di MASSIMO GIANNINI
Nel triste, solitario e finale comizio televisivo, registrato come nel 1994 nella location di Villa San Martino, si possono contare almeno sei bugie, che vanno dal bilancio della crisi economica al rilancio della "moderata" Forza Italia. Omissioni della realtà, manomissioni della verità: vale la pena di ripercorrerle una per una, con una esegesi testuale e contro-fattuale, per capire ancora una volta i meccanismi che fanno funzionare la "macchina" del potere berlusconiano.
1) La crisi economica senza precedenti
Dice il Cavaliere agli italiani: "Siete certamente consapevoli che siamo precipitati in una crisi economica senza precedenti, in una depressione che uccide le aziende, che toglie lavoro ai giovani, che angoscia i genitori, che minaccia il nostro benessere... Il peso dello Stato, delle tasse, della spesa pubblica è eccessivo: occorre imboccare la strada maestra del liberalismo...".
Berlusconi parla come un passante, non come il presidente del Consiglio che solo dal 2001 ad oggi ha governato il Paese per ben otto anni. I risultati economici dei suoi due governi sono stati rovinosi. Lo dice Ignazio Visco, governatore della Banca d'Italia, nelle Considerazioni finali del maggio 2012 (il governo Berlusconi è caduto nel novembre 2011): "Le condizioni economiche si deteriorano da un anno. La produuzione industriale, che aveva a stento recuperato nel secondo trimestre dello scorso anno,... è da allora caduta del 5%. Il Pil è diminuito dalla scorsa estate per tre trimestri consecutivi, con una perdita complessiva di 1,5 punti percentuali. Il tasso di disoccupazione è salito, da luglio, da poco più dell'8 a quasi il 10%, fra i giovani con meno di 25 anni dal 28 al 36%". Quanto alle tasse, la pressione fiscale è sempre aumentata durante i governi del Cavaliere: dal 40,6 al 41,4% tra il 1994 e il 1996, dal 40,5 al 41,7% tra il 2001 e il 2006 e dal 42,7 al 44,8% tra il 2008 e il 2011.
2) La magistratura "contropotere irresponsabile"
L'attacco più veemente, come al solito, è contro le toghe: "Siamo diventati un Paese in cui non vi è più la certezza del diritto, siamo diventati una democrazia dimezzata alla mercè di una magistratura politicizzata che, unica tra le magistrature dei Paesi civili, gode di una totale irresponsabilità... si è trasformata da Ordine dello Stato in un Contropotere in grado di condizionare il potere legislativo e il potere esecutivo e si è data come missione quella di realizzare la via giudiziaria al socialismo".
A quali "fonti" abbia attinto il Cavaliere è un vero mistero. La Costituzione prevede che "i giudici rispondono soltanto alla legge" (articolo 101), che spettano al Csm "secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati (articolo 105), ma che "il ministro della Giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare" e che il pm "gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario" (articolo 107). Com'è evidente, la magistratura è un "organo dello Stato", che gode di autonomia secondo il principio della separazione dei poteri, ma non della "totale irresponsabilità" lamentata dallo Statista di Arcore: risponde alle leggi, come avviene in tutti i "Paesi civili". Quanto al "Contropotere" che condiziona "il potere legislativo e il potere esecutivo", il Ventennio berlusconiano dimostra l'esatto contrario: con 18 leggi ad personam sulla giustizia su un totale di 37 fatte approvare a forza dal Parlamento, è stato Berlusconi a usare il potere esecutivo per imporre al legislativo un vincolo al giudiziario. Infine, la "missione di realizzare la via giudiziaria al socialismo" è un inedito assoluto del Cavaliere: qualche solerte azzeccagarbugli deve avergli spacciato come documento di Magistratura Democratica un vecchio dispaccio di Andrej Vishinsky, procuratore dell'Unione Sovietica degli anni '30.
3) La caduta del primo governo del 1994
Per sostenere la tesi del "complotto politico" e della "Guerra dei Vent'anni" dichiarata contro di lui dai giudici rossi, Berlusconi risale ai tempi di Mani Pulite, alla sua discesa in campo e al suo primo trionfo elettorale del '94: "Immediatamente, i Pm e i giudici legati alla sinistra e in particolare quelli di Md si scatenarono contro di me e mi inviarono un avviso di garanzia accusandomi di un reato da cui sarei stato assolto, con formula piena, sette anni dopo".
È la famosa leggenda dell'avviso di garanzia recapitato all'allora premier dal Pool di Milano durante il vertice Onu sulla criminalità a Napoli. Fatto vero, che si verifica il 22 novembre 1994. in relazione all'inchiesta sulle tangenti alla Guardia di Finanza. Ma il primo governo del Polo non cade affatto per questo: si sfarina a causa della lotta fratricida sulla riforma Dini, che porta la Lega di Bossi a decidere il ribaltone e Berlusconi ad aprire la crisi il 22 dicembre, con un durissimo discorso alla Camera in cui accusa l'ex alleato Senatur di "rapina elettorale". Quanto all'esito di quel processo sulle tangenti alla Guardia di Finanza, non è vero che il Cavaliere viene "assolto, con formula piena, sette anni dopo". Intanto in quel processo, nel 2001, viene condannato Salvatore Sciascia, dirigente Fininvest, che le tangenti le ha pagate. Berlusconi viene assolto su tre capi d'imputazione, ma per un quarto se la cava grazie all'"insufficienza probatoria". Non solo: nella sentenza di condanna definitiva per David Mills la Cassazione accerta che l'avvocato inglese fu corrotto "per testimoniare il falso nel processo sulle tangenti alla Gdf", favorendo così l'assoluzione dell'ex premier.
4) Cinquanta processi, quarantuno assoluzioni
È un classico della vulgata berlusconiana: "Mi sono stati rovesciati addosso 50 processi che hanno infangato la mia immagine... ed ora, dopo 41 processi che si sono conclusi, loro malgrado, senza alcuna condanna, si illudono di estromettermi dalla politica con una sentenza che è politica ed è mostruosa... sottraendomi da ultimo al mio giudice naturale, cioè a una delle sezioni ordinarie della Cassazione che mi avevano già assolto, la seconda e la terza, due volte...".
Il vero numero dei processi di Berlusconi non è 50, come dice ora, né meno che mai 106, come sparò nel novembre 2009. I suoi processi sono finora 18. Quelli conclusi sono 14 (di questi uno è una condanna definitiva per frode fiscale, quello sui diritti tv Mediaset, e solo un altro è un'assoluzione con formula piena; quanto al resto, 2 sono assoluzioni con "formula dubitativa", e 10 sono assoluzioni dovute all'effetto delle leggi ad personam, tra legge Cirielli sulla prescrizione e depenalizzazione del falso in bilancio). Quelli ancora in corso sono 4: due di questi si sono conclusi con una condanna in primo grado (nastri Unipol e Ruby 1) mentre per altri 2 il procedimento è solo agli inizi (Ruby 2 e compravendita dei senatori a Napoli). Quanto alla condanna definitiva sui diritti tv Mediaset, la sentenza non è politica, poiché si riferisce a fatti che precedono la discesa in campo, e non c'è stata alcuna sottrazione al "giudice naturale": l'assegnazione alla "Sezione feriale" della Cassazione, invece che alle sezioni seconda e terza, rientra nella normale applicazione della legge e della prassi. La procedura d'urgenza nella discussione delle cause è prevista dall'articolo 169 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale e dal "decreto organizzativo" varato dalla stessa Corte nel 2012.
5) L'evasione inesistente sui diritti tv
Sulla condanna nel processo Mediaset il Cavaliere si difende così: "Sono riusciti a condannarmi per una presunta ma inesistente evasione dello zero virgola... Io non ho commesso alcun reato, io sono assolutamente innocente...".
L'evasione fiscale, con la quale il gruppo Mediaset ha creato fondi neri necessari al pagamento di tangenti, non è affatto "inesistente". Secondo i giudici, che l'hanno confermato in tre gradi di giudizio, la frode fiscale effettivamente sanzionata si riferisce al biennio 2002/2003, ed ammonta a 7 milioni di euro. Ma quella originariamente contestata era pari a 370 milioni di dollari, perché risaliva indietro fino agli anni '80. Se questa imputazione è caduta è solo grazie, ancora una volta, alle leggi ad personam, che hanno fatto cadere le accuse di appropriazione indebita e di falso in bilancio. Ma la frode fiscale, ormai, è "res iudicata". Se questo è un innocente.
6) Forza Italia partito della tolleranza
Il mesto finale da Caimano attinge all'antico repertorio azzurro: "Forza Italia difende i valori della nostra tradizione cristiana, il valore della vita e della famiglia, della tolleranza verso tutti a cominciare dagli avversari...".
Sul "valore della famiglia" come caposaldo etico-morale dei valori forzisti, la sentenza di condanna in primo grado per prostituzione minorile patita dal Cavaliere per la vicenda di Ruby, la "nipote di Mubarak", sembra raccontare tutt'altra storia. E non si tratta di intrusione nella vita privata, ma del dovere di un uomo pubblico di rendere conto dei propri comportamenti, soprattutto quando questi rivelano l'abuso e la dismisura. Sulla "tolleranza verso gli avversari", a parte la sterminata letteratura sui "comunisti che coltivano l'odio e l'invidia sociale" e i numerosi "editti" emessi per cacciare dalla Rai i vari Biagi, Santoro e Luttazzi, fa fede una frase memorabile che proprio Berlusconi pronunciò il 6 aprile 2006, all'assemblea di Confcommercio: "Non credo che ci siano in giro così tanti coglioni che votano per la sinistra...". Questo perché, oggi come allora, Forza Italia è "il partito dei moderati". L'eterno ritorno. O, forse, l'eterno riposo.
m.giannini@repubblica.it
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