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Villa San Giovanni, sullo stetto di Messina |
Specializzato nell'edilizia e con un lungo curriculum
da criminale, Domenico Barbaro, è il prescelto dalle cosche per lavorare
al cantiere di Cannittello. E' stato condannato in primo grado per
associazione mafiosa. Ad assumerlo come badilante è stata la Demoter, la
società messinese che lavoro al primo cantiere del Ponte. La ditta ha
già lavorato anche con le 'ndrine per l'ammodernamento della statale
jonica 106
di GIOVANNI TIZIAN e ANTONELLO MANGANO
VILLA SAN GIOVANNI (RC) - Professione "badilante". Non
proprio un ruolo di vertice per Domenico Barbaro all'interno di Demoter,
la società che da quanto risulta a Repubblica.it lo aveva assunto tra i
dipendenti del primo cantiere del Ponte, quello di Cannitello. Lungo è
il curriculum criminale di Barbaro. Variegate le tipologie di reati per
cui è stato indagato e arrestato. E' stato anche condannato per
associazione mafiosa, i clan di riferimento sarebbero quelli della Piana
di Gioia Tauro, che dal Porto a Roma passando per i cantieri della
Salerno-Reggio Calabria dettano legge. L'ultimo provvedimento che l'ha
riguardato risale al 2010, e nel cantiere si lavorava già da un anno.
IL BADILANTE -
E' in buona compagnia. Tra i dipendenti della società messinese compare
anche un altro Domenico Barbaro. Non ha precedenti, ma le sue
frequentazioni, come risulta da alcuni atti d'indagine, sono di primo
piano. È in contatto con "Mico l'Australiano", l'anziano Domenico
Barbaro considerato ai vertici del clan Barbaro-Papalia in Lombardia, ma
il suo soprannome è dovuto alla sua esperienza all'estero, nel più
giovane dei continenti appunto. Sempre di Platì sono Francesco Perre e
Antonio Barbaro. Due personaggi che il dipendente di Demoter ha
incontrato. Il secondo, oltre a far parte di una potente famiglia di
'ndrangheta, è il figlio di Peppe "u nigru". Un leader delle cosche di
Platì oltre che titolare di una ditta di calcestruzzo, la Planet
Costruzioni. Con questa ditta starebbe lavorando nei cantieri della
Bagnara-Bovalino. Appalto vinto dalla Demoter e da una seconda società,
la Ricciardello, sempre siciliana. Non solo Cannitello dunque, nei
rapporti Demoter-Barbaro.
Francesco Perre ha invece un passato da
trafficante di stupefacenti. L'ultimo pezzo da novanta vicino al
"badilante" Barbaro è il capo cosca di Oppido Mamertina, paese
aspromontano del reggino. Si chiama Francesco Bonarrigo. Nell'indagine
'Crimine'- 300 arresti tra Calabria e Lombardia nel luglio 2010 - è
indicato come padrino di Oppido. In grado di tenere le relazioni con gli
'ndranghetisti liguri, piemontesi e lombardi. Insomma, il lavoratore
impegnato a Cannitello in quanto a conoscenze non scherza.
Dopotutto,
non c'è grande opera che le 'ndrine rifiutano. Non sono ideologiche e
neppure vivono di sentimenti ambientalisti. L'importante è gettare
calcestruzzo, muovere quintali di terra. Questo vogliono i
mammasantissima della provincia di Reggio Calabria. Ma di incontri
ravvicinati con la 'ndrangheta, la società messinese ne ha avuti anche
nei lavori di ammodernamento della statale 106, tristemente nota come
"la strada della morte". Sia per gli incidenti che per i morti
ammazzati. Demoter ha fatto parte del consorzio che ha realizzato la
"Variante di Gioiosa Jonica". Per gli inquirenti non c'è dubbio. Il
Consorzio "era ben preparato a dover pagare un prezzo per lavorare in
questa zona; infatti, pur di iniziare e proseguire nelle lavorazioni ha,
da alcuni mesi, inviato in loco dei suoi rappresentanti con l'incarico
di sondare il terreno', raccogliere 'i suggerimenti giusti' e stringere i
contatti con 'chi comanda', al fine di evitare 'malintesi, ritardi e
fraintendimenti'".
Demoter vanta una lunga esperienza di lavori
in Calabria. Siamo nei cantieri del quinto macrolotto della
Salerno-Reggio Calabria. Massimo Aricò era stato assunto nel 2006 prima
come autista in un'azienda di Palermo e poi - un anno dopo - come
manovale presso la Demoter. Spiegano i magistrati: "Non può ritenersi
casuale il fatto che un soggetto organico alla cosca Gallico - cioè alla
consorteria operante nel territorio di Palmi - fosse assunto da due
diverse ditte siciliane, fra l'altro con mansioni diverse, per eseguire i
lavori nel tratto della A3 di competenza della predetta 'ndrina. Appare
fin troppo chiaro che si trattava di assunzioni rientranti in quel
sistema volto a garantire la sicurezza nei cantieri".
FAVOREGGIAMENTO -
Nata nel 1978, Demoter è diventata la maggiore impresa del settore
della provincia di Messina. Il titolare ha scalato i vertici
dell'Associazione dei costruttori e della Confindustria locale. Poi sono
arrivati fatturati milionari, l'espansione nella vicina Calabria e
lavori in Serbia, Albania, Tunisia. Infine la chiusura, all'inizio del
2012. Una lunga vicenda giudiziaria - l'operazione 'Sistema 2' - che
ha costretto la Prefettura a negare il certificato antimafia. A causa di
quella che tecnicamente si chiama "interdittiva", le amministrazioni
pubbliche revocavano anche i vecchi contratti. L'impresa non poteva
sottoscriverne di nuovi e quindi non è rimasto che il concordato
preventivo. E quaranta lavoratori in mezzo alla strada. Uno degli ultimi
lavori effettuati è stato proprio quello di Cannitello.
L'origine
del crollo è in una vecchia storia del 2008. Siamo a Santa Lucia del
Mela, provincia di Messina. Nell'ambito dei lavori di metanizzazione, il
boss D'Amico costringe l'imprenditore Giacomo Venuto, titolare della
ditta 'Mediterranea', a pagare una fattura di 20mila euro oltre Iva. La
motivazione formale è il nolo di un escavatore che in realtà non è mai
stato effettuato. Si tratta di un'estorsione mascherata, sostengono gli
inquirenti. Il documento di pagamento è intestato a Demoter. Venuto
prende dieci mila euro in contanti e li consegna al boss. In questo
modo, scrivono i magistrati, Demoter "giustifica documentalmente
l'estorsione che sta pagando". Carlo Borella, titolare dell'azienda,
nega tutto. Anche in maniera grossolana: sono allegate come prova a
discolpa fotografie di un escavatore che non è quello noleggiato.
Diverso il numero di serie, differenti i bulloni del contrappeso. I
magistrati ipotizzano il favoreggiamento. All'inizio, anche con
l'aggravante mafiosa, poi decaduta. In primo grado arriva la condanna,
ora si attendono i successivi gradi di giudizio.
Le indagini
dell'operazione 'Sistema 2' hanno avuto inizio dopo la denuncia di
Venuto e riguardano il pizzo nella zona con epicentro Barcellona Pozzo
di Gotto. Sono "stanco di pagare", dice l'imprenditore agli inquirenti.
Dal 2005 l'impresa era vittima di continue richieste estorsive, furti e
ritorsioni. Il danno più grave glielo fecero bruciandogli tre betoniere e
altrettanti autocarri. Quando inizia a bitumare il parcheggio del parco
Corolla, un grosso centro commerciale nei pressi di Milazzo, gli fanno
notare che prima deve "mettersi a posto", cioè accordarsi con la
criminalità locale.
LE PULCI E I GATTI -
"Cu non voli i pulici non si cucca chi iatti". Chi non vuole le pulci
non va a dormire con i gatti. Con questa metafora un mafioso, arrestato
nell'ambito dell'operazione Pozzo, spiega a un imprenditore finito in
carcere che se l'è andata a cercare. Sono tante le 'commistioni' nel
mondo dell'edilizia. La storia della Demoter ci offre uno spaccato -
seppure parziale - di questo mondo. Il nome dell'azienda emerge anche in
altri documenti. Non ci sono rilievi penali, ma dati comunque
significativi. Gli inquirenti dell'operazione 'Pozzo' annotano in un
verbale dell'11 maggio 2011: "Vi erano poi delle imprese subappaltatrici
della Bonatti (la ditta che "metanizzava" il paese di Montalbano
Elicona), fra cui la Demoter che pagavano altre somme a titolo di
estorsione a favore dell'organizzazione"
Negli atti
dell'operazione Gotha - anche questa contro la mafia di Barcellona -
si legge che nel 2001 Borella si recò da tale Giovanni Rao per risolvere
la questione della galleria Scianina, nel messinese. Rao è indicato
come il boss emergente della zona. La Demoter non riusciva a svolgere i
lavori a causa di una precedente "vertenza" da 80 milioni per la "messa a
posto" di un cantiere di metanodotto. "Tramite i catanesi gli avevo
fatto sapere che lì non poteva lavorare", racconta il collaboratore di
giustizia Bisognano. "[Ma Rao] disse al Borella che avrebbe dovuto
continuare a vedersela con il soggetto con cui sino a quel momento aveva
avuto rapporti, e cioè con me". Storie frequenti nei cantieri del Sud e
non solo. Ci avevano giurato che quelli del Ponte sarebbero stati
diversi. Ora abbiamo le prove che non è stato così.