni per frode fiscale".

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