Si tratta degli addetti di 13 società dislocate su tutto il territorio nazionale che si occupano di trasformazione dell'acciaio e logistica. I sindacati: "Inaccettabile"
ll gruppo siderurgico Riva, proprietario dell'Ilva, annuncia 1500 esuberi nelle società riconducibili alla famiglia di imprenditori dopo il sequestro da 916 milioni di euro (tra cui 71 milioni di azioni Alitalia) effettuato nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza di Taranto su ordine del gip di Taranto, Patrizia Todisco. Da oggi cesseranno tutte le attività di Riva Acciaio, tra cui quelle produttive degli stabilimenti di Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco) e di servizi e trasporti (Riva energia e Muzzana trasporti). Si tratta di personale dislocato su tutto il territorio nazionale che si occupa di trasformazione dell'acciaio e logistica. A Taranto, l'unica società interessata sarebbe 'Taranto Energia', che conta 114 dipendenti. L'azienda ha già convocato per domani i sindacati di categoria, pare prospettando problemi per il pagamento degli stipendi. La preoccupazione riguarda anche il fatto che da Taranto Energia dipende l'alimentazione del sito produttivo pugliese.Tali attività, precisa a questo proprosito una nota dell'azienda, "non rientrano nel perimetro gestionale dell'Ilva e non hanno quindi alcun legame con le vicende giudiziarie che hanno interessato lo stabilimento di Taranto". Dunque la fabbrica di Taranto, sotto la tutela della legge salva Ilva, non si tocca. Ma le conseguenze delle vicende giudiziarie del siderurgico oltrepassano i confini della Puglia. Durissime le reazioni. I sindacati parlano di decisione "inaccettabile". Protesta la politica, la Federacciai parla di "accanimento giudiziario senza precedenti, conseguenza del braccio di ferro tra governo e magistratura". E scatta immediata la reazione degli operai. Michele Emiliano, con un tweet, attacca: "Il ricatto di Ilva di chiudere tutti gli stabilimenti italiani per ripicca contro i magistrati dimostra che va nazionalizzata per disastro ambientale".
"La decisione - afferma la società in una nota - comunicata al custode dei beni cautelari, Mario Tagarelli, e illustrata alle rappresentanze sindacali dei diversi stabilimenti coinvolti, si è resa purtroppo necessaria poiché il provvedimento di sequestro preventivo penale del Gip di Taranto, datato 22 maggio e 17 luglio 2013 e comunicato il 9 settembre, in base al quale vengono sottratti a Riva Acciaio i cespiti aziendali, tra cui gli stabilimenti produttivi, e vengono sequestrati i saldi attivi di conto corrente e si attua di conseguenza il blocco delle attività bancarie, impedendo il normale ciclo di pagamenti aziendali, fa sì che non esistano più le condizioni operative ed economiche per la prosecuzione della normale attività".
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Il riferimento è ai blitz della guardia di finanza scattati nelle aziende riconducibili al Gruppo Riva, partite con il maxi sequestro da 8,1 miliardi di euro disposto dal Gip lo scorso maggio: tesoro sottratto indebitamente - secondo l'accusa - alle attività di ambientalizzazione e messa in sicurezza degli impianti. Un primo sequestro era stato eseguito nei mesi scorsi, per una somma di circa 1,2, miliardi di euro. Un altro è stato disposto due giorni fa: pari a circa un miliardo di euro ha colpito le 13 società satellite, su cui oggi si abbatte la drammatica comunicazione dell'azienda.
"Riva Acciaio - si legge ancora nel comunicato dell'azienda - impugnerà naturalmente nelle sedi competenti il provvedimento di sequestro, già attuato nei confronti della controllante Riva Forni Elettrici e inopinatamente esteso al patrimonio dell'azienda, in lesione della sua autonomia giuridica, ma nel frattempo deve procedere alla sospensione delle attività e alla messa in sicurezza degli impianti cui seguirà, nei tempi e nei modi previsti dalla legge, la sospensione delle prestazioni lavorative del personale (circa 1.400 unità), a esclusione degli addetti alla messa in sicurezza, conservazione e guardiani degli stabilimenti e dei beni aziendali".
"Siamo di fronte a un ennesimo epilogo inaccettabile", dichiara il segretario nazionale della
Fim-Cisl, Marco Bentivogli. "Diffidiamo l'azienda ad avviare la messa libertà dei lavoratori e la invitiamo a ricorrere immediatamente all'utilizzo degli ammortizzatori sociali. Invitiamo altresì la procura in tempi rapidi, a scorporare dal provvedimento di confisca tutto ciò che impedisce la normale prosecuzione dell'attività produttiva e lavorativa. Non accetteremo questa ennesima beffa ai danni dei lavoratori che non hanno nessuna responsabilità".
"E' inconcepibile - dice Mario Ghini, segretario nazionale della Uilm - che si mini la ripresa e l'occupazione confiscando le strutture riconducibili al Gruppo. Siamo favorevoli affinché nessuna lentezza nelle procedure autorizzative possa bloccare i lavori previsti dal piano Ambiente per l'Ilva, ma non possiamo accettare che produzione ed occupabilità delle aziende collegate paghino in modo così pesante e costante".
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