Il numero uno Rida Aysa ha sostenuto che le ong fanno pensare a chi parte "che sarà inevitabilmente soccorso", aggravando la situazione. Ma il coordinatore degli analisti del Centro Studi Internazionali spiega che il corpo di guardia è "espressione di potentati locali" in lotta tra loro per il controllo dei traffici. Per questo l'impegno dell'Italia a addestrare 90 guardacoste e fornire dieci nuove motovedette rischia di essere un boomerang.
di Gianni Rosini | 7 maggio 2017
di Gianni Rosini | 7 maggio 2017
Le ong sono responsabili dell’aumento del flusso dei migrantiattraverso il Mediterraneo perché “hanno dato loro a intendere che saranno inevitabilmente soccorsi e questo ha aggravato la crisi”. Le dichiarazioni di Rida Aysa, capo della Guardia Costiera libicaper la regione centrale, hanno sollevato nuove polemiche sull’operato delle organizzazioni che soccorrono i migranti in mare, dopo la richiesta del Procuratore capo di Catania, Carmelo Zuccaro, di fare chiarezza sul possibile collegamento tra ong e trafficanti. Parole, quelle di Aysa, subito riprese dal deputato dellaLega Nord, Alessandro Pagano, e da Stefano Maullu, europarlamentare di Forza Italia. “Pensare che la Guardia Costiera libica sia espressione delle istituzioni è un grave errore – spiega però Gabriele Iacovino, capo degli analisti del Centro Studi Internazionali (Cesi) – A parte alcune eccezioni, come i militari di Misurata, i guardacoste libici sono spesso espressione dei potentati locali che, in molti casi, gestiscono il traffico di esseri umani”.
Aysa racconta che “la Guardia Costiera libica ha fermato alcunigommoni all’interno delle acque territoriali, per poi imbattersi in alcune organizzazioni umanitarie che si sono lamentate del fatto che quelle imbarcazioni appartenevano a loro, benché non l’avessero comunicato alla Guardia Costiera, violando così le acque territoriali libiche”. Nello specifico, il militare cita il caso di “un gommone tedesco fermato a nord di Zawiya che poi si è rivelato di proprietà dell’organizzazione umanitaria Sea Watch“, oppure quello di “una nave allontanata con alcuni colpi di avvertimento per aver violato le acque territoriali libiche. Dopo essere saliti a bordo e averla ispezionata è emerso che apparteneva a Medici Senza Frontiere“.
L’“irritazione” mostrata da Aysa, che ha poi specificato di aver segnalato la situazione all’Unione Europea e ai comandanti dell’operazione Sophia di Eunavfor Med, non può portare, dice Iacovino, alla conclusione che le ong stiano ostacolando il lavoro delle forze libiche nelle acque del Mediterraneo: “Per come è organizzata la Guardia Costiera in Libia, formazione spesso espressione dei vari potentati locali, una loro critica nei confronti dell’operato delle ong del mare sembra proprio inserirsi in una lotta per il controllo dei traffici illegali di esseri umani”. A dimostrazione di ciò che l’analista sostiene ci sono diverse inchieste sulle collusioni tra Guardia Costiera e trafficanti. La più emblematica è quella pubblicata da Trt, in cui si ricostruisce il collegamento tra Abdurahman al-Milad, comandante della Guardia Costiera di Zawiya, area a ovest di Tripoli da cui, insieme a Sabrata e Zuara, parte la maggior parte delle imbarcazioni dirette verso il porto di Augusta, e gli scafisti. “Al-Milad (conosciuto anche come al-Bija, ndr) non è solo il comandante della Guardia Costiera locale – spiega una fonte alla giornalista di Trt – ma è anche a capo del traffico di esseri umani di Zawiya”.
L’ambiguità del ruolo svolto dalla Guardia Costiera libica, che attraverso le parole di Aysa accusa le ong di entrare nelle acque territoriali libiche per segnalare ai trafficanti sulla costa che possono iniziare a far imbarcare i migranti, non ha però impedito ai rappresentanti di Lega Nord e Forza Italia di usare queste dichiarazioni per attaccare l’operato delle organizzazioni umanitarie. “Si moltiplicano le inchieste delle procure e le accuse alle ong – ha dichiarato Pagano – L’ultima, pesantissima, in ordine cronologico è quella della Guardia costiera libica. Al di là dei risultati delle indagini, è assodato che c’è sotto un business marcio e che ci sono alcune ong colluse, consapevolmente o meno, con questo sistema. Per questo, in attesa delle conclusioni delle inchieste, è sempre più necessario procedere quanto prima al sequestro, anchepreventivo, delle navi delle organizzazioni più discusse e, se serve, anche mettere in custodia cautelare i relativi capitani”. Dichiarazioni alle quali sono seguite quelle dell’esponente di Forza Italia Maullu: “Anche le autorità libiche confermano con accuse ben circoscritte quel meccanismo che vede alcune ong come facilitatrici dei flussi migratori che negli ultimi mesi sono aumentati clamorosamente. E questo, ovviamente, è un assist ai trafficanti di esseri umani”.
Ciò che gli esponenti del mondo politico che attaccano le organizzazioni umanitarie non dicono, sostiene Iacovino, è che “le ong salvano vite nel Mediterraneo andando a colmare unamancanza di volontà politica. Non dobbiamo dimenticarci che tra gli obiettivi finali di Eunavfor Med c’era proprio quello di allargare l’operazione anti-trafficking alle acque territoriali libiche”. Questa mancanza di volontà politica rischia di ritorcersi contro l’Unione Europea e i Paesi membri, soprattutto quelli con affaccio sul Mediterraneo. L’Italia si è presa l’impegno di addestrare 90 guardacoste libici e fornire entro la primavera del 2017 dieci nuovemotovedette alla Guardia Costiera. “Questo è un primo passo importantissimo – spiega Iacovino -, ma se a questo non facciamo immediatamente seguire un piano di ricostruzione delle istituzioni non faremo altro che finanziare e addestrare un corpo di guardia che rimarrà espressione dei potentati locali e, quindi, colluso con i trafficanti. Senza un’unità politica, perché gli al-Milad di turno dovrebbero interrompere i propri affari con gli scafisti? Nel 2014, l’Italia ha completato l’addestramento di alcuni militari libici. Volete sapere come è andata a finire? Di quei militari non si è saputo più niente”. Il rischio è che lo stesso errore si ripeta con la Guardia Costiera.
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