martedì 29 novembre 2011

Giurano i nuovi esponenti del governo. Lega: Monti subito in Aula

Il presidente del Consiglio: nessun conflitto di interesse, ritardo dovuto a impegno per elaborare norme anti-crisi

Mario Monti

Roma, 29 nov. (TMNews) - Il governo Monti è al completo, ma la Lega incalza il premier: subito in Aula. La pattuglia dei nuovi 25 sottosegretari e tre viceministri ha giurato martedì a Palazzo Chigi, alla presenza del presidente del Consiglio Mario Monti e del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Antonio Catricalà. La Lega ha chiesto a Monti di illustrare immediatamente al Parlamento le misure anticrisi. Il Carroccio vuole la convocazione del premier nelle aule parlamentari "con la massima urgenza, per riferire sulle misure anticrisi che intende prendere e sui tempi di presentazione dei provvedimenti". Al termine del giuramento, il premier ha assicurato che il governo aiuterà l'Italia a uscire dalla crisi, e favorirà la riconciliazione delle forze politiche, garantendo che non ci saranno conflitti di interessi ("saremo trasparenti") e che è in essere un "rapporto costruttivo" con i partiti. Sul ritardo nella definizione della squadra, Monti ha sottolineato di essere stato impegnato nell' "elaborazione di misure economiche importanti e a intrecciare relazioni in Europa". Un nuovo ministro, Filippo Patroni Griffi alla Funzione pubblica, tre viceministri e 25 sottosegretari, tutti tecnici (o quasi). Dei tre vice si sa quasi tutto, sugli altri si sa ad esempio il passato, nella stessa carica ma col governo Prodi, di Giampaolo D'Andrea ai rapporti con il Parlamento insieme all'ex segretario generale di palazzo Madama Antonio Malaschini. All'editoria Carlo Malinconico, all'Informazione e comunicazione Paolo Peluffo, già portavoce di Ciampi, agli Affari Esteri Marta Dassù e Staffan de Mistura, all'Interno Carlo de Stefano, Giovanni Ferrara e Saverio Ruperto. I sottosegretari alla Giustizia saranno in due: Salvatore Mazzamuto, già laico del Csm e consigliere di Angelino Alfano a via Arenula e Andrea Zoppini, alla Difesa Filippo Milone e Gianluigi Magri, già sottosegretario all'Economia in quota Ud nel secondo governo Berlusconi. Oggi all'Economia vanno, oltre a Grilli viceministro, i sottosegretari Vieri Ceriani e Gianfranco Polillo, già capo dipartimento Affari Economici di palazzo Chigi ma anche consigliere del Pdl. Allo sviluppo Economico vanno invece Claudio De Vincenti, economista che ha collaborato con Vincenzo Visco alle Finanze, e Massimo Vari. Alle Politiche Agricole Franco Braga, all'Ambiente Tullio Fanelli, alle Infrastrutture Mario Ciaccia sarà viceministro, e Guido Improta sottosegretario. Il terzo viceministro sarà al Lavoro Michael Martone e Cecilia Guerra sottosegretario. Alla Salute Adelfio Elio Cardinale, all' Istruzione Elena Ugolini e Marco Rossi Doria. Infine ai Beni Culturali Roberto Cecchi. Red-Cla-Ghi

Manovra, intervento sale a 25 miliardi Rehn: “Misure Monti buona base per riforme”

Il pacchetto arriverà il 5 dicembre per l’esame del Cdm. Note le misure allo studio: Ici sulla prima casa, patrimoniale, aumento dell’Iva. Ma anche liberalizzazioni (ordini), privatizzazioni (5 mld l’anno) accompagnati da misure di equità e crescita. Previsti tagli ai costi della politica e la nascita di un organismo indipendente di controllo sui conti pubblici. Fiducia dei vertici dell'Ue
Il nuovo premier Mario Monti
Mario Monti a Bruxelles per il vertice dell'Eurogruppo
“Molto bene”. Con queste parole a sera ormai inoltrata il premier Mario Monti commenta il vertice dell’Eurogruppo appena conclusosi a Bruxelles. ”C’è grandissima fiducia” da parte dell’insieme dei membri europei sugli impegni assunti da Mario Monti che tra l’altro “conosciamo molto bene”, ha detto da parte sua Didier Reynders, ministro delle Finanze del Belgio ripetendo quanto affermato dal commissario Olli Rehn: “Il presidente del Consiglio italiano ha ‘sottolineato con chiarezza nella riunione dell’eurogruppo che il governo italiano assumerà le necessarie decisioni per arrivare al pareggio di bilancio nel 2013 così come convenuto con i partner Ue”. Si tratta di una misura “essenziale per garantire stabilità finanziaria, fiducia agli operatori e per invertire la tendenza negativa del debito”. Ci rallegriamo “del programma di consolidamento fiscale e misure per la crescita”. Reynders ha fatto capire che Monti non è entrato nei dettagli delle misure allo studio: il governo italiano – ha detto – presenterà lunedì le prime misure e poi “fornirà maggiori dettagli” sui provvedimenti nel Consiglio europeo dell’otto e nove dicembre prossimo.

La correzione dei conti pubblici è destinata a diventare più corposa: da un’ipotesi iniziale che prevedeva un intervento di circa 13 miliardi si passa infatti a circa 25, inclusi i quattro della delega fiscale. E un primo esempio dei sacrifici che dovranno essere fatti arriverà dal Parlamento: sistema contributivo per tutti i ‘nuovi’ eletti e in pensione più tardi. I presidenti di Camera e Senato, ad esempio, hanno deciso di far partire il metodo contributivo dal primo gennaio prossimo per i vitalizi. E di mandare senatori e deputati in pensione più tardi. Una novita che dà l’idea di un progetto battistrada che anticipa le ipotesi che potrebbero arrivare per tutti i cittadini.

Ma in questo momento c’è anche da valutare il deciso peggioramento delle previsioni per l’Italia (l’Ocse prevede la recessione nel 2012 con il Pil in caduta dello 0,5%) e il costo dei maggiori rendimenti spuntati nelle aste dei titoli di Stato.

Secondo le ultime indiscrezioni, mercoledì scorso il premier Monti nel vertice con la commissione Ue e con Merkel e Sarkozy avrebbe ribadito due impegni: pareggio di bilancio in Costituzione e organismo indipendente di controllo sui conti pubblici. Infatti sono previsti dal nuovo testo di riforma dell’articolo 81 della costituzione portato in aula alla Camera dal comitato ristretto. Il sì dall’Assemblea di Montecitorio arriverà domani mentre per il Senato è previsto un iter rapido. La costituzionalizzazione del rigore finanziario, prevista dal Patto Europlus dello scorso marzo, è diventato ancora più cogente ora che l’Italia vuole convincere i partner Ue che la strada imboccata non è reversibile e non dipende da uno o un altro governo. Ciò può convincere la Germania ad aprire a strumenti come gli Eurobond o un ruolo più forte del Fondo salva-Stati (Efsf).

Il nuovo articolo 81 della Costituzione prevede che “lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico”. “Il ricorso all’indebitamento – precisa poi il testo – non è consentito se non al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e previa autorizzazione delle Camere, adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, e al verificarsi di eventi eccezionali”.

La novità principale è l’introduzione di un “organismo indipendente” di controllo dei conti pubblici. La riforma demanda ad una legge ordinaria di attuazione alcuni futuri compiti, tra cui “l’istituzione di un organismo indipendente presso il Parlamento al quale attribuire dei compiti di analisi, verifica e valutazione in materia di finanza pubblica, con organizzazione e funzionamento disciplinato dalle Camere”. Ciò ha fatto storcere il naso a molti deputati che hanno visto un depauperamento del ruolo del Parlamento. Tutti i dati che emergeranno dal nuovo organismo, ha sottolineato il ministro per i rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, “non saranno di proprietà del Parlamento, ma del Paese e dell’Unione europea. Queste son verità nuove della nostra vita amministrativa a cui dobbiamo abituarci”.

Una polemica ha riguardato la Corte dei Conti. Il presidente Luigi Giampaolino ha inutilmente chiesto, in una lettera, che fosse mantenuto il compito affidato alla sua Corte dal precedente testo della riforma, quello di poter sollevare il conflitto di attribuzione presso la Consulta per le leggi non coperte.

Si va intanto definendo meglio il pacchetto di interventi legati alla previdenza: blocco totale del recupero dell’inflazione per le pensioni per il 2012 (vale 5-6 miliardi ma già i pensionati della Cgil dicono ‘no’) e l’aumento di due punti delle aliquote per i lavoratori autonomi (ora al 20-21% molto inferiore rispetto al 33% dei dipendenti) per fare cassa. Poi aumento dell’età per le pensioni di anzianità anche oltre i 40 anni, un anticipo delle misure previste per portare l’età delle donne a 65 anni (ora prevista al 2026 che invece sarebbe al regime nel 2020). Ma dall’Europa le richieste (11 miliardi circa quelli indicati nel rapporto di Olli Rehn) sono ancora tante e riguardano, ad esempio, la maggior flessibilità in uscita nel mercato del lavoro (articolo 18).

Per quanto riguarda la delega fiscale il percorso è tracciato: entro fine gennaio 2012 dovrebbe esserci l’approvazione della delega. In ogni caso se non si metterà mano alla revisione e al taglio delle agevolazioni fiscali entro il 30 settembre 2012, scatterà automaticamente il taglio lineare per 4 miliardi di euro il prossimo anno di 16 miliardi nel 2013. Ma il tavolo presieduto da Vieri Ceriani, ora sottosegretario all’Economia, ha già ben evidenziato che esistono sconti più importanti, che quindi è più difficile tagliare, e sconti che valgono per ‘pochi intimi’ o per pochi spiccioli ciascuno. Quindi sui famosi 4 miliardi si sta ancora ragionando anche per evitare un taglio ‘lineare’, cioè generalizzato su tutte le voci. Ipotesi sulla quale Ceriani ha lavorato di recente.

Note anche le altre misure allo studio: Ici sulla prima casa, patrimoniale (Silvio Berlusconi continua a dire no perchè si deprimerebbero i prezzi delle abitazioni di oltre il 10%), aumento dell’Iva (non la vogliono i rappresentanti del commercio). Ma anche liberalizzazioni (ordini), privatizzazioni (5 mld l’anno) accompagnati da misure di equità e crescita (ad esempio più lavoro e meglio retribuito per giovani e donne).

Insomma la situazione è complessa e ben lo sa il premier che infatti spiega: “Le linee di una complessa politica economico-sociale” saranno presentate “nei prossimi giorni”. E’ già infatti noto che il pacchetto (forse il primo di due) arriverà lunedì prossimo 5 dicembre per l’esame del Consiglio dei ministri. Poi un esame lampo in Parlamento dove la manovra arriverebbe di fatto ‘blindata’ e la conversione in legge. Il tutto per per mettere all’Italia di uscire da una situazione “molto difficile”.

Alla Difesa Filippo Milone, l’uomo di La Russa che chiedeva soldi a Finmeccanica

Filippo Milone DX
L'ex manager del gruppo Ligresti è coinvolto nell'inchiesta Finmeccanica. Il suo nome viene fatto in una conversazione telefonica di Lorenzo Borgogni, ex direttore centrale delle relazioni istituzionali dell'azienda, con Marco Forlani, dirigente del gruppo. Nella conversazione i due manager parlavano di un contributo sollecitato dallo stesso Milone in occasione della convention del Pdl a Milano
Tecnici, certo. Ma con una forte connotazione politica nascosta nella giacca. La spartizione, come temeva ieri Di Pietro, di fatto si è consumata alla grande. Anche sotto il profilo del conflitto d’interesse, certo, ma la divisione dei pani e dei pesci ha seguito la logica del miglior manuale Cencelli. Tanto per fare un primo esempio: Adelfio Elio Cardinali, nuovo sottosegretario alla Salute e radiologo di Palermo, è marito di Anna Palma, capo della segreteria del presidente del Senato Renato Schifani. Così come Filippo Milone, sottosegretario alla Difesa, era consigliere per la politica industriale di Ignazio la Russa al ministero. Ex manager del gruppo Ligresti, Milone si trova al centro di una conversazione telefonica di Lorenzo Borgogni, ex direttore centrale delle relazioni istituzionali di Finmeccanica, con Marco Forlani, dirigente del gruppo.


Anche per questa telefonata il pm di Roma Paolo Ielo ha chiesto l’arresto di Borgogni, negato poi dal gip. Nella conversazione i due manager parlavano di un contributo sollecitato dallo stesso Milone in occasione della convention del Pdl a Milano del 2010, ammessa da Borgogni anche durante l’interrogatorio di due giorni fa. Il nuovo sottosegretario alla Difesa, quindi, soltanto l’anno scorso, chiedeva a Forlani di sollecitare Borgogni affinché si sbrigasse a far avere al Pdl un contributo. L’inchiesta su Finmeccanica sta rivelando un presunto sistema di versamenti illeciti dal colosso della difesa, controllato dal ministero del Tesoro, al mondo della politica. Al governo arriva anche Giovanni Ferrara, diretto superiore di Paolo Ielo, che due giorni fa ha posto domande a Borgogni in un interrogatorio proprio su quel contributo sollecitato da da Milone.


Berlusconi non ha lasciato niente al caso, specie alla Giustizia. Dove sono arrivati due sottosegretari che dire “di area” è dire poco. Il primo Andrea Zoppini, un giovane alla corte di Monti (ha 46 anni), ordinario alla Facoltà di Giurisprudenza di Roma 3, è stato consulente giuridico di Palazzo Chigi nel governo Berlusconi e Salvatore Mazzamuto, anche lui ordinario a Roma 3 ed ex consigliere laico del Csm, è stato presentato a Berlusconi da Filippo Mancuso in tempi, però, non sospetti. Non mancano, poi, nomine di area Quirinale, come quella di Paolo Peluffo, ex portavoce di Ciampi, a nuovo responsabile comunicazione del governo e di Carlo Malinconico, “capo” degli editori della Fieg a palazzo Chigi con delega all’Editoria. E, ancora, Antonio Malaschini a sottosegretario per i rapporti con il Parlamento, uomo di fiducia di Schifani.


Ma la partita non è stata affatto facile da portare a casa per Monti. Che tutto si fosse complicato lo si è capito ieri sera dal ritardo con cui è cominciato il cdm. Un ritardo che, a quanto si è capito, è stato dovuto soprattutto alla nomina di Patroni Griffi a ministro della Funzione pubblica. Che ha trovato ostacoli anche a qualche minuto dalla firma quando il sottosegretario alla Presidenza Antonio Catricalà ha sollevato dubbi sulla scelta. Come sono stati superati i dubbi di Vittorio Grilli. Ma il Pdl scalpita, soprattutto per la nomina di Giampaolo D’Andrea a sottosegretario alla Presidenza, un nome legato al governo Prodi che ha fatto infuriare Gasparri. Ma non è finita. Oggi, nonostante il pieno fatto con nomi come Milone, Ferrara e Mazzamuto, il Pdl urlerà alla violazione dei patti. “Il nostro giudizio complessivo è molto critico – sostenevano ieri a tarda sera fonti pidielline – e non è detto che non faremo sentire il nostro dissenso anche in aula”. La delusione di Berlusconi, a quanto si apprende, sta anche nelle nomine allo Svuluppo Economico. Passera per il momento ha tenuto per se la delega alle Comunicazioni, anche se una buona mano, a quanto di apprende, la darà Paolo Peluffo. Non poteva andare peggio.

Caso Ciappazzi, Geronzi condannato a 5 anni per bancarotta fraudolenta



Cesare Geronzi
Cesare Geronzi è stato condannato a 5 anni di reclusione per il caso Ciappazzi, l’azienda di acque minerali che secondo la ricostruzione dei pm di Parma l’ex patron della Parmalat Calisto Tanzi fu “costretto” a comprare a un prezzo fuori mercato. Accusato di bancarotta fraudolenta e usura, per Geronzi, all’epoca dei fatti potente numero uno di Banca di Roma, era stata chiesta una condanna a 7 anni. Tre anni e 7 mesi invece per Matteo Arpe, ex ragazzo prodigio di Unicredit. Entrambi non erano presenti in aula. Condanne dai 3 ai 4 anni per gli altri 6 imputati. Per tutti 10 anni di interdizione dall’esercizio di impresa e 5 dai pubblici uffici. Così la sentenza di primo grado del collegio giudicante presieduto da Pasquale Pantalone.

Parla di “vicenda paradossale” Matteo Arpe: “La sentenza del processo Ciappazzi riconosce la mia estraneità alla vicenda e dunque mi assolve”. Così Arpe, in una nota, ha commentato la sentenza. L’accusa aveva chiesto due anni e sei mesi riconoscendo per l’allora ad di Capitalia le attenuanti generiche. “Nello stesso tempo – ha continuato Arpe – però sarei colpevole per un finanziamento a Parmatour (l’impresa del Gruppo Parmalat che operava nel turismo ndr) al quale mi ero opposto, che è stato deliberato in mia assenza e che non avrei potuto impedire neppure ex post, come confermato dallo stesso ex ispettore della Banca d’Italia, che all’epoca dei fatti dirigeva l’ispezione proprio in Capitalia. Sotto questo aspetto la decisione pare francamente paradossale e soprattutto non meritata. Sicuramente le sentenze vanno rispettate ma è certo anche che faremo appello”.

venerdì 25 novembre 2011

Fitch: “Italia già in recessione” Borse positive, spread a 498 punti

Il Tesoro ha venduto tutti gli otto miliardi di Bot a 6 mesi nell’asta di oggi, ma il rendimento medio è volato al 6,504%, dal 3,535% del collocamento di ottobre. L'agenzia di rating ha declassato otto banche italiane, l'outlook è negativo
Alta tensione sui titoli di stato, con il rendimento di quelli italiani che ha toccato nuovi record. Sono le agenzie di rating però le protagoniste della giornata: l’agenzia Fitch, che lo scorso 7 ottobre tagliò il rating dell’Italia portandolo ad ‘A+’ ha declassato quello di otto banche italiane. Gli istituti interessati sono la Popolare di Sondrio (tagliata da A ad A-), il Credito Emiliano, la Banca Popolare dell’Emilia Romagna e la Banca Popolare di Milano (tutte da A- a BBB), il Credito Valtellinese, il Veneto Banca e la Banca Popolare di Vicenza (tutte da BBB+ a BBB) e la Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio (da BBB a BB+). In tutti i casi l’outlook è negativo, ma la preoccupazione più grande viene dalla relazione di Fitch: questa decisione “trae origine dal peggioramento delle prospettive di crescita dell’economia italiana e dall’intensificazione delle tensioni sui debiti sovrani”, che potrebbero portare “ad un incremento del costo del funding e ad un deterioramento della qualità del credito del sistema bancario, con effetti negativi sulla redditività operativa”. Più semplicemente significa che “L’Italia probabilmente è già in recessione”.

Lo spread tra Btp e Bund è tornato a salire, chiudendo a quota 498. La situazione finanziaria si è complicata ulteriormente: i tassi di interesse dei Bot semestrali sono quasi raddoppiati rispetto all’asta precedente, passando al 6,504% dal 3,535%. Il ministero dell’Economia ha collocato titoli per 8 miliardi a fronte di una domanda pari a 11,7 miliardi e ha piazzato Ctz per 2 miliardi con rendimento in crescita al 7,814%. Vola al livello record dell’8% anche il tasso del Btp a due anni. L’attenzione della Banca d’Italia è massima. Il Governatore Ignazio Visco, non ha voluto commentare l’esito dell’ultima asta dei Bot, ma si è limitato a rispondere: “Vediamo cosa succede con le misure del Governo”.

Dopo la difficile giornata di ieri sui mercati finanziari, alle prese con diversi segnali negativi e soprattutto frenati dal doppio no della cancelliera tedesca Angela Merkel - agli Eurobond e a una riforma che possa dare alla Bce un ruolo più attivo nell’affrontare la crisi – oggi la tensione si riversa sul rendimento dei Btp. Piazza Affari è riuscita ad annullare le perdite grazie a Wall Street, partita contrastata ma ora in positivo nel giorno del Black Friday, con il Dow Jones che guadagna lo 0,50%. Il Ftse Mib, arrivato a perdere oltre il 2% questa mattina, ha chiuso a +0,12 %, a quota 13.937,40 punti. Milano è rimasta in coda rispetto ai listini europei appesantita da un comparto bancario per lo più negativo. Bene, in controtendenza, gli energetici. Prosegue il rimbalzo di Finmeccanica in attesa del cda del primo dicembre; in rosso gli altri industriali. Il Dax di Francoforte ha guadagnato l’1,09% a 5.487,32 punti, il Cac 40 di Parigi l’1,23% a 2.856,97 punti., l’Ftse 100 di Londra lo 0,63% a 5.159,84 punti, l’Ibex di Madrid lo +0,36% a 7.749,3 punti. L’euro chiude debole a 1,3280 dollari sulla scia del rialzo record dei rendimenti registrato all’asta di bot semestrali di oggi. Nel corso della seduta la moneta comune ha aggiornato il minimo di sette settimane a quota 1,3210. Lo yen perde qualche punto sia sul dollaro, a 77,62, che sull’euro, a 103,04.

Prosegue intanto l’azione delle agenzie di rating: Standard & Poor’s ha tagliato il rating del Belgio portandolo ad ‘AA’ da ‘AA+’ e Fitch quello del Portogallo a BB+, mentre ieri Moody’s ha tagliato il rating sul debito sovrano dell’Ungheria portandolo a Ba1 dal precedente Baa3 mantenendo l’outlook negativo. A motivare la decisione dell’agenzia di rating soprattutto la crescente incertezza sulla realizzazione del consolidamento fiscale a medio termine di Budapest.

giovedì 24 novembre 2011

Firme false alle regionali lombarde La procura si costituisce parte civile


Secondo il procuratore aggiunto Alfredo Robledo sono state falsificate 618 firme per la lista "Per la Lombardia" di Formigoni. In totale sono 15 le persone indagate. Tra questi 4 consiglieri provinciali milanesi del Pdl e Clotilde Strada, collaboratrice di Nicole Minetti
Due segugi fedelissimi" Dove c'è l'affare ci sono anche loro
La Procura di Milano si è costituita oggi come parte nella causa civile avviata dai Radicali contro l’amministrazione regionale e i consiglieri per chiedere l’annullamento delle elezioni. La Procura ha depositato nella causa civile la perizia effettuata in sede di indagini penali in base alla quale è stata contestata la falsita’ di 618 firme presentate per la lista “Per la Lombardia” di Formigoni e i verbali dei cittadini che hanno riconosciuto le firme come false. I legali della Regione Lombardia, invece, hanno chiesto che il giudice della quinta sezione civile di Milano, Margherita Monte, disponga una propria perizia d’ufficio per valutare la presunta falsita’ delle firme. Per i legali, contrariaramente a quanto esposto dai Radicali, non si puo’ chiedere al giudice civile di annullare le elezioni, perche’ questo rientra nella competenza dei tribunali amministrativi.

Il 17 ottobre scorso il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha chiuso l”inchiesta. Nell’avviso di chiusura delle indagini per falso ideologico, notificato a 15 persone, tra cui 4 consiglieri provinciali milanesi del Pdl e Clotilde Strada, collaboratrice di Nicole Minetti e all’epoca responsabile del partito per la raccolta delle firme.

Secondo la magistratura il sistema di falsificazione delle firme per le elezioni del 28-29 marzo 2010 era già stato messo in piedi tra gennaio e febbraio. Clotilde Strada, come si legge nell’avviso di chiusura che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, ha agito ”in qualità di vice responsabile del settore elettorale del Pdl Lombardia, ma in concreto unica effettiva responsabile dell’attività di raccolta delle firme dei sottoscrittori necessarie per la presentazione delle liste”. E ha agito in ”concorso” con i consiglieri provinciali Massimo Turci e Barbara Calzavara, anche loro indagati, assieme agli altri due consiglieri della Provincia, Nicolò Mardegan e Marco Martino.

Strada, stando al capo di imputazione, avrebbe consegnato a Turci e Calzavara, nell’ambito di un ”disegno criminoso”, gli ”elenchi dei sottoscrittori” delle liste ”già compilati con le generalità complete e le firme apocrife”. I consiglieri, che dovevano autenticare le firme in qualità di ”pubblici ufficiali”, attestavano invece ”artatamente” di avere ”previamente identificato ciascun sottoscrittore con il documento”, quando in realtà non lo avevano fatto. E in più, sempre stando all’imputazione, attestavano ”falsamente” come ”vere, autentiche ed apposte in loro presenza” firme che non lo erano. Al consigliere Turci è contestato di avere da solo autenticato 536 firme false del listino di Formigoni e 205 di quello del Pdl.

Tra gli indagati anche il consigliere provinciale di Varese del Pdl Franco Binaghi, il sindaco di Magenta (Milano) Luca del Gobbo, il consigliere provinciale di Pavia Gianluigi Secchi e quello provinciale di Monza Massimo Vergani. L’inchiesta era nata a seguito di un esposto in Procura dei Radicali che, dopo aver dato battaglia nei tribunali amministrativi per chiedere l’annullamento delle elezioni, si erano presentati con tre scatoloni con dentro oltre 500 firme da loro ritenute false. Nel corso delle indagini era anche stato sentito come teste Guido Podesta’, presidente della Provincia di Milano ed ex coordinatore lombardo del Pdl.

Santoro: “Ho parlato di conflitto di interessi. E Mediaset mi ha citato per danni”Michele Santoro e noi italiani lo citiamo per danni al patrimonio Italia nei suoi 17 anni di despotismo e lassismo verso gli interessi del Paese.



Michele Santoro
”Ho ricevuto una citazione per danni da Mediaset perché in un’intervista (al Fatto Quotidiano, ndr) ho parlato di conflitto di interesse. Questa citazione arriva dopo che Berlusconi ha invitato Masi a chiudere Annozero, dopo che siamo stati cacciati dalla Rai e dopo che il Tg5 ha rivelato che gli attentati ai ripetitori in Trentino ce li eravamo fatti da soli”. Lo ha detto Michele Santoro aprendo la puntata di Servizio Pubblico dedicata allo scandalo Finmeccanica. “Parlare di conflitto di interesse in questo Paese è complicato – ha proseguito Santoro – Travaglio penso che lo farà. Soprattutto parlare di tv è complicato: abbiamo detto intervistando Tito Boeri che la riforma sarebbe a costo zero e vedremo se Monti la farà. Altrimenti ci resta Fiorello per quattro serate. Fiorello è bravissimo, ma non può bastare. Ha ragione Arbore, quando dice che è un ansiolitico. Io aggiungo che è un ansiolitico che non ha effetto ed è perfetto. Ha ragione anche Celentano, quando dice “io in Fiorello ci sto stretto”. Allora, viva Fiorello, Celentano, Luttazzi. Vediamo se la Rai si apre a tutti. Nel frattempo ci resta questo Servizio pubblico che voi avete voluto e che ha un potere straordinario, perchè vi abbiamo consegnato un potere molto superiore al potere del telecomando. E’ un miracolo anche se non ne parla nessuno”.
Immediata la risposta di Mediaset: ”L’azione civile e’ stata decisa per un’intervista rilasciata da Michele Santoro a Il Fatto Quotidiano. L’azione – spiegano fonti ufficiali dell’azienda – è stata avviata per un punto specifico: in particolare nei confronti della parte in cui Santoro afferma che Mediaset ha esercitato pressioni su Telecom per impedire che lui stesso andasse a La7, facendo saltare un accordo già siglato con l’ad della rete Giovanni Stella. Circostanza smentita dallo stesso Stella e non vera”.

Finmeccanica verso la resa dei conti: cda su revisione deleghe, Guarguaglini rischia



Il presidente minimizza le parole di Mario Monti (che auspicava una conclusione veloce della vicenda giudiziaria), ma intanto il consiglio d'amministrazione è pronto a discutere la sua uscita di scena
Il presidente di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini "una testa di legno"
Dopo lo scandalo, l’accelerazione, non solo giudiziaria. Già mercoledì il presidente del Consiglio Mario Monti aveva detto: “Auspico che la vicenda Finmeccanica si risolva rapidamente”. Tradotto: pensiamo ad un commissariamento del cda e del suo presidente Pier Francesco Guarguaglini. Ma per il numero uno di Finmeccanica “Monti scherzava, io non mollo, non sono mica Berlusconi”. E’ quanto ha dichiarato nell’intervista al Fatto Quotidiano (leggi). Fatto sta che il consiglio di amministrazione della società partecipata dal ministero della Difesa è stato convocato il 1 dicembre 2011 alle ore 16.30, presso la sede sociale di Roma, Piazza Monte Grappa, 4.

All’ordine del giorno, la revisione delle deleghe e conferimento poteri di cui alla delibera del 4 maggio 2011 – Deliberazioni inerenti e conseguenti. Insomma, tutto fa pensare che si sia arrivati a un passo dall’uscita di scena di Guarguaglini. Lo scorso maggio l’assemblea degli azionisti aveva rinnovato i vertici del gruppo e il Cda, nella riunione d’insediamento, aveva nominato come amministratore delegato Giuseppe Orsi e confermato Guarguaglini alla presidenza, attribuendogli comunque un’ampia serie di deleghe. Tra queste quelle per “l’individuazione delle linee di indirizzo strategico del gruppo, della politica delle alleanze, acquisizioni e dismissioni da sottoporre al cda, la gestione dei rapporti istituzionali con autorità di governo, organismi pubblici e privati, organi di informazione nazionali e internazionali, il tutto in coordinamento con l’a.d.; dare esecuzione alle deliberazioni del cda”. Ora, con la nuova bufera giudiziaria che ha travolto i vertici del gruppo, il consiglio di Finmeccanica è chiamato, giovedì prossimo, a rivedere la posizione di Guarguaglini.

Nel frattempo, il presidente di Finmeccanica precisa che “la comunicazione del Presidente del Consiglio, Mario Monti, è presa in assoluta considerazione e non ha mai ritenuto considerarla come essere una battuta”. Il presidente di Finmeccanica sarebbe invece pronto a fare un passo indietro. Secondo quanto riferisce l’agenzia Adnkronos, l’uscita dal gruppo sarebbe fissata proprio il 1 dicembre. Il cambio al vertice è ormai considerato inevitabile visto l’aggravarsi della vicenda giudiziaria che potrebbe allargarsi ancora e prevedere nuovi sviluppi. In questo caso, con una riunione del board che dovrebbe essere convocata a breve, è possibile che si possa procedere anche a un riassetto complessivo ai vertici del gruppo di Piazza Montegrappa. Ipotesi, questa, che prevederebbe una svolta totale e anche più traumatica. Nei giorni scorsi il cda di Finmeccanica ha infatti approvato, all’unanimità (al board non era presente Guarguaglini) il nuovo piano di riorganizzazione del gruppo presentato dall’amministratore delegato, Giuseppe Orsi.

Pierfrancesco Guarguaglini non si dimette “Io non mollo, non sono come Berlusconi”


Nell'intervista esclusiva al Fatto Quotidiano, il presidente di Finmeccanica rivela i motivi per cui non intende fare passi indietro: "Nessuno mi ha chiesto di farmi da parte. Né il premier Mario Monti, né il sottosegretario Antonio Catricalà. E non ho nessuna intenzione di andarmene"
Pierfrancesco Guarguaglini

“Nessuno mi ha chiesto di farmi da parte. Né il presidente del consiglio Mario Monti perché la sua era solo una battuta, né il sottosegretario Antonio Catricalà, nel discorso che ci siamo fatti ieri a Palazzo Chigi. E non ho nessuna intenzione di andarmene”. Parola di Pierfrancesco Guarguaglini, il presidente di Finmeccanica accusato dal suo ex collaboratore e consulente Lorenzo Cola di essere a conoscenza del sistema di corruzione che si celava dietro gli appalti per centinaia di milioni di euro affidati dall’Enav al suo gruppo e poi smistati agli imprenditori che poi pagavano mazzette alla politica e ai manager pubblici.

Il Fatto Quotidiano ha contattato il presidente del gruppo leader nel settore difesa in una delle serate più difficili della sua vita. Guarguaglini è indagato per frode fiscale e false fatturazioni mentre la moglie, Marina Grossi, amministratice della Selex Sistemi Integrati, la controllata del gruppo al centro dell’indagine, si vede contestare anche la corruzione. Le pressioni per le dimissioni di entrambi, dopo la frase di Mario Monti che si aspetta “una soluzione rapida e responsabile”, sono aumentate di ora in ora. Quando in mattinata Guarguaglini varca il portone di Palazzo Chigi per parlare con il sottosegretario alla presidenza del consiglio, sono in tanti a darlo per spacciato.

Presidente Guarguaglini cosa vi siete detti con Catricalà?
Abbiamo fatto un incontro per analizzare insieme la situazione.

Le agenzie titolano: Catricalà convoca Guarguaglini. Le ha fatto pressioni per dimettersi dopo l’ultimatum del premier?
Catricalà non mi ha chiesto di dimettermi e nessuno nel Governo mi sta facendo pressioni in questo senso. Quella di Monti era solo una battuta. Non c’è stata nessuna convocazione. Sono stato io a chiedere un incontro con il sottosegretario. Tutti dicono che io resisto al mio posto e nessuno capisce che cerco solo di capire quale è il bene della mia società.

Sembra di sentire parlare Berlusconi prima delle sue dimissioni. Non pensa che, come per il premier, proprio le dimissioni farebbero il bene generale?
Se permette io penso di distinguermi da Silvio Berlusconi per varie ragioni. Primo: io non ho nemmeno ricevuto un avviso di garanzia; per la questione Digint non sono stato nemmeno indagato e ad oggi nessun manager del mio gruppo è stato nemmeno rinviato a giudizio. Quindi io penso che il mio compito è solo quello di capire cosa pensa l’azionista di maggioranza della società, cioé il Governo. Poi devo prendere le decisioni giuste.

Presidente lei è indagato. Lo hanno scritto tutti i giornali. Non lo sa?
Le spiego come è andata: ai primi di luglio mi è arrivata una comunicazione del Gip di Roma sulla quale era scritto che il pm Paolo Ielo stava indagando su di me. Ma non c’era scritto perché. Quindi non lo so né nessuno mi ha mai convocato. Non dimentichiamo che l’iscrizione poi è spesso un atto dovuto.

Presidente lei ha letto il verbale di Lorenzo Borgogni pubblicato dal Fatto? Il suo direttore centrale per le relazioni esterne e istituzionali si era fatto un tesoretto in Svizzera da 5, 6 milioni di euro, poi scudati, grazie a società in rapporti con Finmeccanica. Non pensa di avere controllato male il suo braccio destro?
Di errori ne faccio tanti. Già ho ammesso in tv con Report di averne fatto uno con Lorenzo Cola e questo potrebbe essere il secondo.

Sì ma Cola era un consulente esterno, strapagato, ma esterno. Borgogni era il suo braccio destro da tanti anni. Quando ha letto sul Fatto che incassava 2 milioni di euro dall’Italbroker per prorogargli il contratto. Si è sentito tradito?
Abbiamo avviato un audit per verificare se è vero. Sarebbe una cosa che non va bene e dobbiamo andare in fondo.

Lo dice Borgogni stesso a verbale, sarà vero. O no?
Aspetto l’esito delle indagini interne che abbiamo avviato.

Sua moglie è amministratrice di Selex Sistemi Integrati, la società al centro delle indagini, perché non si dimette?
Ho fiducia in lei e sono sicuro che ne uscirà completamente pulita. Lei aveva già un posto importante quando sono arrivato in Finmeccanica. E’ una persona valida professionalmente e moralmente forte. Lei pensa è che restando al suo posto fa l’interesse della società e dei dirigenti perché le dimissioni sono interpretate come un’ammissione di colpevolezza.

Anche lei resta per questo?
Io sono in una situazione diversa. Non ho ricevuto nessuna contestazione. Non sono situazioni equiparabili.

da il Fatto Quotidiano del 24 novembre 2011

Trattativa Stato-mafia, Marcello Dell’Utri indagato a Palermo

Già condannato in appello a sette anni per concorso in associazione mafiosa, il senatore è stato tirato in ballo da Massimo Ciancimino e dai pentiti Gaspare Spatuzza e Stefano Lo Verso. Secondo quest'ultimo l'ex manager di Publitalia si sarebbe offerto come garante politico degli interessi di Cosa nostra. Lui ribatte: "Io indagato? Allucinante"

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Il senatore Marcello Dell'Utri

Il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri è indagato dalla Procura di Palermo nell’inchiesta sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia. Condannato in appello a 7 anni per concorso in associazione mafiosa, Dell’Utri sarebbe accusato in questa indagine di violenza o minaccia a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario. La sua iscrizione risale a circa un anno fa: l’indiscrezione circolava da mesi, ma non era mai stata confermata in ambienti giudiziari.

L’inchiesta, condotta dai pm Nino Di Matteo, Paolo Guido e Lia Sava, ipotizza l’esistenza di una trattativa tra Stato e mafia che negli anni avrebbe visto alternarsi diversi protagonisti istituzionali, politici e mafiosi. Nell’indagine sono coinvolti, oltre ai boss Totò Riina, Bernardo Provenzano e Antonino Cinà, il generale dei carabinieri Mario Mori, il suo ex braccio destro al Ros, Giuseppe De DonnoAngelo Angeli (un ufficiale dei carabinieri che, pur avendo messo le mani sul ‘papello’ durante la perquisizione della cassaforte nella casa di Massimo Ciancimino non l’avrebbe sequestrato), alcuni esponenti dei Servizi e lo stesso Ciancimino jr.

A tirare per primo in ballo Dell’Utri nell’indagine sulla trattativa è proprio il figlio di Vito Ciancimino, l’ex sindaco mafioso di Palermo. E’ lui a raccontare al processo al generale Mori, imputato di favoreggiamento mafioso, di avere saputo dal padre di stretti rapporti tra il senatore e Provenzano. Don Vito avrebbe riferito al figlio anche che sarebbe stato proprio Dell’Utri, con l’avallo del boss di Corleone, a sostituirlo nella conduzione della trattativa che, fino al ’92 sarebbe stata portata avanti da Ciancimino e dai carabinieri. A fare il nome di Dell’Utri ai pm è anche il pentito Stefano Lo Verso che ha sostenuto di aver saputo da Provenzano che, dopo le stragi del ’92 e del ’93, Dell’Utri, ex manager di Publitalia tra i fondatori di Forza Italia, si sarebbe offerto come garante politico degli interessi di Cosa nostra. Dall’altra parte del tavolo ancora Provenzano che, in nome dell’accordo stretto, avrebbe assicurato il sostegno elettorale dei boss al partito dell’ex premier Silvio Berlusconi. E anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, a cui il boss Giuseppe Graviano avrebbe detto che “grazie al paesano (Dell’Utri n.d.r.) e a Berlusconi la mafia aveva il Paese nelle mani”, sarebbero finite nell’inchiesta sulla trattativa condotta dai pm di Palermo.

“Io indagato per la trattativa tra lo Stato e Cosa nostra? E’ veramente allucinante”. Così, Marcello Dell’Utri ha commentato la notizia, aggiungendo che “la Procura di Palermo ha fatto una grande insalata russa, per quanto mi riguarda i magistati stanno pestando l’acqua nel mortaio”. E sui collaboratori che lo accusano, tra cui Stefano Lo Verso e il dichiarante Massimo Ciancimino, Dell’Utri ha detto: “Assurdità. E’ una cosa inesistente solo a pensarla. Tutta questa vicenda è veramente allucinante”.

Pdl-Lega, fiducia ai minimi. Centrosinistra in testa per 12 punti

Sondaggio Demopolis: Pd, Sel, Idv e radicali toccano il 47%. Terzo Polo al 15%. Centrodestra al 35% per la prima volta in 17 anni


Roma, 24 nov. (TMNews) - Se si fosse votato oggi, il centrosinistra avrebbe superato di dodici punti percentuali la coalizione di centrodestra: un vantaggio mai registrato negli ultimi 17 anni. E' la fotografia sul peso dei partiti in Italia e sui rapporti di forza tra le coalizioni, scattata dall'Istituto Demopolis mentre il governo Monti è al lavoro. Secondo l'inchiesta, se ci si fosse recati alle urne per le politiche, il centrosinistra avrebbe ottenuto, se unito, la maggioranza relativa nel Paese con il 47%, superando di circa 12 punti percentuali la coalizione Pdl-Lega: un vantaggio mai registrato negli ultimi 17 anni, nel momento di maggiore debolezza del centrodestra, scelto oggi da poco più di un elettore su tre. L'analisi segnala una crescita per il Terzo Polo, che sfiora il 15%: in particolare, l'Udc di Casini (che per la prima volta supera l'8%), sembra assumere un ruolo di maggiore centralità nello scenario politico, anche il grande Ulivo al 47%se il peso effettivo di Udc, Fli, Api e Mpa dipenderà, ovviamente, dalla legge elettorale con cui si tornerà alle urne. La Lega Nord, oggi unico partito all'opposizione, riparte da un 8%, il valore più basso degli ultimi quattro anni, pagando l'incapacità di cogliere, negli ultimi mesi, il progressivo malcontento della propria base elettorale. Si attestano tra il 7% e l'8% Sel di Vendola e Italia dei Valori, ampia parte dei cui elettori avrebbe preferito la strada delle elezioni anticipate, nella certezza di una vittoria del "nuovo Ulivo", che corre invece il rischio - secondo molti osservatori - di essere archiviato nel nuovo scenario. Per ciò che riguarda i due schieramenti principali, secondo i dati del Barometro Politico dell'Istituto Demopolis, il Pd di Bersani sarebbe oggi, con il 29%, il primo partito del Paese. Sul fronte opposto, il Pdl si attesterebbe al 24%, con una emorragia di quasi 5 milioni di voti rispetto al 2008, sintomo di un chiaro disorientamento dell'elettorato: su 100 elettori che avevano scelto il partito di Berlusconi alle politiche, oltre un terzo non riconfermerebbe il voto. Secondo i dati del Barometro Politico Demopolis, è molto alto, intorno al 28%, il numero di quanti resterebbero probabilmente a casa: si tratta di cittadini delusi, disorientati ed indecisi sull'eventuale scelta da compiere nell'ipotesi di un ritorno alle urne: un bacino potenziale, per lo più di anziani e casalinghe, di estremo interesse elettorale nei nuovi scenari che si stanno ridisegnando in Italia mentre il governo Monti inizia il suo lavoro" Tor-Cer

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