giovedì 28 giugno 2012

Una lunga marcia verso L’Aquila per accendere la ricostruzione

Da Montecitorio alla piazza principale del capoluogo abruzzese, un percorso di solidarietà e speranza per ricordare il sisma e richiamare l'attenzione delle istituzioni sui mille problemi della popolazione terremotate

ROMA - Una marcia lunga sei giorni, dal 30 giugno al 5 luglio, da Roma fino all'Aquila, per ricordare il sisma che, ormai più di tre anni fa, ha distrutto il centro del capoluogo abruzzese e tanti comuni vicini. Si chiama Lunga marcia per L'Aquila la manifestazione organizzata da associazioni di trekking (Federtrek), associazioni no profit e privati cittadini, con l'adesione di Lega Ambiente e Associazione Abruzzese di Roma. Da Montecitorio tante persone si metteranno in cammino per compiere insieme un percorso di solidarietà verso i terremotati e per chiedere al governo di inserire la ricostruzione al primo punto dell'agenda.

È passato molto tempo dalla notte del 6 aprile 2009, ma nel cuore della città quasi nulla è cambiato. Impalcature e puntelli tentano di tenere in piedi quel poco che il sisma non ha distrutto, ma la ricostruzione del centro storico non è ancora partita e la popolazione, sempre più dispersa tra le new town e altre città, fa fatica a restaurare i legami sociali allentati dal tempo e dall'attesa.

"L'intelligente ricostruzione de L'Aquila, nell'ottica della sostenibilità e la messa in sicurezza del territorio: queste sarebbero davvero 'grandi opere' da fare subito  -  sostengono gli organizzatori della marcia - Un investimento che porterebbe una 'buona crescita' economica con nuove possibilità di lavoro specialmente per le giovani generazioni. Bisogna accelerare la ricostruzione con un grande progetto che faccia de L'Aquila, una delle più belle città d'arte del nostro paese, capoluogo di regione, un'occasione di sperimentazione nel segno della bellezza, della sostenibilità, dell'innovazione e della sicurezza. Una nuova città ideale dove l'uomo e non le merci siano messe al centro dello sviluppo".

Una ferita ancora aperta, quella del terremoto che ha sconvolto l'Abruzzo, e che riguarda non solo gli abruzzesi. E la dimostrazione è che L'Aquila è stata scelta come punto d'arrivo di un'altra manifestazione,  'Stella d'Italia' 1che, partita l'11 maggio da quattro punti estremi della Penisola, si concluderà proprio il 5 luglio nella città terremotata, "città simbolo delle difficoltà che sta vivendo oggi l'Italia e del nostro bisogno di rigenerazione e ricostruzione". Non si tratta di una casualità, sottolineano gli organizzatori, ma di un segnale di solidarietà che parte da diversi punti (proprio come le due marce).

I partecipanti ai due itinerari si troveranno, tutti insieme, in Piazza Duomo all'Aquila, per guardare la luce dei falò, con la speranza di riaccendere l'attenzione "sulla necessità di ricucire l'Italia e dare impulso alla ricostruzione".

Tutte le informazioni e le tappe del percorso sono disponibili sul sito www.lungamarciaperlaquila.it. 2

Traffico di droga e armi in Lombardia "Spacciavano coca in studi Mediaset"

I militari al lavoro per smantellare un'organizzazione che operava in Italia e all'estero
Nelle intercettazioni spuntano i nomi di Costanzo e della Barale, che non sono indagati e a proposito dei quali fonti della Procura milanese parlano di "chiacchiere da bar"


C'è anche un filone che riguarda importanti ambienti televisivi nell'ultima indagine del nucleo investigativo dei carabinieri di Milano, che intercettando i componenti di un'organizzazione dedita al traffico di droga si sono trovati davanti a nomi eccellenti, anche se del tutto estranei ai reati perseguiti. Ma tanto è bastato per sollevare un polverone. Gli arresti sono stati 22 e sono stati eseguiti su ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Fabrizio D'Arcangelo su richiesta del sostituto procuratore della Dda milanese Antonio Sangermano.

Il blitz dei carabinieri
In una serie di intercettazioni, in particolare alcuni dei personaggi di spicco dell'indagine, tra cui quello ritenuto al vertice dell'organizzazione, il 35enne Marco Damiolini, parlano tra loro di una serie di cessioni di cocaina a presentatori e gente di spettacolo legata a Mediaset: un filone che era già stato trattato in un altro procedimento, il 2 novembre 2011, che aveva portato all'arresto, fra gli altri, di  tre dipendenti della società di Cologno Monzese. In un passo delle circa 900 pagine dell'ordinanza, il 29 settembre 2009, Marco Damiolini conversa con Raffaele Laudano, 47 anni, un altro degli arrestati. "Damiolini:
mo' ti dico una cosa, guarda che Mediaset... se ti blindano se la cantano. E' normale. Lo rivelano. Laudano: se la smazza poi lui. Damiolini: non gli puoi neanche dare dell'infame. L'amico mio ha preso 12 anni di galera perché lavorava con Maurizio Costanzo. Davide Caffa. Lui gli dava la barella... (cocaina) alla Barale, a Costanzo, a ogni 'Buona domenica... (trasmissione in onda su Canale Cinque)... gli dava due etti e mezzo. gliela pagavano profumata proprio... è successo... e ha preso dodici anni".

"Non so di cosa si stia parlando, le cose non mi riguardano in nessun modo, di tutte le persone citate conosco solo Paola Barale - ha replicato Costanzo - Ancora una volta devo dire 'un colpo del sole africano!'". In altri passi delle intercettazioni, Marco Damiolini e Raffaele Laudano si lamentano della scarsa qualità dell'ultima partita, evidentemente non adatta ai raffinati ambienti televisivi. "Damiolini: compri dieci grammi e vuoi il 90 per cento. Laudano: ma non posso dargli neanche la merda a quelli di Mediaset... io lo so già come son fatti quelli...". Riguardo a queste intercettazioni ambientali, però, in ambienti vicini alle indagini viene chiarito che potrebbe trattarsi anche di "chiacchiere da bar", per le quali non sono stati trovati riscontri. Tanto che i personaggi del mondo vip non sono stati nemmeno sentiti dagli inquirenti (anche perché l'assunzione di stupefacenti non è un reato penale), i quali rimarcano anche come Mediaset abbia collaborato con la magistratura.

Lo spessore criminale dell'organizzazione era elevato. In un laboratorio allestito a Cassina de' Pecchi (Milano) venivano anche trasformate  armi giocattolo in armi a tutti gli effetti. Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di cocaina e hashish, alla fabbricazione e commercializzazione di armi comuni da sparo e da guerra, nonché di ricettazione e porto illegale di armi. Risulta indagato anche un responsabile della Security all'aeroporto di Linate, G.A: secondo le indagini aveva il compito di agevolare il passaggio della droga nello scalo milanese. L'indagine, cominciata alla fine del 2008, ha permesso di arrestare oltre 90 persone e di denunciarne circa 150.

Confindustria: recessione nel 2013 "Siamo nell'abisso, danni come in guerra"

La pressione fiscale apparente è confermata salire al 45,4% del Pil nel 2013; quella effettiva, che tiene conto del sommerso, giungerà al 54,6%. Persi 1,5 milioni di posti di lavoro dal 2008. Si allontana il pareggio di bilancio: deficit all'1,6% l'anno prossimo

di GIULIANO BALESTRERI
Confindustria: recessione nel 2013 "Siamo nell'abisso, danni come in guerra"
Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi
MILANO - I conti pubblici migliorano "vistosamente", ma "si allontana il pareggio di bilancio": il prossimo anno il deficit non sarà dello 0,1% come prospettato a dicembre, ma dell'1,6%. E nel 2012 si assesterà al 2,6%. Di più. Secondo gli scenari economici presentati oggi dal Centro studi di Confindustria, la recessione continuerà anche l'anno prossimo, quando il Pil calerà dello 0,3%.

"Non siamo in guerra, ma i danni economici fin qui provocati dalla crisi sono equivalenti a quelli di un conflitto e a essere colpite sono state le parti più vitali e preziose del sistema Italia: l'industria manifatturiera e le giovani generazioni". E lo drammatico scenario delineato dal Csc: "L'aumento e il livello dei debiti pubblici sono analoghi, in quasi tutte le democrazie avanzate, a quelli che si sono presentati al termine degli scontri bellici mondiali. Una sorta di guerra c'è stata ed è tuttora in corso, ed è combattuta dentro l'Europa e dentro l'Italia". Per Csc "a scatenarla sono stati errori recenti e mali antichi. Gli errori recenti sono stati inanellati nella gestione dell'eurocrisi".

Tasse e recessione. La recessione italiana già si è dimostrata più intensa e spingendo il Centro studi Confindustria a rivedere al ribasso le stime del Pil. Per il 2012 l'economia calerà del 2,4% contro il -1,6% indicato a dicembre e analoga è la differenza nello scenario per il 2013: da +0,6% a -0,3%, quasi esclusivamente dovuta alla pessima eredità ricevuta dal 2012. Il Csc segnala che il 90% dell'arretramento di quest'anno è già acquisito nel secondo trimestre per cui il calo acquisito stimato è già del 2,1 per cento. "Siamo nell'abisso" dice il direttore del Centro studi, Luca Paolazzi che, tuttavia, prevede "un rientro dell'eurocrisi entro la primavera". Non aiuta certo la pressione fiscale che, depurata dal sommerso, "schizzerà al 54,6%" nel 2013 dal 54,2% del 2012. Continua la corsa anche della pressione apparente, dal 42,5% del 2011 al 45,1% del 2012 fino al 45,4% del 2013. Le entrate fiscali sono "in forte accelerazione", +5,2% quest'anno, per poi rallentare al +2,6% nel 2013

Lavoro e consumi.
A preoccupare Viale dell'Astronomia è, soprattutto, il forte derioramento delle condizioni del mercato del lavoro: nel 2012 l'occupazione calerà dell'1,4% (-1% già acquisito al primo trimestre) e dello 0,5% nel 2013. Solo sul finire dell'anno prossimo le variazioni congiunturali torneranno positive e, al netto della Cig, il 2013 si chiuderà con 1 milione e 482mila posti di lavoro in meno rispetto al 2008 (-5,9%). La disoccupazione, osserva il Csc prosegue la corsa osservata negli ultimi mesi con il tasso che raggiungerà il 10,9% a fine 2012 (10,4% in media d'anno) e il 12,4% a fine 2013 (11,8% in media d'anno).

"A sei anni dall'inizio della crisi, nel 2013 l'Italia si troverà con un livello di benessere, misurato in Pil pro-capite, del 10% inferiore alla media 2007". Il Csc calcola un calo "pari quasi a 2.500 euro in meno (prezzi costanti dal 2005)". Per gli economisti di via dell'Astronomia è "una perdita difficilmente recuperabile in assenza di riforme incisive che riportino il Paese su un sentiero di crescita superiore al 2% annuo come è alla sua portata". Con un notevole impatto sui consumi: "Quelli delle famiglie diminuiscono nettamente (-2,8%), conseguenza della fiducia al minimo storico, dell'ulteriore riduzione del reddito reale disponibile, della restrizione dei prestiti e dell'aumento del risparmio precauzionale". Per gli esperti di viale dell'Astronomia, "gli investimenti crollano dell'8,0% per effetto dell'estrema incertezza e del proibitivo accesso al credito bancario".

Patrimoniale. E non sarebbe certo una soluzione il ritorno alla lira che, anzi, si tradurrebbe per gli italiani nella "più colossale patrimoniale mai varata". Secondo il Csc gli effetti sarebbe devastanti sul valore delle attività, sul reddito e sulle ricchezze private "perché verrebbero inevitabilmente sottoposte a una radicale tosatura per ristabilire un pò di ordine nel bilancio pubblico e nella giustizia sociale, di fronte al profondo impoverimento della maggioranza della popolazione".

Le reazioni. Di fronte alla gravità della recessione "bisogna cambiare passo", secondo il vicepresidente di Confindustria e amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, con "una ristrutturazione radicale e decisa della pubblica amministrazione e un'armonizzazione delle procedure amministrative per liberare risorse da iniettare come linfa vitale al nostro paese ormai allo stremo". Nel suo intervento alla presentazione degli Scenari economici del Centro studi, Conti ha detto che i costi amministrativi pesano sulle aziende per oltre 26 miliardi di euro l'anno.

"La crisi non è finita e negli ultimi tempi sembra si stia allungando nel tempo nel nostro paese e in Europa". Sulla stessa lunghezza d'onda anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi che aggiunge: "Non riconoscere o negare la recessione, come si è fatto per tanto tempo, equivale a scegliere la via di stagnazione o declino che abbiamo seguito per troppo tempo. Noi ci dobbiamo ribellare a questa forme di cecità, che a volte forse non è neanche disinteressata".

domenica 24 giugno 2012

Formigoni attacca giornali e tv "Nessun avviso, citino le fonti"

Il presidente ribadisce di non essere a conoscenza di indagini che lo riguardano
e accusa la stampa di usare verbali non pubblici come armi contro la sua giunta
Da un altro filone d'inchiesta spunta un teste che parla di pressioni del governatore riguardo a nuovi macchinari da sperimentare a Niguarda e all'ospedale di Lecco


Ci potrebbero essere sviluppi già nei prossimi giorni nell'inchiesta della Procura di Milano che vede indagato Roberto Formigoni in concorso con il faccendiere Pierangelo Daccò, il direttore generale dell'assessorato alla Sanità Calo Lucchina, l'ex assessore Antonio Simone e gli ex vertici e alcuni ex consulenti della Fondazione Maugeri. Accusato di concorso in corruzione e finanziamento illecito per via di mezzo milione di euro versati dall'ente con sede a Pavia e andati a rimpinguare i finanziamenti dell'ultima sua campagna elettorale, il governatore ha ribadito la sua posizione: "Vedo - ha affermato - che alcuni giornali e tv insistono nel sostenere senza prove che sarei indagato, talvolta citando loro anonimi informatori ma ribadisco, per il secondo giorno, di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia".

Formigoni indagato per i fondi alla sanità SPECIALE Il caso Formigoni

"Attendo quindi, ma davvero serenamente - ha proseguito Formigoni - che la Procura di Milano proceda nelle indagini che so, in coscienza, mi vedranno immune da qualunque reato. Escano dunque dall'anonimato questi giornali, citino le loro fonti, se ne hanno, prendano atto che non sono la bocca della verità
e non possono essere creduti solo perchè 'lo dicono loro'".

Intanto, in un'altra inchiesta, quella coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco e dal pm Carlo Nocerino su sospette irregolarità che riguardano i bandi, ora bloccati, per la sperimentazione di apparecchiature ad alta tecnologia scientifica per la cura dei pazienti, spunta un verbale di un testimone che ha parlato di presunte "pressioni" da parte di Formigoni e di "esponenti della General Eletric" relative alla gara per l'acquisto di 135 ecoscopi da destinare a Niguarda e all'ospedale di Lecco.

Gli inquirenti, da quanto si è appreso, avrebbero intenzione di approfondire le dichiarazioni rese da un dirigente di Niguarda: aveva raccontato che Pasquale Cannatelli, il manager (anche lui indagato assieme a Lucchina e ad altre 26 persone) alla guida dell'azienda ospedaliera milanese, "si era lamentato del forte ritardo nell'avvio della gara (per la quale la Regione aveva già stanziato un milione e 100 mila euro) e per il fatto di aver subito pressioni di Formigoni e da esponenti della General Eletric". In sostanza, gli accertamenti dei magistrati punterebbero a capire cosa si nasconda dietro queste parole tutte da verificare e cioè se il governatore ha caldeggiato o meno il progetto, uno di quelli nel mirino dell' indagine, ed eventualmente per quali motivi.

Terremoto, il Dalai Lama visita gli sfollati: “Guardate al futuro con coraggio” (video)

Terremoto, il Dalai Lama visita gli sfollati: “Guardate al futuro con coraggio” (video)

Il leader spirituale tibetano è stato accolto tra gli applausi ai margini della zona rossa di Mirandola e ha donato 100mila dollari alla Croce Rossa per gli aiuti alla popolazione sfollata

“Guardare al futuro con coraggio, senza pensare al passato”. La visita del Dalai Lama a Mirandola, accompagnato dal presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani e dal sindaco Maino Benatti, è stata un’occasione per incoraggiare la popolazione a rialzarsi in piedi, a farsi coraggio e guardare avanti. “Dovete essere determinati – ha detto alla folla radunata, circa 500 persone, la guida spirituale tibetana – solo questo vi aiuterà a costruire una nuova casa e a guardare al futuro”. Quando c’è stato il terremoto, ha raccontato il premio nobel per la pace “ero a Udine. In quel momento sapevo di non poter fare altro che pregare, ma appena ho avuto l’occasione sono venuto qui, per salutarvi”.
La visita lampo, accolta con applausi scroscianti dalla popolazione di una Mirandola ancora in ginocchio, devastata e transennata, è iniziata per il Dalai Lama nella zona rossa, dove ha visto con i propri occhi le macerie, le case distrutte, le fabbriche crollate. Poi, la massima autorità religiosa buddista si è recata al Campo Friuli Venezia Giulia per meditare assieme alla popolazione e rivolgere un incoraggiamento a chi, soprattutto, ha perso i propri cari a causa del sisma.
“Vedendo questa distruzione – ha raccontato rivolgendosi soprattutto a una bimba, che ha perso un parente in seguito ai crolli verificatisi a Mirandola – ho provato profondo dispiacere. In passato ho visitato altri posti dove ci sono stati disastri naturali e ho sempre convinto le persone a pensare al futuro. Quando muore qualcuno che ci è caro, sappiamo che non potrà tornare. Ma dobbiamo pensare a quel che quella persona desidererebbe per noi, al fatto che vorrebbe vederci reagire. È quello che mi è successo quando ho perso i miei tutori, i miei maestri. In quel momento mi sono reso conto che il mio compito era cercare di realizzare quel che loro si aspettavano da me”.
Per ricostruire l’Emilia terremotata il Dalai Lama, che aveva già donato alla Croce Rossa Emilia Romagna 50.000 dollari per aiutare le popolazioni terremotate, oggi ha devoluto – altri 50.000 dollari, “perché quando si visita un luogo dove si è verificato un disastro simile – ha spiegato tra gli applausi – non lo si fa a mani vuote”.
“L’incoraggiamento portato dal Dalai Lama – ha aggiunto il governatore Errani, che assieme al primo cittadino di Mirandola ha ricevuto la tipica kata, la fascia in seta bianca donatagli in segno di saluto da Sua Santità – deve essere per noi un obiettivo. Non dobbiamo guardare indietro ma lavorare sodo per costruire. Ci sono persone che stanno vivendo grandi disagi ma sanno bene cosa significhi lavorare senza mai fermarsi. E dimostreremo al mondo che c’è un’Italia che sa ricostruire, non cederemo nemmeno un attimo. E per quanto possa sembrare paradossale, la riflessione a cui oggi siamo stati invitati è ancora più importante in una situazione di emergenza, perché bisogna prendersi quell’attimo per ricostruire bene”. Senza trascurare, insomma, quella sicurezza “che deve essere prioritaria in questa delicata fase. Noi non vogliamo costruire paesi accanto a centri storici compromessi – ha aggiunto Errani – rivogliamo i nostri centri storici. E ce la faremo”.
Dopo la visita del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, la presenza del Dalai Lama è stata “un importante momento di speranza e di dialogo sia per le persone duramente colpite dal terremoto che per i nostri volontari che da un mese curano la gestione dei campi in Emilia Romagna”, ha spiegato il vicepresidente del Friuli Venezia Giulia, Luca Ciriani. Il numero dei terremotati ospitati, spiega la Protezione civile, sta progressivamente diminuendo perché alcune famiglie hanno trovato ricovero da parenti, e i consolati stanno agevolando il rimpatrio degli stranieri.
Allestiti ormai tutti i campi di accoglienza, ora la priorità è allestire tende con dei condizionatori d’aria e con dei teli ombreggianti per permettere alle persone, specie se anziane o ammalate, di sopportare con maggiore agio la calura estiva.
“L’aiuto che ci ha portato il Dalai Lama è materiale e spirituale insieme – ha concluso il sindaco di Mirandola Maino Benatti – è una speranza fondamentale che ci incoraggia a essere solidali, pazienti e tenaci. E con questo atteggiamento ricostruiremo tutto ciò che abbiamo perduto”.

Ho fallisce Berlusconi o fallisce l'Italia. E' meglio un kilogrammo di spaghetti oggi o la vostra dignità e quella dei vostri figli domani? ...meditate o popolo....meditate.

 Per quanto tempo ancora dobbiamo sopportare le angherie di un uomo gretto e malato? Aveva promesso che non avrebbe messo le mani nelle tasche degli italiani, ma ha fatto di più: gli ha tolto anche le mutande. Pavera Italia nuda e indifesa di fronte all'Europa e al Mondo . Offesa nei suoi valori di digità nazionale, un omuncolo scivola oggi tra i palazzi per tessere una nuova rete, la nuova cricca, per spartirsi  il potere  e quel poco che ormai rimane dell'Italia. Quando aveva deciso di abbandonare definitivamente la politica.  

Ho fallisce Berlusconi o fallisce l'Italia.

Stà a voi scegliere con il vostro voto.

E' meglio un kilogrammo di spaghetti oggi o la vostra dignità e quella dei vostri figli domani? 

...meditate o popolo....meditate

 

Al centro del convegno pidiellino di Chianciano la possibilità di una partecipazione del Cavaliere alle primarie di partito. Matteoli: "Nessuno gli potrebbe dire di no"

CHIANCIANO - Le rinnovate ambizioni politiche di Silvio Berlusconi 1agitano il confronto interno al Pdl. Una sua candidatura alle primarie di partito non è affatto esclusa, ma a dirlo potrà essere solo il Cavaliere, avverte il segretario Angelino Alfano quasi a voler frenare l'entusiasmo con cui i giornali della destra, da Libero a Il Giornale, stanno spingendo il Cavaliere a riprendere il centro della scena.

Dopo aver sottolineato che in certa stampa esiste "un eccesso di zelo", Alfano sottolinea che "quando e se" Berlusconi dovesse candidarsi, "lo dirà lui soltanto e lo dirà con chiarezza". "Noi - precisa - abbiamo scelto la strada delle primarie e ciò che conta e ciò che è bello lo scelgono i cittadini e non i giornalisti. Noi vogliamo fare in modo che ci sia una grande gara delle idee e tra le idee per scegliere il candidato alla premiership. Poi pensiamo che per vincere ci voglia una coalizione e lavoreremo per costruire un'ampia coalizione ancora in grado di non regalare questo nostro meraviglioso Paese alla sinistra, che non ha un programma di governo capace di tirarci fuori dalle secche della crisi".

"Penso che Berlusconi - dice ancora il segretario - sia un leader in campo che non è mai uscito dal campo, perché la sua presenza e la sua forza politica sono sempre espresse: fino a novembre al governo e da novembre con il contributo e il sostegno a questo governo". Sostegno che andrà avanti anche nelle prossime settimane in quanto l'ipotesi di elezioni ad ottobre sono secondo Alfano solo "un transfert psicologico di Bersani che scarica sul Popolo delle Libertà le dichiarazioni pubbliche del suo responsabile dell'economia (Fassina, ndr)". "Noi abbiamo detto con chiarezza - prosegue - che non abbiamo mai dato una scadenza a questo governo e che lo stiamo sostenendo".

La possibilità di un ritorno di Silvio Berlusconi ha comunque segnato il confronto in corso a Muovititalia, l'iniziativa promossa a Chianciano dalla "Fondazione della libertà" insieme all'associazione culturale Meridiana. Se Berlusconi decidesse di candidarsi premier, mette in guardia l'ex ministro Altero Matteoli parlando al meeting, nessuno potrebbe dirgli di no.  "Nessuno ha mai messo in dubbio, a partire da Alfano, che il nostro leader è Berlusconi - sottolineato l'ex esponente di An - quindi se Berlusconi decidesse di ricandidarsi non ci sarebbe nessuno nel partito che gli potrebbe dire di no, E questa diatriba tra Berlusconi e Alfano è alimentata solo dai giornali. Alfano non ha nessuna voglia di mettersi in contrapposizione a Berlusconi".

Matteoli boccia però l'ipotesi delle liste civiche da affiancare al Pdl. "Nascerebbe un altro partito? Io ho dato vita insieme ad altri al Pdl, non sono pentito, non sono contento di come funziona e dobbiamo farlo funzionare meglio. Ma per tutto il resto non è possibile pensare di poter fare lo spezzatino, ci renderebbe ridicoli e ci porterebbe sicuramente alla sconfitta", commenta l'ex ministro.

sabato 23 giugno 2012

“Vagliati si rivolse al boss per ottenere una poltrona in Fondazione Fiera”

Il gip di Milano archivia l'accusa di corruzione nei confronti del consigliere comunale del Pdl milanese. Dai rapporti con l'uomo della 'ndrangheta Giulio Lampada emerge uno scambio di "relazioni e influenze grave e sistematico". Scambio che nel codice italiano resta fuori dall'ambito penale

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Grazie all’amicizia con Giulio Giuseppe Lampada, presunto riciclatore della ‘ndrangheta, il consigliere comunale del Pdl milanese Armando Vagliati è entrato in contatto con i piani alti della politica romana e, sempre in virtù di tali rapporti, progettava di ritagliarsi un posto di rilievo nella dirigenza della Fondazione Fiera, l’ente regionale che organizza congressi e meeting. In cambio cosa fa? “Mette in contatto Lampada con imprenditori del settore immobiliare interessati a concludere diversi affari”. E nonostante questo Armando Vagliati non è un corrotto. O meglio: per il reato di corruzione, accusa contestata dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) per i suoi rapporti con presunti appartenenti alla ‘ndrangheta lombarda, “non c’è margine”. E del resto “le consulenze del pm non hanno portato a nulla. Avrebbe stupito il contrario”. Anche perché, spiega il gip Giuseppe Gennari nelle tre pagine con cui dispone l’archiviazione del procedimento, “le relazioni come quelle tra Vagliati e Lampada non producono flagranti corruzioni – ché oggi più nessuno si lascia corrompere compiendo atti illegittimi – ma uno scambio di relazioni ed influenze ben più grave e sistematico”. Ma ancora una volta “si deve prendere atto che questo scambio – in mancanza di una norma ad hoc – rimane al di fuori della rilevanza penale”. Conclusione: “Ogni prosecuzione della indagine sul tema della corruzione, oggi, non ha senso”.
Insomma, ci risiamo: il nodo sta nel vuoto legislativo del nostro codice penale che non punisce il reato di traffico d’influenze. E se, in questo caso, Armando Vagliati esce dall’indagine, per Antonio Oliverio, altro politico pizzicato a intrattenere rapporti con i boss, vale una richiesta di assoluzione da parte del pm (che ne chiese il rinvio a giudizio), accolta dal giudice Roberto Arnaldi che il 4 giugno 2012 ha depositato le motivazioni alla sentenza Infinito: 110 persone condannate, tre assolte, tra queste lo stesso Oliverio.
Al di là di tutto, per Vagliati come per lo stesso Oliverio resta un dato, che il gip Gennari, non manca di sottolineare: lo scambio di relazioni e influenze. Relazioni, ad esempio, tra lo stesso consigliere comunale e Giulio Giuseppe Lampada, oggi imputato per 416 bis, perché accusato di essere, sulla piazza di Milano, il riciclatore della potente cosca Condello. Da sempre Vagliati ha descritto i suoi contatti (certificati da decine di intercettazioni, ndr) con il colletto bianco della ‘ndrangheta come casuali e frutto “di sua buona fede”, o alla peggio, di “dabbenaggine”. E nonostante questo quella conoscenza con quel suo “simpatizzante” gli ha portato diversi vantaggi che lo stesso politico annota in un memoriale depositato agli atti del processo Valle-Lampada e che il giudice nel suo decreto di archiviazione non manca di riprendere.
La conoscenza tra il politico e il presunto boss porta certamente vantaggi al primo. Più difficile individuare i favori ottenuti dall’uomo della ‘ndrangheta. Ma restiamo sul punto del memoriale “dove – annota il giudice – il politico ripercorre i passi attraverso i quali Giulio Lampada lo ha progressivamente introdotto in contesti in cui lo stesso Vagliati riteneva di non potere entrare”. L’elenco? “L’onorevole Alemanno, Franco Morelli (consigliere regionale calabrese arrestato, ndr), gli ambienti romani della politica nazionale”. C’è dell’altro? Prosegue il gip: “Vagliati si rivolge a Lampada anche per ottenere un appoggio nella possibile nomina a Vice Presidente della Fondazione Fiera di Milano”. Ecco allora, in sintesi, il progetto politico che il consigliere comunale immagina grazia all’appoggio dell’uomo delle cosche: “Vagliati, grazie ai contatti di Lampada, spera di fare blocco politico in Lombardia con l’appoggio di Alemanno e di Oliverio. Progetto che, dice lo stesso Vagliati, si arena perché era Oliverio a voler fare il referente di Alemanno al Nord”.
Sul piatto dello scambio (mai provato fino in fondo, da qui l’archiviazione con restituzione degli atti al pm), il politico mette alcuni affari immobiliari. Tra questi l’acquisto un palazzo nel centro di Milano. Siamo nell’estate del 2009. La notizia dell’affare arriva da Vagliati. “E’ una bella operazione – dice il politico – con base d’asta bassa”. L’obiettivo sono 7 milioni di euro finanziati non dal boss ma da un imprenditore del caffè. E’ a lui che Vagliati promette di inviare la delibera con un messo comunale. “Voi altri politici avete anche i commessi”, ironizza Lampada. Il business è decisivo affinché il presunto riciclatore dei Condello attivi il suo pacchetto di voti. “Alla Regione che facciamo?”, chiede Lampada. L’altro: “Il 27 marzo 2010 si vota”. Quindi l’aut aut della ’ndrangheta: “Facciamo prima un’operazione economica oppure niente”. Il consigliere Pdl sa come funziona: “Lo so lo so”, dice e rilancia con un altro affare immobiliare: terreno in zona Parco sud, tra i proprietari c’è anche l’allora capo di gabinetto del sindaco Moratti, l’obiettivo è acquistarlo e fargli cambiare destinazione d’uso. Sul caso pende anche un emendamento al Piano di governo del territorio (Pgt), firmato dallo stesso Vagliati (febbraio 2010), dove si chiede di rendere edificabile il terreno. In quel periodo, dunque, l’obiettivo di Vagliati è quello di racimolare voti da spendere nelle regionali del 2010.
Nonostante tutto questo, la versione di Vagliati è ferma: quel Lampada era solo un esuberante imprenditore calabrese con molte conoscenze. Il politico lo ribadisce nel suo memoriale. Annota il gip: “Dice di non avere mai avuto idea dello spessore criminale di Lampada e che per dabbenaggine, ingenuità, buona fede non capì mai. E mai ebbe sospetti neppure quando Lampada stesso gli rivelò – a seguito di un articolo di giornale – che quantomeno gli affini Valle erano usurai e riciclatori”. L’articolo in questione esce nella primavera del 2009. Vagliati, però, non nutre sospetti. Inizia a dubitare di quell’imprenditore diventato in pochi anni il re dei videopoker, solo nell’estate 2010 e sempre in seguito a un articolo. Solo allora, Vagliati riceve una telefonata dove Lampada giura che si tratta di un errore giudiziario.
Qualcosa, però, sfugge alla memoria e al memoriale del politico Pdl. Una telefonata del gennaio 2010 che il giudice annota quasi integralmente. E’ il 29 gennaio 2010, Armandix (soprannome datogli da Lampada) è al telefono con il consigliere regionale calabrese Franco Morelli. Vagliati si lamenta del fatto che Lampada ha interrotto ogni contatto. Non parla più al telefono (“per paura di intercettazioni”, scrive il giudice). “Si è messo in letargo” spiega Vagliati. E ancora: “Bisogna andare di persona”. Il motivo sono le indagini a carico del “cognato Fortunato Valle e del padre Francesco Valle“. Vagliati è arrabbiato. Sa che l’assenza dell’amico può influenzare l’andamento della campagna elettorale. “Cazzo – dice – veniva qua tutti i giorni (…) rompeva le balle dalla mattina alla sera (… ) il ragazzo (…) se non gli rispondevo (…) eh (…) si incazzava (…) adesso che è il momento clou cazzo mi crolla una delle colonne portanti”.
La telefonata, definita dal gip di “straordinaria gravità”, fissa due punti decisivi. Il primo: almeno fin dal gennaio 2010, Vagliati sa qual è l’ambiente che ruota attorno a Lampada. Che fa? Nulla. Anzi tenta di contattarlo disperatamente. Il secondo: Vagliati, attraverso Lampada, entra in possesso di informazioni riservate su inchieste in corso. Risultato: per la giustizia italiana Armando Vagliati non è un politico corrotto. Un amico di uomini vicini alla ‘ndrangheta, invece, sì. Ma questo non basta.

Inchiesta sanità, Formigoni è indagato. “Corruzione e finanziamento illecito”

Il nome del presidente della Regione Lombardia nel fascicolo sui rapporti tra l'amico Daccò e la Fondazione Maugeri. Sotto la lente degli inquirenti i benefit messi a disposizione del governatore (yacht, cene, vacanze ) e il presunto passaggio di denaro da un'azienda sanitaria privata in vista della campagna elettorale delle Regionali 2010

Roberto Formigoni (2) interna nuova
Il governatore della Lombardia Roberto Formigoni è indagato nell’inchiesta della Procura di Milano sui 70 milioni di euro che il polo privato della sanità Fondazione Maugeri ha pagato negli anni al consulente-mediatore Pierangelo Daccò. La notizia è stata pubblicata sul Corriere della Sera. Le ipotesi di reato, riporta il quotidiano, sarebbero due: corruzione per la somma dei benefit ricevuti da Daccò e finanziamento illecito per oltre mezzo milione di euro relativi alle elezioni regionali 2010.
Il finanziamento elettorale illecito, sottolinea il Corriere, sarebbe provenuto da un’azienda sanitaria privata in vista della campagna di Formigoni per le Regionali lombarde. L’ipotesi di reato di corruzione farebbe invece riferimento ai molteplici benefit di ingente valore patrimoniale – vacanze, soggiorni, utilizzo di yacht, cene di pubbliche relazioni a margine del Meeting di Rimini, termini della vendita di una villa in Sardegna a un coinquilino di Formigoni nella comunità laicale dei Memores Domini – messi a disposizione del governatore dal mediatore Daccò.


venerdì 22 giugno 2012

Trattativa, il Pdl ritorna alla carica "Subito la legge sulle intercettazioni"

Solidarietà bipartisan a Napolitano, ma riparte lo scontro con il Pd sugli ascolti. Alfano: "Indegne e indecorose le intercettazioni che sfiorano il Quirinale, una modalità barbara". Casini: schegge della magistratura dietro gli attacchi al Colle di LIANA MILELLA Il retroscena

ROMA - Tutti con Napolitano, ma il Pdl ne approfitta per tentare di incassare la legge sulle intercettazioni, grande incompiuta della legislatura. Subito l'anomala maggioranza che sostiene Monti si divide, come sempre avviene sulla giustizia. Alfano definisce "indecorose e indegne" le telefonate che "sfiorano" il Quirinale, ma attacca Casini e le sue "lacrime di coccodrillo" perché non ha sostenuto a sufficienza il vecchio ddl sugli ascolti, fonte di grande contrasto - bisogna ricordarlo - proprio tra Berlusconi e il Quirinale perché il bavaglio disegnato dall'ex guardasigilli Alfano avrebbe colpito a morte sia la possibilità di fare indagini che il lavoro della stampa. Ma oggi torna l'emergenza sulle conversazioni registrate, Napolitano ipotizza una riforma bipartisan, ma l'intesa appare già impossibile.

Non sarà la prossima settimana quella giusta per aprire il libro della legge sulle intercettazioni. Domani il ministro della Giustizia Paola Severino vola a Washington e ci resterà per cinque giorni. Sulle intercettazioni ha già impartito ordini precisi al suo staff in via Arenula che ruotano su due verifiche decisive per poter andare avanti. La prima: un monitoraggio sui processi più famosi in corso per capire in quale momento sono state diffuse le telefonate registrate e se questo è in regola con l'attuale legge oppure già la viola e che spazi di manovra si aprono per quella futura. L'idea di Severino è che già
adesso le anomalie ci sono.

La seconda verifica riguarda il vecchio ddl Alfano, oggi in stand by in aula a Montecitorio, e quanto di quel testo può effettivamente essere ancora cambiato dopo il doppio voto di Camera (11 giugno 2009) e Senato (10 giugno 2010) tra le proteste del popolo viola e la battaglia dei post-it di Repubblica. Le regole parlano chiaro, nessuna parte che abbia ricevuto una "doppia lettura conforme" può essere modificata. Potrebbe nascere qui la grossa sorpresa: Severino, garantiscono nel suo entourage, proprio per superare intoppi procedurali, starebbe pensando anche a un suo testo ex novo, un ddl Severino, che pigli solo il buono del vecchio testo. Comunque faccia, Antonio Di Pietro già si mette di traverso e boccia un eventuale progetto che imbavagli la stampa dandole la possibilità di pubblicare gli ascolti "a fine inchiesta quando magari la gente condannata è stata pure candidata".

Un fatto è certo, perfino sul metodo per affrontare di nuovo la scottante pratica delle intercettazioni la divisione è profonda. Tant'è che la Pd Donatella Ferranti mette subito una zeppa sull'ipotesi di ripescare i testo Alfano. Chiede che, dall'aula, quell'articolato "torni in commissione" perché così com'è non "all'altezza". La pidiellina Santelli la brutalizza, la chiama ex pm e sostiene che il Pd "vuole solo mantenere il far west attuale".

La partita si complica prima ancora che l'arbitro dia il fischio di avvio. E il peso delle divisioni emerge con nettezza pur nelle ore in cui Pdl e Pd stanno dalla stessa parte nel sostenere Napolitano. Ecco Bersani dire che bisogna "evitare manovre sul Quirinale, oggi presidio della democrazia". Espressioni condivise dal presidente del Senato Schifani per il quale "attaccare Napolitano è attaccare Italia" e dal segretario del Pdl Alfano che subito se la prende con Casini e lo sfida "a promuovere una legge".

Il leader centrista sta col Colle e vede in azione "schegge della magistratura con obiettivi intimidatori", ma sulle intercettazioni replica ad Alfano che le leggi fatte da Berlusconi sulla giustizia "erano finalizzate solo ai suoi processi". In compenso si trova d'accordo con il capogruppo Pdl alla Camera Cicchitto che vede in atto "un'indecente operazione di intossicazione e di depistaggio" e che se la prende con il procuratore aggiunto di Palermo Ingroia, uno dei suoi obiettivi preferiti. Sarà proprio Cicchitto, già in settimana, a chiedere che l'aula affronti subito il nodo delle intercettazioni andando al voto. E qui lo scontro col Pd sarà inevitabile. 

Il gip: "Mancino e Conso sotto controllo potrebbero concordare una versione"

Inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, ecco le carte del gip: pressing dell'ex ministro sulle istituzioni. Il timore espresso dai giudici prima degli interrogatori del novembre scorso di SALVO PALAZZOLO 

PALERMO - Non solo il senatore Nicola Mancino, anche l'ex ministro della Giustizia Giovanni Conso è stato intercettato nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa mafia-Stato. "È verosimile che possano entrare in contatto fra loro, in vista degli interrogatori fissati", ha scritto il giudice delle indagini preliminari di Palermo Riccardo Ricciardi, il 4 novembre scorso, così autorizzando le intercettazioni della Dia.

E ha avanzato un sospetto ancora più pesante: "È verosimile che gli esponenti politici possano anche entrare in contatto con altri soggetti che rivestivano cariche di rilevante importanza all'interno del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, per riferire elementi utili alle indagini sulla trattativa, di cui non si è ancora a conoscenza, se non addirittura per concordare tra loro versioni di comodo".

Così è iniziata la fase più difficile dell'indagine sulla trattativa (...)

Tobin Tax, la tassa della discordia che vuol colpire le speculazioni

Per ora solo 10 Paesi su 27 favorevoli all'introduzione del nuovo tributo, che prevede un prelievo dello 0,1% su azionari e obbligazioni e dello 0,01% sulle altre operazioni. Previsti incassi da 40 a 60 miliardi di ANDREA BONANNI

Tobin Tax, la tassa della discordia che vuol colpire le speculazioni
François Hollande e Angela Merkel
BRUXELLES - L'Europa andrà avanti con chi ci sta per imporre una tassa sulle transazioni finanziarie, la cosiddetta Tobin Tax. Ieri i ministri economici riuniti a Lussemburgo hanno constatato l'impossibilità di trovare l'unanimità sulla proposta della Commissione di introdurre un prelievo dello 0,1 per cento sulle transazioni azionarie e obbligazionarie, e dello 0,01 per cento sulle altre operazioni finanziarie. Poiché tutte le normative in materia fiscale richiedono l'unanimità, la direttiva rischiava di restare bloccata ancora per anni dal veto categorico della Gran Bretagna.

A questo punto Francia e Germania, che da tempo sostengono la tassa, hanno lanciato l'idea di una cooperazione rafforzata, che ha raccolto l'adesione di almeno nove governi, numero minimo indispensabile per far scattare le "due velocità".

Ufficialmente a favore dell'idea di andare avanti comunque sono, oltre a francesi e tedeschi, anche belgi, austriaci, portoghesi, sloveni, greci, finlandesi e spagnoli. Il governo Monti ha già dichiarato di essere favorevole, ma ieri, essendo rappresentato all'Ecofin dal solo rappresentante permanente, l'ambasciatore Nelli Feroci, non ha preso una posizione formale in materia.

Nel pomeriggio, comunque, a conclusione del vertice quadripartito di Roma, la Merkel ha annunciato: "Sono felice di poter dire che tutti e quattro ci siamo dichiarati d'accordo per introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie". Oltre che dall'Italia, valutazioni positive
su una cooperazione rafforzata sono venute anche dalla Polonia, dalla Repubblica ceca e dalla Romania. La Danimarca e Cipro, che esercitano la presidenza adesso e nel prossimo semestre, si sono astenuti per non venire meno al loro dovere di neutralità.

Nettamente contraria ad ogni tipo di tassazione delle transazioni finanziarie è la Gran Bretagna, che ospita la principale piazza finanziaria europea. Con Londra si sono schierati gli olandesi, gli irlandesi, gli svedesi, gli slovacchi e i maltesi.

A spingere molti governi, e in particolare quello tedesco, a rompere gli indugi e decidere di proseguire sulla via della tassazione delle operazioni finanziarie, sono motivi di politica interna. La Merkel ha bisogno del voto dell'opposizione socialdemocratica e verde per far ratificare il fiscal compact al Bundestag, e la sinistra ha posto come condizione per il voto favorevole che si vada avanti con il progetto di Tobin Tax. Lo stesso vale per l'Austria, dove il governo ha bisogno del voto dei verdi, condizionato al varo della nuova fiscalità. La Francia e il Belgio, i cui governi sono recentemente passati sotto guida socialista, hanno invece rafforzato la loro convinzione circa la opportunità di procedere comunque, anche senza l'unanimità dei consensi.

Dopo che almeno nove Paesi avranno manifestato la loro intenzione di procedere, toccherà alla Commissione verificare la congruità del progetto: un esame dall'esito scontato visto che la stessa Commissione aveva formulato una proposta di direttiva. Sarà poi il Consiglio a votare (a maggioranza) se autorizzare la procedura rafforzata. Anche questo passaggio, però, non dovrebbe essere particolarmente difficile.

Secondo lo studio della Commissione, una imposizione come quella proposta da Bruxelles (ma le aliquote potrebbero essere riviste) avrebbe portato a livello europeo a far entrare nelle casse pubbliche 57 miliardi di euro all'anno. Ieri Oxfam ha reso nota una seconda analisi secondo cui la Tobin Tax, applicata da Paesi che rappresentano il 90 per cento del Pil della zona euro, frutterebbe comunque un reddito di circa 40 miliardi di euro annui. Una questione cruciale, ma ancora non risolta, è quella della destinazione degli introiti derivati dalla nuova tassa.

Originariamente la Tobin Tax era stata concepita come un mezzo per finanziare i Paesi più poveri. Ma, in tempi di recessione e di austerità di bilancio, i governi potrebbero anche decidere altrimenti.

Fassina: “Renzi? E’ un ex portaborse. Ripete a pappagallo ricette di destra”

Il responsabile economico del Pd: "Il sindaco di Firenze è una figura minoritaria nel partito. Bersani vincerà a mani basse le primarie perché fare il premier è qualcosa che non si improvvisa". Renzi replica su Twitter con un sorriso in formato "emoticon"

matteo renzi (3) interna nuova
Renzi? Una figura minoritaria nel partito, ripete a pappagallo alcune ricette della destra, è fuori tempo massimo. Ma non credo andrebbe con Berlusconi, è lontano anche dal suo populismo”. Parole molto dure che, all’indirizzo del sindaco di Firenze Matteo Renzi, arrivano dal responsabile economico del suo stesso partito, il Pd, cioè Stefano Fassina. Fassina, intervistato alla Zanzara su Radio 24, va all’attacco: “Secondo le regole che ci sono ora non potrebbe nemmeno candidarsi alle primarie e un partito funziona con delle regole. Ma Bersani vincerà comunque a mani basse, perché fare il premier è qualcosa che non si improvvisa e Renzi non si capisce nemmeno cosa propone. L’unica cosa certa di Renzi è la sua data di nascita”.  ”Io a differenza sua – conclude Fassina – ho avuto una lunga esperienza professionale fuori dalla politica. Lui è un ex portaborse, diventato poi sindaco di Firenze per miracolo, per le divisioni interne al Pd fiorentino”.
La replica di Renzi è affidata una breve replica (con faccetta emoticon) su Twitter: “Domani mille amministratori a Firenze per proporre un’Italia più libera e più semplice. A chi insulta rispondiamo con un sorriso :-)”.  “Ah, Fassina… – ha commentato Renzi alla riunione organizzativa per il “Big bang” – Bersani è più serio delle persone che lo circondano”.

Supplica a mia madre di Pier Paolo Pasolini.



  E’ difficile dire con parole di figlio 
  ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
  Tu sei sola al mondo che sa, del mio cuore,
  ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
  Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
  è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
  Sei insostituibile. 
  Per questo è dannata   
  alla solitudine la vita che mi hai data.
  E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
  d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
  Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
  sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
  ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
  alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
  Era l’unico modo per sentire la vita,
  l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
  Sopravviviamo: ed è la confusione
  di una vita rinata fuori dalla ragione.
  Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
  Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

Dalai Lama, niente cittadinanza ma il 26 parla a Palazzo Marino

Il premio Nobel ha accettato la soluzione proposta dal Comune di Milano dopo il dietrofront
sulla concessione dell'onorificenza per le pressioni cinesi. L'appuntamento fissato per le 11


La seduta consiliare alla presenza del Dalai Lama si farà, ma le polemiche non si placano. Con le richieste di dimissioni al sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e soprattutto con gli attacchi di Beppe Grillo, secondo il quale "i neomaoisti meneghini hanno bocciato l'onorificenza in nome dei danè". L'ok della massima guida spirituale tibetana alla 'via d'uscita alternativa' per districare il pasticcio della cittadinanza onoraria, prima annunciata e poi rinviata sine die, è arrivato via mail: il leader tibetano parlerà durante un consiglio comunale straordinario alle 11 del 26 giugno prossimo, subito dopo aver incontrato il sindaco.

Formigoni attacca Pisapia Expo e business, i motivi del no La retromarcia di Palazzo Marino
"Il Dalai Lama è molto felice di visitare Milano e di incontrare il sindaco - ha confermato Pisapia - e accoglie con gioia l'invito in consiglio comunale per un suo discorso che sarà sicuramente di altissimo livello civile e religioso". Il sindaco, incalzato dalle proteste dei suoi stessi sostenitori, ha cercato di differenziare il ruolo avuto nella vicenda dalla giunta e dal consiglio comunale. Per il primo cittadino "la posizione della giunta è stata lineare. Noi lo abbiamo invitato e lui verrà a Palazzo Marino". Il consiglio comunale, invece, "ha la sua autonomia che io difendo e rispetto": omaggiare il Dalai Lama con la cittadinanza onoraria "senza unanimità - ha chiarito il primo cittadino - sarebbe stato un messaggio negativo". Dunque, nessuna retromarcia da parte di Milano sulla lotta per i diritti civili. Anzi, ha rimarcato Pisapia, "sicuramente abbiamo fatto grandi passi avanti: il Dalai Lama farà un discorso che tutti potranno ascoltare e su cui tutti potranno riflettere, per un futuro di rispetto delle minoranze in tutto il mondo".

Le spiegazioni non convincono gli oppositori. "La Cina, oltre ad aver occupato il Tibet, ha occupato anche Palazzo Marino", scrive Beppe Grillo sul suo blog. "Il Comune di Milano, una volta capitale morale, in seguito Milano da bere e oggi senza neppure una qualunque identità, ha rifiutato la cittadinanza onoraria al Dalai Lama. Per ragioni di bottega gli è stata negata con il solito teatrino all'italiana e la nuova maschera lombarda a far la figura di merda: il facondo Pisapippa, una via di mezzo tra Balanzone e Arlecchino, il 'vorrei ma non posso' di piazza della Scala, il dimissionario dall'Expo, ma anche no. La nuova bandiera comunale dovrebbe essere un paio di mutande rosse". Al sindaco di Milano è giunto anche un invito a dimettersi. "L'umiliazione arrecata alla nostra città con il rifiuto di conferire la cittadinanza onoraria al Dalai Lama - secondo Mario Mauro e Carlo Fidanza, europarlamentari milanesi del Pdl - può trovare una pur parziale compensazione soltanto con le dimissioni di Pisapia".

Una bandiera tibetana è stata esposta sui banchi nell'aula di Palazzo Marino dei consiglieri comunali milanesi della Lega Nord, mentre la stoccata finale è arrivata dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. "Bisogna saper far politica, altrimenti si rischiano degli scivoloni", ha detto il governatore ricordando di aver "ricevuto due volte il Dalai Lama al trentesimo piano del grattacielo Pirelli" e di aver istituito "rapporti di collaborazione e di scambio con la Cina".
(22 giugno 2012)

Imane Fadil: "Ci sono in giro le foto di Berlusconi in intimità con Ruby"

La modella, parte civile nel processo a carico di Fede, Mora e della Minetti, riporta ai giudici
una frase del fidanzato di Michelle Conceicao: "L'ex premier aveva la testa sul ventre di Ruby"

Foto compromettenti con Ruby e Silvio Berlusconi in atteggiamenti a luci rosse, "di natura sessuale". A parlare di questi presunti scatti è stata in aula Imane Fadil, la modella marocchina, parte civile al processo milanese nel quale sono imputati Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti e dove è stata anche sentita Chiara Danese, un'altra 'pentita' del bunga bunga, "scioccata" da quell'unica serata in cui è stata ospite a villa San Martino. Imane Fadil non solo è tornata sul capitolo che riguarda Saed Ghanaym, il siriano che nella primavera dello scorso anno le avrebbe chiesto "di andare a Arcore per avere dei soldi", spiegando di aver "supposto fosse dei servizi segreti", ma ha aggiunto nuovi particolari.

LE INCHIESTE Silvio, Ruby e le altre

Un mese fa, ha raccontato, a una cena con una decina di persone, tra cui sua sorella, mentre in tavola avevano servito il dolce, era arrivato un tal Gigi, un amico di un amico, che "aveva detto di essere stato il fidanzato di Michelle Coicecao", la brasiliana ex coinquilina della 'Rubacuori'. L'uomo, ha proseguito la modella, avrebbe riferito che Michelle aveva delle foto di Ruby: "Lui spiegò di averle viste. Disse che erano di natura sessuale - ha continuato la testimone - e una ritraeva Berlusconi con la testa appoggiata sul ventre di Ruby". Foto che,
come ha spiegato Imane riportando quel che aveva saputo da Gigi, la brasiliana conservava probabilmente sul suo cellulare dopo averle trafugate "a Ruby quando un giorno uscì di casa.

Per quelle foto ci fu tra loro anche un litigio", forse quello del 5 giugno di due anni fa quando la minorenne, dopo l'ormai nota notte in questura, venne portata prima alla Mangiagalli per essere medicata e poi trasferita in una comunità. La teste ha inoltre descritto le serate ad Arcore, fornendo dettagli su quel che accadeva (Iris Berardi si sarebbe strusciata con Berlusconi e travestita da Ronaldinho) e ha spiegato di aver respinto presunte avances di Fede, con la conseguenza di non riuscire a firmare il contratto con Mediaset che le sarebbe stato promesso. Più faticoso per la giovane rispondere all'avvocato Gaetano Pecorella, uno dei difensori dell'ex direttore del Tg4, che fra l'altro le ha chiesto come mai avrebbe fatto 60 telefonate, anche di notte, al siriano se non voleva avere nulla a che fare con lui. "Perché non sono una maleducata e una snobista - la risposta - Mi chiamava in continuazione".

Poi è stata la volta di Chiara Danese, anche lei parte civile. La  giovane, che a un certo punto è scoppiata in lacrime, ha ripetuto, come nel processo parallelo a carico dell' ex premier, quel che avrebbe visto il 22 agosto 2010. Quando con Ambra Battilana venne invitata da Fede a villa San Martino: dagli spogliarelli ("Minetti è rimasta nuda") al gioco con la statuina di Priapo ("le ragazze simulavano un rapporto orale e se lo mettevano in mezzo al seno, come se fosse normale"), dai pesanti palpeggiamenti delle ospiti, a suo dire, da parte dell'ex capo del governo e del giornalista, fino ai tentativi di tirarla in mezzo con l'amica in divertimenti a lei poco graditi. Una festa che la lasciò "seriamente scioccata" e alla quale venne accompagnata senza sapere cosa fosse Arcore e nemmeno che il padrone di casa fosse, allora, il presidente del consiglio: "Mi vergogno a dirlo - ha affermato candidamente - ma per me poteva essere un bar qualunque".

Fra gli atti del processo, che riprenderà il prossimo 6 luglio, è stata acquisita la denuncia e la richiesta di archiviazione della Procura di Alba (Cuneo) dell'inchiesta per violenza sessuale nei confronti di un commerciante d'auto 70enne nata in seguito a una denuncia di Ambra. La ragazza aveva sostenuto di aver avuto con l'anziano suo ex rapporti sessuali a pagamento, e in alcuni casi non consenzienti, quando era ancora minorenne, salvo poi non essersi mai presentata dai magistrati, rendendo così impossibile ogni tipo di accertamento.
(22 giugno 2012)

Berlusconi, "Sarò il leader dei moderati" Poi sulla crisi: "Via la Germania dall'euro"

L'ex presidente del Consiglio parla del dopo-Monti in un'intervista pubblicata in appendice al libro "L'onestà al potere" di Roberto Gelmini. Intervenendo poi a un incontro di giovani del Pdl, parla di economia: "Bce più forte o Berlino esca dall'euro". Attacca su fisco e giustizia: "Non siamo più in una situazione di libertà". Bersani: "Non c'è limite al peggio". Alfano: "E' quello che ha più voti"

  Silvio berlusconi lancia la sua sfida per il dopo Monti. Voglio "continuare a essere il leader dei moderati". Finché "gli italiani lo vorranno. E di lavorare ogni giorno, con tutte le mie forze, come ho sempre fatto, affinché, terminata la fase comunque transitoria del governo Monti, un centrodestra in parte rinnovato e più ampio torni a guidare il Paese". Così l'ex presidente del Consiglio in un'intervista pubblicata in appendice al libro L'onestà al potere di Roberto Gelmini sui nove anni di governo di Milano di Gabriele Albertini. E per dare subito seguito all'annuncio, nel tardo pomeriggio fa un lunghissimo intervento a un incontro dei giovani del Pdl a Fiuggi, attaccando sui temi economici ("La Bce sia più forte o la Germania esca dall'euro") e su fisco e giustizia ("Non siamo più in una situazione di libertà").

L'intervista. L'intervista parte dalla sconfitta del centrodestra alle elezioni di Milano. Berlusconi dice: "Certo non ci ha fatto bene. Ma è stata soprattutto un sintomo di un clima politico generale che si andava deteriorando sempre più, non solo in Italia. Ricordo che, alle elezioni di medio termine, tutti i governi europei in carica hanno subito gravi sconfitte".

Poi, sulle "sinistre di governo": "La sinistra, quando vince, non scende a patti. Quando nel 2006 prevalsero per 24.000 voti alle elezioni politiche proponemmo un governo di unità nazionale per gestire il paese spaccato a metà. Non si peritarono neppure di rispondere". Poi l'analisi sulla situazione attuale: "Per venire ai nostri giorni, pur avendo la maggioranza sia alla Camera che al Senato e senza essere stati mai sfiduciati dal Parlamento non abbiamo esitato a farci da parte perchè abbiamo ritenuto che questo sarebbe stato più conveniente per il paese al fine di consentire una larga convergenza di fronte all'emergenza. Questa è la differenza tra noi e loro".

Non manca l'attacco alla magistratura. Berlusconi afferma: "Io stesso, fino ai primi momenti di Mani Pulite, conservavo, pur con crescenti perplessità, quella fiducia nei magistrati che mi aveva insegnato mio padre". Poi: "Se c'è una cosa che non perdonerò mai a certi magistrati è proprio il fatto di aver distrutto questo sentimento, che era un valore e un ideale".

L'intervista viene pubblicata il giorno dopo le rivelazioni dell'Espresso 1 sul piano di Berlusconi per appoggiare la candidatura alla premiership del sindaco di Firenze Matteo Renzi. Un piano che sarebbe stato messo a punto da Marcello Dell'Utri, Denis Verdini e l'imprenditore Volpe Pasini. Nome in codice: Operazione Rosa Tricolore. Un tentativo per far fronte alla crisi di consensi del Pdl.

Il discorso di Fiuggi. Nel tardo pomeriggio, a un incontro dei giovani del Pdl a Fiuggi, l'ex premier ipotizza l'uscita della Germania dall'euro. "La Bce deve diventare una banca di garanzia finale di tutti i debiti e deve provvedere alla necessità di stampare euro, ma la Germania si oppone. Gli altri Stati dovrebbero unirsi ed imporre alla Germania di uscire lei dal sistema dell'euro. Questa soluzione non è scritta sulle nubi. Anzi, anche tecnici bancari tedeschi stanno esaminando questa possibilità e se la Germania uscisse dall'euro darebbe la possibilità agli altri 16 Stati che la Bce diventi la vera banca dell'euro".

Su questo tema Berlusconi insiste molto nel suo discorso a Fiuggi: "L'uscita dall'euro non è una provocazione perché la Germania non ha convenienze" dal fatto che alcuni Paesi escano dalla moneta unica per cui "è un modo per influire sulla Germania per spingerla a decisioni più sagge". "Io ho lanciato l'idea di domandarsi se noi, e gli altri Stati, non si abbia la convenienza, qualora la Bce non abbia poteri più forti, di uscire noi dall'euro: apriti cielo, mi hanno accusato di tutto e invece non è poi una cosa così peregrina, certamente avremmo il vantaggio di poter svalutare la nostra moneta, all'occorrenza". Tuttavia, aggiunge, questa opzione è "un espediente".

La crisi perdurante dà modo all'ex presidente del Consiglio di tornare sull'operato del suo governo: si è dimostrato che lo spread "non era colpa mia" ma "frutto della speculazione e della debolezza della moneta" che "soprattutto non ha dietro una banca che faccia la banca, garante di ultima stanza e pronta a stampare moneta". Quanto all'esecutivo Monti, Berlusconi ripete che "c'è stata una pausa nella democrazia del nostro Paese: c'era un governo democraticamente eletto, che stava governando in modo certamente non abominevole, ma a un certo punto c'è stata la crisi dello spread e delle Borse e sono arrivati i nominati dal presidente della Repubblica ma la situazione non è cambiata, nonostante in Parlamento non solo la maggioranza ma anche l'opposizione sostenga i provvedimenti, ed il governo si avvalga di uno strumento che è il decreto legge".

Berlusconi, che ancora una volta dice di essere sceso in campo per contrastare il comunismo, non ha dubbi neppure sul futuro: "Se dovessi rispondere a chi mi chiede se oggi io abbia ancora intenzione di dedicarmi alla politica e dedicarmi al Paese, io dovrei rispondere in un solo modo: 'Sì io ci sto, ma mi dovete dare il 51 per cento'". Per quanto riguarda la legge elettorale, il Cavaliere afferma: "Con il Pd stiamo ragionando di proporzionale, come quello tedesco, in cui ciascuno va per conto proprio e chi ha più voti ha il compito di fare il governo". Per il sistema continua a sperare nel semipresidenzialismo, anche se l'accordo con la sinistra non c'è. Nella sua visione questo passaggio dovrebbe consentire quel cambiamento reale che finora non c'è stato. "Chiedo scusa agli italiani - dice - Nel '94 io ho illuso gli italiani. Mi ero impegnato a mettere in atto una rivoluzione liberale. Non ci sono riuscito. Ma devo dire che l'ho fatto in buona fede perché mi illudevo che si potesse fare. Non conoscevo ancora questo sistema. Mi sono reso conto solo dopo delle difficoltà". Tra queste difficoltà, Berlusconi annovera da sempre la persecuzione della magistratura nei suoi confronti. E anche a Fiuggi non manca di accennare all'argomento: "Io sono un perseguitato dalla giustizia. Ieri mattina si è tenuta la 2.637ma udienza contro di me".

Per l'ex presidente del Consiglio "non siamo più in una situazione di libertà": "Oggi siamo governati da persone che non abbiamo eletto. Non possiamo utilizzare tranquillamente un mezzo di comunicazione essenziale come il telefono. Non possiamo spendere riservatamente i nostri euro, perché oltre i mille euro scatta l'occhio del fisco. Abbiamo una burocrazia invadente che ci vieta ogni intervento sulla nostra casa. Se il Parlamento approva il ddl anticorruzione saremo nelle mani dei pubblici ministeri".

Nel suo intervento, Berlusconi conferma che il Pdl deve cambiare "prossimamente" nome:  "Io ho già dentro di me un'idea, dopo averne valutate tante e dopo aver fatto dei sondaggi", dice precisando che la nuova denominazione avrà dentro "i nomi della nostra religione, in cui ci siano cioè le due fondamenta dell'Italia e della libertà". E, dopo aver affermato che secondo l'ultimo sondaggio il suo partito ha il 20,6%, nega che all'interno vi siano frammentazioni: "Alfano raccoglie il consenso di tutti e sa parlare con la testa e con il cuore".

Le reazioni. Per Pierluigi Bersani, "non c'e limite al peggio". E ancora: "Vorrei che ci evitasse queste uscite. Credo che dieci anni di Berlusconi ci siano bastati. Ci ha portati dove non dovevamo essere e ora monti cerca di darci una prospettiva". Ovviamente opposta l'opinione del segretario del Pdl, Angelino Alfano: "Berlusconi è senz'altro nel campo dei moderati la persona che ha più voti".

Dopo il discorso di Fiuggi, il presidente del gruppo Pd al Senato, Anna Finocchiaro, ha commentato: "Da un leader politico che ha governato fino all'altro ieri e che presiede uno dei partiti che sostengono il governo Monti mi aspetterei altri toni e un atteggiamento di discontinuità rispetto al passato. Da Berlusconi, che ha governato fino a qualche mese fa contribuendo a portare il Paese nell'attuale situazione di difficoltà, non accettiamo stupidaggini travestite da lezioni di economia".
(22 giugno 2012)

lunedì 18 giugno 2012

Il "badilante" della 'ndrangheta assunto al cantiere di Cannitello

Il "badilante" della 'ndrangheta assunto al cantiere di Cannitello
Villa San Giovanni, sullo stetto di Messina

Specializzato nell'edilizia e con un lungo curriculum da criminale, Domenico Barbaro, è il prescelto dalle cosche per lavorare al cantiere di Cannittello. E' stato condannato in primo grado per associazione mafiosa. Ad assumerlo come badilante è stata la Demoter, la società messinese che lavoro al primo cantiere del Ponte. La ditta ha già lavorato anche con le 'ndrine per l'ammodernamento della statale jonica 106
di GIOVANNI TIZIAN e ANTONELLO MANGANO

VILLA SAN GIOVANNI (RC)  - Professione "badilante". Non proprio un ruolo di vertice per Domenico Barbaro all'interno di Demoter, la società che da quanto risulta a Repubblica.it lo aveva assunto tra i dipendenti del primo cantiere del Ponte, quello di Cannitello. Lungo è il curriculum criminale di Barbaro. Variegate le tipologie di reati per cui è stato indagato e arrestato. E' stato anche condannato per associazione mafiosa, i clan di riferimento sarebbero quelli della Piana di Gioia Tauro, che dal Porto a Roma passando per i cantieri della Salerno-Reggio Calabria dettano legge. L'ultimo provvedimento che l'ha riguardato risale al 2010, e nel cantiere si lavorava già da un anno.

IL BADILANTE - E' in buona compagnia. Tra i dipendenti della società messinese compare anche un altro Domenico Barbaro. Non ha precedenti, ma le sue frequentazioni, come risulta da alcuni atti d'indagine, sono di primo piano. È in contatto con "Mico l'Australiano", l'anziano Domenico Barbaro considerato ai vertici del clan Barbaro-Papalia in Lombardia, ma il suo soprannome è dovuto alla sua esperienza all'estero, nel più giovane dei continenti  appunto. Sempre di Platì sono Francesco Perre e Antonio Barbaro. Due personaggi che il dipendente di Demoter ha incontrato. Il secondo, oltre a far parte di una potente famiglia di 'ndrangheta, è il figlio di Peppe "u nigru". Un leader delle cosche di Platì oltre che titolare di una ditta di calcestruzzo, la Planet Costruzioni. Con questa ditta starebbe lavorando nei cantieri della Bagnara-Bovalino. Appalto vinto dalla Demoter e da una seconda società, la Ricciardello, sempre siciliana. Non solo Cannitello dunque, nei rapporti Demoter-Barbaro.

Francesco Perre ha invece un passato da trafficante di stupefacenti. L'ultimo pezzo da novanta vicino al "badilante" Barbaro è il capo cosca di Oppido Mamertina, paese aspromontano del reggino. Si chiama Francesco Bonarrigo. Nell'indagine 'Crimine'- 300 arresti tra Calabria e Lombardia nel luglio 2010 - è indicato come padrino di Oppido. In grado di tenere le relazioni con gli 'ndranghetisti liguri, piemontesi e lombardi. Insomma, il lavoratore impegnato a Cannitello in quanto a conoscenze non scherza.

Dopotutto, non c'è grande opera che le 'ndrine rifiutano. Non sono ideologiche e neppure vivono di sentimenti ambientalisti. L'importante è gettare calcestruzzo, muovere quintali di terra. Questo vogliono i mammasantissima della provincia di Reggio Calabria. Ma di incontri ravvicinati con la 'ndrangheta, la società messinese ne ha avuti anche nei lavori di ammodernamento della statale 106, tristemente nota come "la strada della morte". Sia per gli incidenti che per i morti ammazzati. Demoter ha fatto parte del consorzio che ha realizzato la "Variante di Gioiosa Jonica". Per gli inquirenti non c'è dubbio. Il Consorzio "era ben preparato a dover pagare un prezzo per lavorare in questa zona; infatti, pur di iniziare e proseguire nelle lavorazioni ha, da alcuni mesi, inviato in loco dei suoi rappresentanti con l'incarico di sondare il terreno', raccogliere 'i suggerimenti giusti' e stringere i contatti con 'chi comanda', al fine di evitare 'malintesi, ritardi e fraintendimenti'".

Demoter vanta una lunga esperienza di lavori in Calabria. Siamo nei cantieri del quinto macrolotto della Salerno-Reggio Calabria. Massimo Aricò era stato assunto nel 2006 prima come autista in un'azienda di Palermo e poi  -  un anno dopo  -  come manovale presso la Demoter. Spiegano i magistrati: "Non può ritenersi casuale il fatto che un soggetto organico alla cosca Gallico - cioè alla consorteria operante nel territorio di Palmi - fosse assunto da due diverse ditte siciliane, fra l'altro con mansioni diverse, per eseguire i lavori nel tratto della A3 di competenza della predetta 'ndrina. Appare fin troppo chiaro che si trattava di assunzioni rientranti in quel sistema volto a garantire la sicurezza nei cantieri".
   
FAVOREGGIAMENTO - Nata nel 1978, Demoter è diventata la maggiore impresa del settore della provincia di Messina. Il titolare ha scalato i vertici dell'Associazione dei costruttori e della Confindustria locale. Poi sono arrivati fatturati milionari, l'espansione nella vicina Calabria e lavori in Serbia, Albania, Tunisia. Infine la chiusura, all'inizio del 2012. Una lunga vicenda giudiziaria  -  l'operazione 'Sistema 2' - che ha costretto la Prefettura a negare il certificato antimafia. A causa di quella che tecnicamente si chiama "interdittiva", le amministrazioni pubbliche revocavano anche i vecchi contratti. L'impresa non poteva sottoscriverne di nuovi e quindi non è rimasto che il concordato preventivo. E quaranta lavoratori in mezzo alla strada. Uno degli ultimi lavori effettuati è stato proprio quello di Cannitello.

L'origine del crollo è in una vecchia storia del 2008. Siamo a Santa Lucia del Mela, provincia di Messina. Nell'ambito dei lavori di metanizzazione, il boss D'Amico costringe l'imprenditore Giacomo Venuto, titolare della ditta 'Mediterranea', a pagare una fattura di 20mila euro oltre Iva. La motivazione formale è il nolo di un escavatore che in realtà non è mai stato effettuato. Si tratta di un'estorsione mascherata, sostengono gli inquirenti. Il documento di pagamento è intestato a Demoter. Venuto prende dieci mila euro in contanti e li consegna al boss. In questo modo, scrivono i magistrati, Demoter "giustifica documentalmente l'estorsione che sta pagando". Carlo Borella, titolare dell'azienda, nega tutto. Anche in maniera grossolana: sono allegate come prova a discolpa fotografie di un escavatore che non è quello noleggiato. Diverso il numero di serie, differenti i bulloni del contrappeso. I magistrati ipotizzano il favoreggiamento. All'inizio, anche con l'aggravante mafiosa, poi decaduta. In primo grado arriva la condanna, ora si attendono i successivi gradi di giudizio.

Le indagini dell'operazione 'Sistema 2' hanno avuto inizio dopo la denuncia di Venuto e riguardano il pizzo nella zona con epicentro Barcellona Pozzo di Gotto. Sono "stanco di pagare", dice l'imprenditore agli inquirenti. Dal 2005 l'impresa era vittima di continue richieste estorsive, furti e ritorsioni. Il danno più grave glielo fecero bruciandogli tre betoniere e altrettanti autocarri. Quando inizia a bitumare il parcheggio del parco Corolla, un grosso centro commerciale nei pressi di Milazzo, gli fanno notare che prima deve "mettersi a posto", cioè accordarsi con la criminalità locale.
   
LE PULCI E I GATTI -  "Cu non voli i pulici non si cucca chi iatti". Chi non vuole le pulci non va a dormire con i gatti. Con questa metafora un mafioso, arrestato nell'ambito dell'operazione Pozzo, spiega a un imprenditore finito in carcere che se l'è andata a cercare. Sono tante le 'commistioni' nel mondo dell'edilizia. La storia della Demoter ci offre uno spaccato  -  seppure parziale - di questo mondo. Il nome dell'azienda emerge anche in altri documenti. Non ci sono rilievi penali, ma dati comunque significativi. Gli inquirenti dell'operazione 'Pozzo' annotano in un verbale dell'11 maggio 2011: "Vi erano poi delle imprese subappaltatrici della Bonatti (la ditta che "metanizzava" il paese di Montalbano Elicona), fra cui la Demoter che pagavano altre somme a titolo di estorsione a favore dell'organizzazione"

Negli atti dell'operazione Gotha  -  anche questa contro la mafia di Barcellona -  si legge che nel 2001 Borella si recò da tale Giovanni Rao per risolvere la questione della galleria Scianina, nel messinese. Rao è indicato come il boss emergente della zona. La Demoter non riusciva a svolgere i lavori a causa di una precedente "vertenza" da 80 milioni per la "messa a posto" di un cantiere di metanodotto. "Tramite i catanesi gli avevo fatto sapere che lì non poteva lavorare", racconta il collaboratore di giustizia Bisognano. "[Ma Rao] disse al Borella che avrebbe dovuto continuare a vedersela con il soggetto con cui sino a quel momento aveva avuto rapporti, e cioè con me". Storie frequenti nei cantieri del Sud e non solo. Ci avevano giurato che quelli del Ponte sarebbero stati diversi. Ora abbiamo le prove che non è stato così.

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